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Importante eppure fragile: il diritto all’istruzione nel mondo

Tempo di lettura stimato: 7 min.

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L’istruzione è un diritto umano fondamentale che contrasta la povertà e livella le disuguaglianze garantendo l’accesso ad altri diritti. In quanto diritto fondamentale e universalmente accettato, a tutti gli esseri umani, bambini, adolescenti, giovani, adulti e anziani, dev’essere garantito l’accesso a un’istruzione di qualità

Il diritto all’istruzione è stato riconosciuto per la prima volta settant’anni fa, quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (Udhr). Sebbene non giuridicamente vincolante, l’Udhr ha un grande peso politico e normativo poiché ha ispirato centinaia di leggi e strumenti internazionali, regionali e nazionali in materia di diritti umani. Ad oggi, il diritto all’istruzione è garantito in almeno 48 strumenti internazionali e regionali, e tutti gli Stati sono firmatari di almeno uno di questi. Tra i più rilevanti si contano la Convenzione contro la discriminazione nell’istruzione (Cade) del 1961, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (Icesr) del 1966, la Convenzione sul l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw) nel 1979 e la Convenzione sui diritti del fanciullo (Crc) nel 1989.

La crucialità di questo diritto viene ribadita dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che mira a garantire un’istruzione inclusiva ed equa, e a promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti.

Nonostante ciò, secondo il report dell’UNESCO del 2019, sono circa 262 milioni di bambini e giovani di età primaria e secondaria che non possono andare a scuola. Coloro che subiscono maggiori discriminazioni sono le ragazze, le persone con disabilità, le popolazioni indigene, i migranti e le minoranze etniche. Spesso l’ostacolo che accomuna questi gruppi è il costo dell’istruzione. Quando i bambini devono pagare per accedere all’istruzione, infatti, i sistemi si stratificano e i più svantaggiati vengono ulteriormente penalizzati. 

diritto all'istruzione

Gli ostacoli all’accesso all’istruzione

Fattori legati alla povertà come la disoccupazione, la malattia e l’analfabetismo dei genitori, moltiplicano il rischio di impossibilità di scelta e il tasso di abbandono di un bambino. Infatti, molti minori provenienti da ambienti svantaggiati sono costretti ad abbandonare la loro istruzione a causa di problemi di salute legati alla malnutrizione o per lavorare e fornire sostegno alla famiglia. Questi fattori sono il frutto di fenomeni più grandi e complessi, a partire dai conflitti. 

Sono molte le situazioni di emergenza umanitaria, infatti, che, sovrapponendosi alle condizioni socio-economiche preesistenti, provocano un impatto negativo all’accesso all’educazione. Calamità, naturali o provocate dall’uomo, ad esempio, distruggono in breve tempo le condizioni abituali di vita, di cura e di istruzione dei bambini e quindi perturbano, negano, ostacolano il processo educativo o ne ritardano la realizzazione. La stessa pandemia da COVID-19, ad esempio, nel 2020 ha interrotto drasticamente l’istruzione tradizionale costringendo molti governi ad adottare misure dannose per gli studenti privi di strumenti digitali. In metà dei Paesi studiati dall’Ocse le scuole sono state completamente chiuse o aperte solo per studenti con esigenze educative speciali. 

Secondo Save the Children, in un anno di pandemia, su 194 Paesi, emerge che i minori in America Latina, nei Caraibi e nell’Asia meridionale hanno perso quasi il triplo dell’istruzione (calcolato in giorni scolastici) dei coetanei dell’Europa occidentale. In alcuni Paesi del mondo, oltre alla perdita di apprendimento, i bambini rischiano di essere esposti a lavoro minorile, matrimoni precoci e altre forme di abuso

Il diritto all’istruzione sotto attacco

Il diritto all’istruzione è tra i primi ad essere violati durante conflitti armati o crisi politiche e sociali. Il Report del 2018 “Education under attack” della Global Coalition to protect Education from Attack (GCPEA) evidenza che gli attacchi alle scuole o università, agli studenti, insegnanti o personale educativo, sono aumentati tra il 2013 e il 2017 rispetto al periodo tra il 2009 e 2013. Nel 2020 e nel 2021, la GCPEA riporta oltre 5.000 attacchi e casi di scuole usate a scopo militare. Più di 9000 studenti ed educatori sono stati uccisi, rapiti, arrestati arbitrariamente o feriti.

Le scuole sono un target in situazioni di conflitto armato perché possono assolvere a molteplici funzioni. Durante gli scontri, infatti, gli edifici scolastici vengono utilizzati come luoghi strategici per le sedi e le strutture militari, e possono diventare centrali per gli sforzi di guerra. Inoltre, colpire le scuole e gli studenti è molto efficace nelle campagne di terrore, che traumatizzano e inibiscono qualsiasi tentativo di ribellione della popolazione. In Siria centinaia di scuole e università sono state danneggiate o distrutte in attacchi aerei, che hanno ucciso più di 1000 studenti e personale educativo. 

Per quanto riguarda gli attacchi agli studenti, è molto diffusa la pratica del reclutamento forzato dei minori, usati da parte di guerriglie e gruppi paramilitari come bambini soldato,  scudi o bombe umane. Secondo i dati di GCPEA questa pratica si è estesa negli ultimi anni e, ad oggi, sono circa 16 i Paesi in cui si verifica. Tra i principali ci sono Afghanistan, Colombia, Repubblica democratica del Congo (RDC), Filippine, Somalia, Siria, Turchia, Ucraina, and Yemen.

Gli attacchi contro l’educazione non solo uccidono, mutilano e traumatizzano studenti e personale, ma limitano l’accesso degli studenti a scuole e università. Uno degli esempi più emblematici e attuali è quello dell’Afghanistan, dove, pochi mesi dopo la ritirata delle truppe internazionali, il Ministero afghano per la Propagazione della Virtù e la Prevenzione del Vizio del governo talebano ha vietato alle donne l’accesso ai parchi di divertimento, alle palestre e hammam, i bagni turchi, e ha emesso un decreto che rimanda le lezioni a tempo indeterminato

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Un recente impegno politico per proteggere gli ambienti scolastici in teatri di conflitto armato è la Dichiarazione delle scuole sicure, che a maggio 2015 è stata sottoposta all’approvazione statale a Oslo, in Norvegia. Si tratta di un impegno politico volto a proteggere meglio studenti, insegnanti, scuole e università durante i conflitti armati, a sostenere la continuazione dell’istruzione durante la guerra e a mettere in atto misure concrete per scoraggiare l’uso militare delle scuole. Di fronte all’entità globale degli attacchi all’istruzione si attivano anche gli organismi delle Nazioni Unite e regionali, i tribunali internazionali e i meccanismi investigativi indipendenti. Ad esempio, in quasi tutte le situazioni indagate presso la Corte Penale Internazionale (Cpi), gli imputati sono stati accusati anche di violazione del diritto all’educazione, poiché avevano attaccato le scuole, o avevano vietato l’accesso ad esse a studenti e studentesse, o avevano reclutato forzatamente minori. 

Il diritto all’educazione: un moltiplicatore di diritti

L’istruzione è essenziale per l’esercizio di tutti gli altri diritti umani poiché promuove la libertà individuale e produce importanti benefici per lo sviluppo individuale e collettivo. Secondo una ricerca condotta da Save the Children nella Repubblica Democratica del Congo, l’educazione è un potente fattore per impedire alle ragazze di unirsi ai gruppi armati, e per aiutare nel ritorno delle ragazze soldato e promuovere la loro accettazione sociale. Le ragazze intervistate, tra i 12 e i 19 anni, hanno affermato di voler andar a scuola, ma raramente hanno accesso alle infrastrutture.

L’educazione può svolgere anche un ruolo di prevenzione. Secondo Villa Kulid, direttore generale di Norad (Agenzia norvegese per lo sviluppo e la cooperazione), l’insicurezza alimentare e la malnutrizione sono dovute alla povertà e all’ineguale distribuzione delle risorse, ma anche alla scarsa conoscenza dei metodi di produzione e dei dati nutrizionali. Se è vero che la malnutrizione precoce indebolisce il potenziale fisico e cognitivo dei bambini e persino i loro tratti non-cognitivi come la motivazione e la persistenza, attraverso l’istruzione di base, le persone possono imparare a prendersi cura di se stessi ed essere in grado di proteggere i loro figli dalle malattie. Il livello di salute tra i bambini e i giovani, infatti, migliora se i loro genitori hanno ricevuto un’istruzione. 

Inoltre, l’educazione ai diritti umani consente alle persone di riconoscere di essere titolari di diritti, e quindi proteggersi e difendersi, e di rispettare quelli altrui. Così, attraverso l’educazione alla pace e la cittadinanza responsabile si può promuovere una società più pacifica e tollerante.

L’impegno degli Stati per garantire il diritto all’istruzione 

Il dovere dei governi statali a garantire l’accesso all’educazione è essenziale per garantire il rispetto di questo diritto. Secondo gli strumenti internazionali per la protezione del diritto all’educazione, infatti, gli Stati hanno 3 obblighi principali. Le entità statali, infatti, devono garantire che i provvedimenti impiegati non ostacolino o impediscano il godimento del diritto all’istruzione, devono adottare misure per evitare che soggetti terzi ostacolino il percorso educativo di altri, e, infine, implementare politiche positive per l’applicazione del diritto specifico. Un indicatore fondamentale per comprendere quale priorità sia attribuita all’istruzione rispetto ad altri settori di investimento da parte dei governi è quello della “spesa pubblica per l’istruzione”, che comprende le spese dirette per gli istituti di istruzione, nonché le sovvenzioni pubbliche legate all’istruzione concesse alle famiglie e amministrate dagli istituti di istruzione. 

Garantire il diritto all’educazione ha varie conseguenze positive ed è importante che i governi colgano i benefici che trarrebbero dal miglioramento dei tassi di istruzione. Investire nell’educazione significa investire nella crescita economica, politica e sociale di un cittadino, offrendo gli strumenti necessari per prendere decisioni consapevolmente. Cittadini più informati, consapevoli e istruiti, infatti, alleggeriscono la spesa pubblica dello Stato, riducono il tasso di povertà e necessitano di una minore assistenza statale. 

Questo articolo è parte del progetto “Crisi umanitarie”. Per saperne di più leggete anche gli articoli precedenti: “Tutto quello che c’è da sapere sulle crisi umanitarie”, “Un mondo sempre più ingiusto: tutti i volti della schiavitù moderna”,  “Sicurezza alimentare: il 2022 è il peggior anno di un trend negativo iniziato nel 2015” e “Una lotta ancora non vinta: cosa succede allo Stato di diritto nel mondo“. 


*Classe improvvisata gestita dalla comunità locale per i figli degli abusivi a Vere, in Giamaica.[crediti foto: United Nations Photos, via Flickr, CC BY-NC-ND 2.0].
Maddalena Fabbi
Nata a Genova nel ’98. Laureata in triennale alla statale di Milano, oggi sono studentessa double degree presso l’Università di Belgrano a Buenos Aires, Argentina. La mia ricerca di nuove esperienze mi ha portato più volte in America Latina di cui mi sono appassionata.

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