L’esito delle elezioni in Polonia
Con un risultato inaspettato, il 35,38% ottenuto dal partito Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, o PiS) non è stato sufficiente per portare il partito, in carica dal 2015, a ottenere una maggioranza assoluta. Il presidente Andrzej Duda ha detto che darà la possibilità al PiS di formare un governo, ma lo scarso 7,16% del partito di estrema destra e unico alleato del PiS, Confederazione Libertà e Indipendenza (Konfederacja Wolność i Niepodległość), non lascia molto spazio alla speranza. L’opposizione, guidata da Coalizione Civica (Koalicja Obywatelska, o KO) di Donald Tusk, che ha ottenuto il 30,70%, e supportata dal partito di sinistra Nowa Lewica, 8.61%, e dalla ‘Terza via’ (Trecia Droga), 14,40%, potrebbe essere invece in grado di unire le forze in un ampio governo di coalizione.
L’euroscetticismo polacco alla prova delle elezioni
Negli ultimi otto anni, la Polonia è stata spesso accostata all’Ungheria perché si aveva l’impressione che il leader del PiS, il “burattinaio” Jarosław Kaczyński, l’uomo dietro al presidente Duda e al primo ministro Mateusz Morawiecki, avesse voluto seguire il manuale di Viktor Orbán, con il graduale indebolimento del sistema giudiziario, mediatico e delle libertà civili.
Come l’Ungheria sotto il governo di Fidesz ha spesso preso le distanze da Bruxelles, anche la Polonia ha ostacolato diverse decisioni dell’Unione europea, recentemente bloccando una dichiarazione congiunta dei 27 Paesi per la revisione delle norme sull’asilo e la migrazione e contestando tre degli obiettivi climatici dell’Ue.
La Polonia è entrata a far parte dell’Unione europea nel 2004 in seguito a un referendum che ha visto la grande maggioranza dei cittadini, il 77,6%, votare “sì” all’accesso al blocco. Dall’inizio del governo del PiS, diversi fattori hanno incrinato i rapporti con l’Ue, a partire dalla riforma della giustizia che ha spinto la Commissione europea a condurre un’inchiesta sulla salute dello Stato di diritto polacco, e successivamente un processo formale d’infrazione. Nel 2021 il tribunale costituzionale, organo la cui indipendenza è stata messa in dubbio in numerose occasioni, ha inoltre stabilito che alcune norme dei trattati fondanti dell’Ue sono incompatibili con la Costituzione polacca. Oltre alle dispute sullo stato di diritto e sulle interferenze di Bruxelles nella politica interna del Paese, altre fonti di tensione riguardano i diritti fondamentali quali la libertà di stampa, i diritti della comunità Lgbt e il divieto quasi totale dell’aborto.
È difficile stabilire se al centro di queste divergenze con l’Unione vi sia una spinta reale della società civile o solo quella della classe politica. Anche se il PiS non ha mai esplicitamente promosso una ‘Polexit’, diversi studi porterebbero a propendere per la seconda ipotesi, mostrando un forte “euroentusiasmo” da parte dei cittadini. Secondo il sondaggio standard Eurobarometro condotto nella primavera del 2023, solo l’8% dei polacchi aveva un’immagine negativa dell’Unione, mentre il 58% aveva un’opinione positiva del blocco dei 27 Paesi. Gli studi Pew Research Center mostrano che, nel 2019, l’84% della popolazione aveva un parere favorevole all’Unione e, nel 2022, il 69% dei polacchi pensava che l’Unione rispettasse i valori fondamentali della nazione.
Ciononostante, una parte consistente della popolazione considera di fondamentale importanza la sovranità del proprio Paese e crede che il coinvolgimento dell’Unione europea negli affari interni della Polonia sia eccessivo. Secondo il sondaggio del 2021 di SW Research per il quotidiano online rp.pl oltre il 40% degli intervistati considerava necessario condurre un referendum riguardante l’adesione della Polonia all’Ue, a causa dei recenti conflitti con la Commissione, anche se solo il 14,1% degli intervistati aveva dichiarato che avrebbe votato per lasciare il blocco.
L’impatto del cambio generazionale sui rapporti Ue – Polonia
Secondo alcuni dati, il supporto per l’Unione è diffuso tra tutti i gruppi di età eccetto gli over 65 e più alto tra i giovani adulti tra 19 e i 29 anni. Ma la nuova generazione, come il resto della società polacca, sembra fortemente disillusa e polarizzata.
Durante la ‘Marcia di un milione di cuori’, organizzata dalla Coalizione Civica l’1 ottobre 2023 e che ha visto quasi un milione di persone scendere nelle strade di Varsavia sventolando bandiere europee e polacche, la composizione della folla era mista, con grande affluenza di persone tra i 40 e i 60 anni. Tra i giovani, regnava il sentimento di poter solo “scegliere il male minore”, ma anche la speranza di un cambiamento. Qui, la rielezione del PiS avrebbe voluto dire Polexit: “il PiS vuole i soldi dell’Ue ma non vogliono veramente restarci perché non possono fare quello che vogliono”, veniva ripetuto spesso. “Mi sento più europea che polacca”, ha detto Hanna P., una trentenne, professionista nel settore finanziario. “L’Europa per me rappresenta la modernità”, ha detto, aggiungendo di non vedere il proprio futuro in un paese che non accetta questo progresso, e dove non può decidere cosa fare del proprio corpo: “non essendo sposata e non avendo bambini, qui mi sento come una cittadina di seconda classe”.
L’approccio moderato della Coalizione Civica non ha convinto i giovani cittadini quanto hanno fatto i partiti più radicali, sia a destra che a sinistra. Una buona parte degli elettori di Lewica, partito della sinistra radicale, sono giovani donne, mentre il 49% degli uomini tra i 18 e i 21 anni ha detto che avrebbe votato Konfederacja, rappresentante dell’estrema destra. Entrambi i partiti attraggono giovani elettori con programmi economici liberali, spesso simili, volti ad abbassare le tasse per contrastare l’elevata inflazione e la crisi immobiliare. Liza Przybylska, candidata ventunenne di Konfederacja, si professa completamente liberale: partendo dalla libertà economica, senza la quale “non possiamo parlare di altre libertà” (Konfederacja ha un ampio programma basato sull’abolizione di gran parte delle imposte), passando per la libertà di non vaccinarsi, fino alla libertà di parola e di espressione. Il partito, i cui membri hanno in passato fatto dichiarazioni a stampo sessista o razzista, supporta la Polexit. Alla domanda se la Polonia dovesse uscire dall’Ue, Liza ha risposto: “è il mio sogno, in realtà […] perché non credo che siamo supportati. La storia mi fa credere che noi polacchi siamo i migliori sostenitori gli uni degli altri, non la Germania, non il Regno Unito, […] noi dobbiamo essere indipendenti”.
Le voci sono discordanti: statisticamente, i polacchi, più o meno giovani, sembrano voler non solo restare nell’Ue ma anche approfondire le relazioni con Bruxelles, nonostante una forte diffidenza storica porti alcuni a vedere nelle istituzioni europee il simbolo dell’imposizione del volere di Berlino. La parola ‘ripolonizzazione’ (dei media, delle aziende, del capitale investito) è un mantra convincente per una fetta della popolazione che teme tale associazione. Resta da vedere se il recente cambio di leadership sarà abbastanza forte da riportare il Paese sui suoi passi e invertire la rotta verso la Polexit.