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Iran: come procede l’accordo sul nucleare?

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Il 14 settembre di quest’anno sono state rinnovate le sanzioni contro l’Iran. Gran Bretagna, Francia e Germania, infatti, hanno annunciato che manterranno le sanzioni relative al programma atomico e allo sviluppo di missili balistici che, secondo l’accordo nucleare del 2015 JCPOA, sarebbero dovute scadere a ottobre.

Nel 2018, l’allora presidente Usa, Donald Trump, aveva ritirato unilateralmente gli Stati Uniti dall’accordo, affermando che avrebbe negoziato un accordo più forte, ma ciò non è mai avvenuto. L’UE e tutte le rimanenti parti dell’accordo avevano espresso il loro disaccordo riguardo il ritiro degli USA. Un anno dopo l’Iran aveva iniziato a violare i termini dell’accordo, aumentando gradualmente le proprie attività nucleari, portandole a livelli allarmanti e limitando il monitoraggio dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). 

Recentemente, nell’aprile 2021, è iniziato un processo diplomatico per facilitare la riadesione  degli Stati Uniti, ma, nonostante i negoziati siano durati 15 mesi, non si è giunti a ulteriori compromessi

La storia del nucleare in Iran 

Nel 1926, lo Scià, Reza Pahlavi, apportò una modernizzazione considerata di tipo occidentale nel Paese. All’interno del pacchetto di riforme, infatti, si garantivano libertà civili e l’abolizione del velo obbligatorio per le donne. Queste politiche progressiste furono ben accolte dall’occidente ma non dai ceti più bassi della società iraniana, che scese in piazza a protestare. Nonostante ciò, il figlio di Reza, Mohammad, continuò sulla scia del padre e si avvicinò sempre di più all’occidente anche in termini di interessi nucleari. Infatti, nel 1957 la famiglia Pahlavi strinse l’accordo di cooperazione e sviluppo del nucleare a scopo non-militare con il presidente statunitense Eisenhower, e nel 1970 ratificò il trattato di non  proliferazione (TNP).  

La situazione cambiò nel 1979 con la rivoluzione Khomeinista del 1979, la quale trasformò l’Iran nell’attuale Repubblica Islamica Sciita, e la cui costituzione si ispira alla legge coranica. Con l’ayatollah (guida religiosa) Khomeini vennero bloccati tutti i programmi di sviluppo atomico per scopi civili, perché li riteneva uno spreco di denaro vista la sua potenzialità distruttiva. Inoltre, Khomeini impose misure restrittive alla libertà delle donne, tra cui l’obbligo di indossare il velo per uscire di casa, e l’utilizzo della lapidazione come forma di punizione nel caso di mancata osservanza delle leggi coraniche. 

Tra i tanti cambiamenti, anche l’atteggiamento riguardo il nucleare venne modificato durante la Guerra Iran-Iraq del 1980-88, la quale danneggiò pesantemente l’economia del Paese. In quegli anni, infatti, Teheran decise di cambiare rotta, riconsiderando quelli che sarebbero potuti essere i vantaggi nucleari, e iniziò a violare il TNP

Con la War on terror gli Usa iniziano a considerare il Paese arabo un problema in quanto sosteneva i terroristi e aveva armi di distruzione di massa. Tra il 2005 e il 2006, il timore statunitense che l’Iran potesse sviluppare un solido programma nucleare venne confermato. Nel 2005, infatti, salì al potere della Repubblica, Ahmadinejad, che segnò anche una violenta escalation della politica contro Israele e l’Occidente, approfittando del ritiro israeliano dal Libano nel 2000 e da Gaza nel 2005 per potervi installare due postazioni avanzate.

Inoltre, a rendere sempre più tesi i rapporti tra Usa e Iran fu proprio il programma nucleare, in quanto quest’ultimo puntò all’arricchimento dell’uranio, segnando il primo passo verso la produzione di una bomba atomica. Nel 2007 George Bush accusò esplicitamente l’Iran di sostenere l’azione delle organizzazioni sciite che alimentavano il terrorismo in Iraq e parlò* di un possibile attacco israeliano contro gli impianti atomici dell’Iran sostenuto dagli Usa.

Nel 2008, Barack Obama, nuovo presidente statunitense, cercò di gestire la crisi della leadership americana ristrutturando la politica estera e cercando di trovare nuove priorità come ridimensionare l’impegno in Medio Oriente e la continua lotta contro il terrorismo con mezzi “più discreti”. Obama, infatti, riconobbe a Teheran il diritto di proseguire il programma nucleare nei limiti e termini delle norme presenti all’interno del TNP e contribuì anche alla firma del trattato “Piano d’azione globale congiunto” (JCPOA) del 2015, di fondamentale importanza in quanto bloccherà la costruzione della bomba atomica.

Accordo nucleare Iran
Il presidente iraniano Hassan Rouhani e il capo dell’Organizzazione dell’energia atomica iraniana (AEOI) Ali Akbar Salehi nella centrale nucleare di Bushehr. [crediti foto: Hossein Heidarpour; via Wikimediacommons, CC BY 4.0]

Come si arriva all’accordo sul nucleare? 

Il 14 luglio 2015, a Vienna, l’Iran ha negoziato il suo programma nucleare del 2006 con sei potenze, note collettivamente P5+1 (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia, Cina e Germania). Questo accordo (il JCPOA) ha lo scopo di garantire che il programma nucleare iraniano possa essere utilizzato per scopi puramente pacifici, in cambio di un’ampia revoca delle sanzioni degli Stati Uniti, Ue e delle Nazioni Unite contro l’Iran. Il parlamento iraniano ha approvato l’accordo e il JCPOA è entrato formalmente in vigore il 18 ottobre 2015, “Giorno dell’adozione” .

Nonostante questo accordo sia stato fatto per far sì che l’Iran non potesse sviluppare armi nucleari, i critici dell’accordo ritengono che l’ampio alleggerimento delle sanzioni previsto dai negoziati conferisca al Paese risorse aggiuntive per estendere la sua influenza nella regione. I critici affermano, inoltre, che la revoca del divieto delle Nazioni Unite sulla vendita di armi a Teheran, sulle sue esportazioni di armi entro cinque anni, e sullo sviluppo di missili balistici con capacità nucleare entro otto anni, porrà le basi affinché il Paese arabo emerga come uno dei principali attori regionali.

Le sanzioni in una prospettiva futura per l’Iran

Recentemente, l’Iran ha violato le sanzione imposte, sviluppando e testando missili balistici e inviando dei droni alla Russia. Francia, Gran Bretagna e Germania decidono quindi di mantenere le sanzioni in vigore fino a quando il governo di Ebrahim Raisi “non sarà pienamente conforme” all’accordo del 18 ottobre. Nel mentre Teheran volge il suo sguardo verso Oriente entrando a far parte della  Shanghai Cooperation Organization. 

Considerando che tra le sanzioni imposte da parte dei paesi UE vi rientra il divieto  di importazioni, acquisto e trasporto di petrolio greggio e gas naturale iraniano, l’Iran si è dovuto mettere in moto per cercare nuovi partner, tra questi la Cina, con cui ha creato una cooperazione finanziaria, di investimento ed energia dettagliata nell’Iran-China 25 Year Comprehensive Cooperation Agreement. 

Le sanzioni non andranno a bloccare la crescita dell’Iran come potenza regionale in quanto tramite i nuovi alleati come Cina e Russia potrebbe riuscire ad emergere e in un futuro a rafforzare la sua politica estera in funzione anti-americana e anti-israeliana

*G. Mammarella, Europa e Stati Uniti dopo la Guerra Fredda, il Mulino, 2016. 


*L’accordo con l’Iran viene annunciato dall’Alto rappresentante dell’UE Federica Mogherini e dal ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif nella sede dei colloqui sul nucleare a Vienna, in Austria, il 14 luglio 2015. [crediti foto: European External Action Service, via Flickr, CC BY-NC 2.0]

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