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Patria y vida: cosa c’è dietro la crisi a Cuba

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A Cuba è crisi. Sulle note della canzone di protesta “Patria y Vida”, che sbeffeggia il famoso slogan “patria o muerte” della rivoluzione cubana, lo scorso 11 luglio migliaia di persone sono scese in piazza, prima a San Antonio de los Baños e poi nel resto del Paese. Cibo, elettricità e medicine sono le richieste principali dei manifestanti. Grazie ai social network, principalmente Twitter e Facebook, il cui uso è stato permesso sull’isola solo di recente dall’attuale presidente e segretario del partito comunista, Miguel Díaz-Canel, le proteste sintomo di una forte crisi, si sono diffuse in tutta l’isola, come non si vedeva dal “Maleconazo” (Malecón, lungomare in spagnolo) del 1994.

Al grido di “libertà” la gente ha iniziato a protestare contro la dittatura, e in risposta il governo ha chiamato i propri sostenitori a scendere in piazza a combattere per difendere la Rivoluzione. Il Paese è spaccato a metà, tra chi appoggia il presidente e accusa gli Stati Uniti di aver scatenato le proteste, e chi chiede un cambio di regime e un aiuto agli stessi statunitensi. Durante i primi giorni di proteste l’accesso a internet è stato bloccato e la polizia ha iniziato a reagire con violenza. Si conta un morto e più di 100 arresti, ai quali si sommano gli arresti domiciliari di attivisti e giornalisti dei giorni successivi. 

La crisi economica a Cuba

La causa principale delle proteste è la crisi economica, che sta colpendo l’isola da anni, e che è stata aggravata ulteriormente dal Covid-19. L’economia cubana è sempre stata molto dipendente da commercio e turismo, entrambi settori colpiti duramente dalla pandemia. L’esportazione dei prodotti principali cubani, zucchero e nichel, e le importazioni dal Venezuela, Cina e Spagna, importanti partner commerciali, hanno subito un notevole calo. D’altro canto, il settore del turismo, che solo nel 2018 contava 273.000 lavoratori, ovvero il 6% degli occupati (ONEI, 2019) è una delle fonti principali di guadagno dell’isola. Nel corso del 2020 il turismo internazionale ha registrato un calo tra il 20 e il 30% e per Cuba questo ha significato e significa tutt’oggi una perdita approssimativa di 899 milioni di entrate annue. Inoltre, nonostante l’alta efficienza del sistema sanitario cubano, che da sempre vanta di essere il migliore nella regione, la mancanza di medicine ha causato un tracollo degli ospedali. Il governo de L’Avana ha dichiarato che nel 2020 l’economia cubana ha subito una contrazione dell’11%, il peggior declino economico dal crollo dell’Unione Sovietica. Già all’inizio dell’anno scorso, il contesto dell’economia cubana era molto complesso a causa dell’aumento delle sanzioni degli Stati Uniti nel 2019, che ha influenzato significativamente l’approvvigionamento di petrolio, l’arrivo di visitatori americani e l’invio di rimesse

La costante in sei decenni dell’economia socialista cubana è stata la sua dipendenza economica da un’altra nazione, prima dalla Spagna, poi dagli Stati Uniti, dall’Unione Sovietica e negli ultimi due decenni dal Venezuela. Il regime ha sempre seguito il modello della pianificazione centrale e delle grandi imprese statali. Le riforme strutturali di Raúl Castro nel decennio 2007-2017 sono state orientate verso il mercato aperto, ma la loro implementazione è sempre andata a rilento, fino a giungere alla paralisi nel 2016. Il suo successore, Miguel Díaz-Canel con la nuova Costituzione del 2019, ha proclamato un piano di “continuità”, indicando che i cambiamenti necessari per una riattivazione economica non saranno ulteriormente perseguiti.

Cuba crisi
Elezione di Miguel Diáz-Canel come presidente del consiglio di Stato e del consiglio dei ministri. [crediti foto: Cubadebate, Flickr CC BY-NC-SA 2.0]

Cuba e l’accesso a internet

Il trionfo della Rivoluzione cubana il 1 gennaio 1959 ha rappresentato un cambiamento radicale all’interno di tutte le strutture sociali del paese. Nel  processo di trasformazione economico, politico e socio-culturale, uno degli elementi chiave soggetti a modifiche è stato il sistema dei media, che è passato dall’appartenenza a società private all’essere di proprietà esclusiva dello Stato. Le telecomunicazioni a Cuba dipendono interamente dal monopolio di stato ETECSA, che due anni e mezzo fa ha iniziato a offrire servizi dati sui telefoni cellulari. L’accesso a Internet è possibile nei parchi con Wi-Fi pubblici e, attraverso i servizi Nauta e ADSL, anche nelle case, sebbene pochi cubani possano effettivamente permettersi una connessione nelle proprie case a causa del costo elevato. I social media e i giornali indipendenti, definiti “la voce di coloro senza potere”, e che hanno visto luce a Cuba solo con le timide riforme del 2015 di Raúl Castro, hanno giocato un ruolo fondamentale nell’organizzazione e nella diffusione delle proteste e delle idee anti-regime. Attivisti e artisti negli ultimi anni sono riusciti a comunicare, esprimere la loro opinione online e far fronte comune per una Cuba più libera. L’hashtag #SOSCuba, insieme ad altri, permette ad oggi la circolazione delle poche notizie che traspirano dall’isola dopo che il governo ha bloccato l’accesso ad internet.

Stati Uniti, Venezuela e altre influenze su Cuba

Gli Stati Uniti fin dal 1898 (guerra ispano-americana) controllano l’isola con basi militari, come ad esempio Guantanamo, che più volte sono state oggetto di disputa all’interno e all’esterno della superpotenza nordamericana. Per la sua posizione geografica e politica Cuba è divenuta un problema per gli Stati Uniti e un importante alleato per i nemici di questi ultimi, dapprima l’Unione Sovietica, e oggi, anche se meno espressamente, la Cina. Lungi dal delineare una tabella di marcia per porre fine a 62 anni di embargo, come richiesto dalle voci più progressiste del Partito democratico, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha deciso giovedì 22 luglio di inasprire ulteriormente le relazioni con Cuba. Il Dipartimento del Tesoro, infatti, ha annunciato sanzioni individuali contro i membri del regime castrista direttamente coinvolti nella repressione delle manifestazioni. Le sanzioni dell’amministrazione di Donald Trump avevano già causato una riduzione degli investimenti stranieri, del turismo statunitense nell’isola e un aumento delle multe sulle transazioni delle banche internazionali verso Cuba, oltre che aver rovinato ogni tentativo di riavvicinamento tra i due Paesi promosso da Obama. 

Di grande rilevanza per la sopravvivenza economica cubana è il Venezuela, anch’esso affetto dalle sanzioni USA, le quali ledono, seppur indirettamente, Cuba. Il rapporto economico tra L’Avana e Caracas comprende tre componenti: l’acquisto di servizi professionali (la prima fonte di reddito in valuta estera a Cuba), la fornitura di petrolio a condizioni favorevoli (che copre il 50% del fabbisogno cubano), grazie agli accordi tra i presidenti Fidel Castro e Hugo Chávez dell’ottobre del 2000, e gli investimenti diretti esteri (IDE). Questo rapporto ha raggiunto l’apice nel 2012-2013, per poi allentarsi a partire dal 2018, con una riduzione del 24% per quanto riguarda la fornitura di servizi, del 70% nelle importazioni di petrolio, e con un blocco degli IDE.

Alcuni si potrebbero aspettare un intervento da parte della Russia, ex grande alleato di Cuba, o della Cina, ad oggi il nemico numero uno degli Stati Uniti, guidato dal Partito Comunista, ma con un sistema molto diverso da quello cubano. Da un lato, alla Russia non conviene prendere forti posizioni e incrinare i rapporti con gli Stati Uniti. Dall’altro, nonostante a livello economico Pechino e L’Avana abbiano fatto grandi passi avanti con accordi commerciali e investimenti, nemmeno la Repubblica Popolare non sembra aver intenzione di schierarsi politicamente, mantenendo fede al principio di non-interferenza.

Le risposte di Díaz-Canel alla crisi di Cuba

L‘amministrazione Díaz-Canel ha recentemente annunciato che allenterà le restrizioni, abolirà i dazi sui prodotti per l’igiene, il cibo e i medicinali introdotti a Cuba, e lavorerà alla stabilizzazione del sistema elettrico nazionale e alla regolarizzazione delle forniture mediche. Le concessioni comprendono anche programmi per avviare l’apertura di piccole e medie imprese e prevedere esenzioni per le aziende statali per aumentare i salari al di sopra delle normative federali. Con le strade e l’accesso internet di nuovo sotto un maggiore controllo del regime, il governo cubano ora nega l’esistenza di proteste, rifiutando la copertura dei disordini come una “falsa narrazione” perpetrata dai nemici del regime. Ma Díaz-Canel non ha lo stesso carisma del suo predecessore e non può far marcia indietro sui diritti sociali e politici, tra cui il diritto ad assemblea, appena sanciti dalla nuova Costituzione, che rispecchia l’idea di Raúl Castro di garantire più libertà economiche e sociali alla popolazione. I giovani cubani hanno conosciuto una Cuba sempre più aperta all’esterno e non intendono tornare indietro, non hanno lo stesso sentimento delle generazioni precedenti nei confronti della Rivoluzione Castrista e chiedono “libertà”. Per l’attuale presidente sarà difficile mantenere il controllo (e il potere) senza proseguire sulla strada delle riforme.

Manifestazioni contro il governo cubano del 11 luglio a Ottawa, Canada.[crediti foto: lezumbalaberenjena, flickr CC BY-NC-ND 2.0]*
Maddalena Fabbi
Nata a Genova nel ’98. Laureata in triennale alla statale di Milano, oggi sono studentessa double degree presso l’Università di Belgrano a Buenos Aires, Argentina. La mia ricerca di nuove esperienze mi ha portato più volte in America Latina di cui mi sono appassionata.

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