Il lato sconosciuto della BRI: la sua dimensione domestica
Benché perlopiù famoso per le rotte commerciali marittime e terrestri che attraversano gli Stati dell’Afro-Eurasia, il mastodontico progetto infrastrutturale avviato nel 2013 da Pechino viene concepito per promuovere lo sviluppo economico a livello domestico, prima che come strumento di espansione di influenza.
Infatti, In Cina persistono ancora forti disuguaglianze tra Est e Ovest, frutto delle politiche di sviluppo adottate tra gli anni Ottanta e Novanta dal Partito Comunista Cinese (PCC). Spesso uniformità e uguaglianza furono sacrificate sull’altare della crescita economica, nell’ottica di modernizzare l’area orientale del Paese cosicché “trainasse” l’entroterra tramite una sorta di effetto a cascata (spillover effect).
La naturale conseguenza è stata l’emergere di metropoli ricche e moderne lungo tutta la costa est, a fronte di una permanenza in condizioni di sottosviluppo da parte delle regioni interne senza sbocco sul mare. Le città litoranee hanno beneficiato della propria posizione geografica, e sono diventate snodi commerciali e industriali di rilevanza mondiale grazie alle politiche preferenziali del PCC. Tra queste, i massicci investimenti infrastrutturali (porti, aeroporti, vie di comunicazione) e l’istituzione delle Zone Economiche Speciali (Zes) lungo quasi tutto il litorale orientale, che ne incrementarono la capacità di attrarre capitali esteri.
D’altro canto, la Cina continentale non ha mantenuto gli stessi ritmi di crescita, essendo condannata a una situazione di isolamento dovuta al deficit infrastrutturale. Di qui il bisogno di aumentare l’interconnessione delle vastissime province interne, per renderle più facilmente raggiungibili e colmare quel gap di urbanizzazione e industrializzazione che tuttora soffrono nei confronti dell’area orientale del Paese.
La Belt and Road Initiative per come la conosciamo
Anche e soprattutto da questa esigenza nasce dunque il progetto della Nuova via della seta, che in origine si proponeva di realizzare due corridoi economici principali, uno marittimo e uno terrestre (di qui il nome 一带一路, yī dài, yī lù, ovvero “una cintura, una via”). Il primo è costituito da rotte commerciali che collegano le coste cinesi al Mediterraneo, passando per gli stretti di Malacca prima, e Suez poi. Il secondo è composto da una serie di vie di comunicazione che si diramano in 6 sub-corridoi lungo tutto il blocco eurasiatico e connettono la Cina continentale a Russia, UE, Medio Oriente (Iran su tutti) e Asia meridionale (specialmente Pakistan) e sud-orientale. A inizio 2018, è stata pianificata l’apertura di un terzo corridoio, la rotta artica (Via della seta polare), che sfruttando lo scioglimento dei ghiacci consentirebbe un commercio più rapido con l’Europa settentrionale.
Quanto alle modalità operative, l’approccio di Pechino appare prevalentemente bilaterale, a dispetto della dialettica multilaterale spesso sbandierata dal PCC. Infatti, la Cina tende a stipulare accordi specifici con i ciascun paese BRI per la realizzazione di progetti infrastrutturali ed energetici. Il finanziamento viene garantito da due principali istituzioni, il Silk Road Fund e la Asian Infrastructure and Investment Bank (AIIB), nata come vera e propria alternativa made in China alla Banca Mondiale, a cui si sommano ulteriori banche statali cinesi. Si stima che nel quadriennio 2014-2018 Pechino abbia investito oltre 600 miliardi di dollari in progetti correlati alla BRI.
Tra il 2018 e il 2019 la Belt and Road Initiative ha subìto una prima battuta d’arresto, perché i partner sono diventati più cauti nell’accogliere i progetti di Pechino, nella paura di cadere nella cosiddetta “trappola del debito”. L’avvento della pandemia ha ulteriormente rallentato lo sviluppo della Nuova via della seta, cui sono mancati i fondi in seguito al rallentamento della crescita economica cinese. Inoltre, il coronavirus ha messo in luce l’importanza della digitalizzazione e delle reti di telecomunicazione nel momento in cui le frontiere vengono chiuse e il commercio interrotto, dando adito in Cina all’accelerazione dei progetti della Digital Silk Road.
La Cina e la Digital Silk Road
La Digital Silk Road è quindi una parte della Belt and Road che racchiude i piani di espansione e investimento della Cina nell’industria digitale. Avviato nel 2015, il progetto ha assunto sempre più importanza con l’arrivo della pandemia. La crescita dei servizi di e-commerce e la crescente necessità di mantenere una connessione virtuale hanno contribuito a portare in primo piano il lato digitale della Nuova via della seta. Gli investimenti di Pechino nei settori di telecomunicazioni (5G) e e-commerce rientrano nell’obiettivo di proiettare di influenza (soft power) all’estero, supportando la crescita delle economie in via di sviluppo dell’Africa orientale e del Sud-est asiatico.
I ritmi di crescita dei Paesi che partecipano alla DSR sono oggi tra i più alti al mondo. Prima della pandemia il tasso di crescita annua per Stati come Vietnam, Laos e Cambogia non scendeva sotto al 5% da parecchi anni. L’economia digitale in questi luoghi non è solo una conseguenza del rapido sviluppo, bensì uno dei principali motori dietro alla possente crescita economica. Si stima che nel 2025 nei paesi del Sud-est asiatico il valore dello shopping online triplicherà, raggiungendo il valore di 300 miliardi di dollari annui.
L’innovazione digitale è la principale strategia di sviluppo dei governi di questi Paesi, che a loro volta offrono profittevoli possibilità di investimento ai giganti tecnologici cinesi. Colossi come Huawei, Alibaba, Baidu o Tencent forniscono infatti infrastrutture, software ed expertise per potenziare l’elaborazione, lo scambio e lo stoccaggio di dati, sostenendo aziende locali, istituzioni finanziarie e progetti per la costruzione di “città intelligenti” altamente interconnesse.
Tuttavia, è bene ricordare come le compagnie private cinesi non siano mai totalmente slegate dal PCC, che ricorre anche a incentivi finanziari per mantenerle allineate ai propri interessi. Un esempio è quello del progetto Peace, guidato da Huawei, che coerentemente coi progetti della DSR sta dispiegando un cavo in fibra ottica sottomarino lungo 12mila chilometri, il quale partendo dal Pakistan connetterà virtualmente Asia, Europa e Africa orientale. Il coinvolgimento della Cina nella costruzione di cavi sottomarini in fibra ottica in Asia è in grande aumento: oggi più del 50% dei progetti vedono infatti una partecipazione cinese.
Pechino e i Big Data
Il governo cinese riesce trarre vantaggio per la propria strategia anche dalle iniziative private delle proprie imprese nazionali: sottoponendo queste ultime a specifiche normative, Pechino potrebbe accedere a tutti i dati in loro possesso, tra cui informazioni economiche, know how tecnologico, dati sui partner commerciali e sui consumatori.
A differenza di quelle americane, le aziende cinesi potrebbero non essere in grado di impedire allo Stato l’accesso ai dati in loro possesso, e ciò conferirebbe a Pechino un notevole strumento di soft power. Esse dipendono sempre in una certa misura dal governo centrale, oltre che sotto un punto di vista normativo, anche per via della presenza di esponenti del PCC nell’alto management di queste attività.
Ad esempio, l’electronic World Trade Platform (eWTP) di Alibaba è una piattaforma di e-commerce che offre una serie di servizi alle Pmi a costi contenuti, e che proprio in virtù della sua convenienza sembrerebbe diffondersi molto rapidamente nei mercati asiatici. Tutti i servizi promossi dall’eWTP, però, sono soggetti alla regolamentazione cinese in materia di cyber security, che permette al Ministero della Sicurezza di Stato di accedere a dati privati di aziende e consumatori.
Alla ricerca dell’indipendenza economica
Dai chilometri di cavi in fibra ottica sottomarini al nuovo sistema di posizionamento satellitare fino ai più moderni servizi di commercio elettronico, la Digital Silk Road si incastra perfettamente con la strategia di espansione commerciale e geopolitica della Cina.
Anche se i piani di potenziamento delle infrastrutture fisiche e digitali sembrano unicamente proiettare gli obiettivi del paese verso l’esterno, il progetto non entra in contraddizione con il principio espresso nella Dual Circulation Strategy di potenziare l’economia domestica e renderla più indipendente dalle tecnologie occidentali, giapponesi e sud coreane. Le tecnologie di prossima generazione avranno una particolare importanza strategica in ambito militare e diplomatico, e il tentativo di Pechino di determinare gli standard internazionali dell’hi-tech può essere visto come una mossa per smarcare dalla influenza americana un blocco sempre più grande di paesi eurasiatici.
A cura di Nadir Manna e Stefano Grandi
*Un’immagine dello skyline di Pechino [Crediti foto: Road Trip with Raj via Unsplash]
Questo articolo è parte di una raccolta sullo sviluppo sociale, economico e politico in Cina. Articolo precedente: Autarchia e hi-tech: da dove parte la nuova economia duale della Cina.