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La Banca Mondiale (World Bank)

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La Banca Mondiale (World Bank) è un’istituzione finanziaria sovranazionale fondata nel 1944 -assieme al Fondo Monetario Internazionale– dalle idee di John M. Keynes e Harry D. White durante la Conferenza di Bretton Woods. 

Istituita con il nome di Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS), doveva inizialmente svolgere la funzione di sostegno alla ricostruzione europea, a seguito delle distruzioni provocate dal secondo conflitto mondiale. Successivamente, con l’effettiva ripresa del Vecchio continente e l’intensificarsi dei movimenti di decolonizzazione nel mondo, la BIRS iniziò a ricoprire il ruolo di Banca per lo sviluppo dei paesi in condizioni di arretratezza che si stavano avviando sulla strada dell’indipendenza. Tra gli anni Sessanta e Ottanta vennero istituiti nuovi organi che si affiancheranno alla Banca Mondiale, e che nel 2007 formeranno ufficialmente il Gruppo della Banca Mondiale (World Bank Group):  

    • l’Agenzia internazionale per lo Sviluppo o IDA (International Development Association)
    • la Società Finanziaria Internazionale o lFC (International Finance Corporation
    • il Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti o ICSID (International Center for Settlement of Investment Disputes)
    • l’Agenzia per gli Investimenti Multilaterali o MIGA (Multilateral Investment Guarantee Agency)

Il World Bank Group programma il suo operato sugli obiettivi prefissati dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo, i quali seguono la linea tracciata con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

La Struttura: le cinque istituzioni e le loro funzioni

Il Gruppo della Banca Mondiale è formato da cinque istituzioni, nel dettaglio: la Banca per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS) facilita la canalizzazione di prestiti verso i paesi a reddito medio-basso -che difficilmente verrebbero supportati da finanziatori privati- attraverso prestiti con termini sostenibili, solitamente ripagabili entro 15-20 anni

La Banca utilizza principalmente due strumenti di prestito: prestiti d’investimento e prestiti per politiche di sviluppo. Con i primi vengono elargiti dei finanziamenti a lungo termine, utilizzabili nella costruzione di infrastrutture -sia fisiche, sia sociali-  affinché possano essere perseguiti gli obiettivi principali che la Banca si è prefissata: riduzione della povertà e sostegno allo sviluppo. Questi prestiti rappresentano circa l’80% dei finanziamenti concessi. La seconda tipologia di prestiti fungono da strumento per il supporto di riforme strutturali, soprattutto in ambito macroeconomico; prerogativa che, in realtà, andrà negli anni trasformandosi, arrivando piuttosto ad essere dei mezzi attraverso i quali creare un clima favorevole per incoraggiare vari investitori privati.

Fonti di finanziamento: la BIRS raccoglie i suoi fondi vendendo obbligazioni sui mercati finanziari. Solitamente i maggiori azionisti sono governi nazionali, i quali acquistano le azioni della Banca pagandone in realtà solo una percentuale del valore effettivo. La parte non pagata viene definita “on call” , e può essere reclamata dalla Banca in caso di difficoltà estrema nel saldo dei suoi crediti, unica prerogativa per cui questo fondo “on call” può essere utilizzato. 

L’Agenzia internazionale per lo Sviluppo (IDA) fornisce aiuti finanziari ai paesi più poveri, attraverso crediti a interessi 0 ed estinguibili in 30, 40 anni. Gli aiuti dell’IDA finanziano i paesi sprovvisti di capitale umano, infrastrutture, istituzioni a svilupparsi nel modo più veloce possibile. Fonti di finanziamento: I fondi dell’IDA vengono perlopiù da finanziamenti governativi, i quali provengono sia da paesi reddito più alto (come Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Giappone), sia da paesi in via di sviluppo (come Brasile, Russia, Korea del Sud). 

La Società finanziaria Internazionale (IFC) fornisce canali di finanziamento per il settore privato nei paesi in via di sviluppo, che altrimenti vedrebbero limitata la loro possibilità di accesso a capitali esterni. Fonti di finanziamento: I fondi dell’IFC provengono soprattutto dalle obbligazioni acquistate dai paesi membri. 

L’Agenzia per gli Investimenti Multilaterali (MIGA) fornisce garanzie contro le possibili perdite causate dai potenziali rischi per gli investitori nei paesi in via di sviluppo. Fonti di finanziamento: Una quota dei fondi del MIGA viene fornita direttamente dalla BM. Può poi applicare delle quote da pagare sui servizi che offre. 

Il Centro per il regolamento di dispute relative agli investimenti (ICSD) favorisce la conciliazione e l’eventuale risoluzione di dispute, cercando di promuovere un clima di confidenza e fiducia tra gli Stati e gli investitori. Nonostante sia un organismo autonomo, ha numerose relazioni con la World Bank e i membri delle due istituzioni sono gli stessi. Fonti di finanziamento: Le spese del ICSID sono coperte per una quota dalla Banca. L’altra parte viene coperta dalle parti coinvolte nei singoli procedimenti. 

È necessario sottolineare che quando si parla di World Bank ci si riferisce in particolare alla Banca per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS) E all’Agenzia Internazionale per lo Sviluppo (IDA); mentre quando si parlare di World Bank Group ci si riferisce alle cinque istituzioni assieme. 

 

Governance all’interno del Gruppo della Banca Mondiale

Il Consiglio dei Governatori

Il Consiglio dei Governatori è il principale organo decisionale della BM. Ogni membro della BM ha i suoi paesi partecipanti, il cui numero può variare in base all’organismo di cui si parla. Ogni paese solitamente nomina un Governatore, che rappresenterà la nazione all’interno del Consiglio dei Governatori -organo all’apice della gerarchia del Gruppo. Ciascun Governatore designato per la BIRS, per diritto sarà nel Consiglio dei Governatori anche dell’IDA e dell’IFC. Differenti invece sono il MIGA, il quale designa il suo Concilio dei Governatori e il ICSD che nomina il suo Consiglio Amministrativo. Il Consiglio si riunisce solo annualmente durante i cosiddetti Annual Meetings.

Il Consiglio Esecutivo 

È l’organo esecutivo che si occupa dell’amministrazione all’interno della BM, e si compone di 24 membri, nominati dai Paesi che andranno a rappresentare. I paesi che detengono il maggior numero di azioni nominano un loro direttore esecutivo (sono cinque: Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia e Gran Bretagna); mentre gli altri paesi si raggruppano in collegi, i quali eleggono il loro direttore esecutivo rappresentante. Come per i Governatori, i Direttori Esecutivi scelti per la BIRS, per diritto rivestiranno questo ruolo anche per l’IDA e l’IFC. Nel MIGA il Consiglio Esecutivo viene eletto separatamente mentre l’ICSD non ha questo organo. 

Votazioni

Le votazioni all’interno del Consiglio Esecutivo sono consensuali, tuttavia, il potere di voto non è equamente distribuito: maggior peso nelle decisioni è assegnato a quei paesi che detengono una quota d’azioni maggiori all’interno del Gruppo. Ai Direttori Esecutivi spetta il compito di eleggere anche il Presidente del Gruppo, prerogativa in realtà affidata sempre al Direttore Esecutivo statunitense, in quanto detentori della porzione più ampia di azioni. Attualmente la presidenza è ricoperta da David Malpass. 

Critiche 

Senza dubbio la più grande contestazione rivolta alla Banca Mondiale è stata la sua inclinazione, specie negli ultimi vent’anni dello scorso secolo, a vincolare l’assistenza economica ai paesi in via di sviluppo all’adozione di politiche troppo restrittive o dannose per quegli stati. 

A partire dagli anni Ottanta, attraverso gli Structural Adjustment Programs (SAPs) la Banca introdusse la condizionalità economica, ponendo come condizioni per i propri aiuti l’implementazione di misure quali liberalizzazione del commercio, deregolamentazione finanziaria e privatizzazione delle aziende statali. Molti critici hanno condannato tali pratiche, poichè cercare di imporre il libero mercato a economie sottosviluppate le avrebbe esposte alla concorrenza globale prematuramente, affossandole in quanto non ancora robuste per sostenere la competizione del Primo mondo. 

Ha-Joon Chang, economista sudcoreano docente a Cambridge, fa infatti notare come tutte le grandi potenze abbiano gettato le basi del proprio boom economico tramite un protezionismo strategico che tutelasse le “industrie bambine” nazionali (infant industries) dalla concorrenza internazionale. Solo una volta raggiunto un certo grado di sviluppo, la liberalizzazione ha potuto rimpiazzare politiche di regolamentazione quali l’imposizione di dazi, gli aiuti dalle banche (pubbliche), o il controllo della valuta. 

Un’altra aspra critica è mossa dall’economista zambiana Dambisa Moyo. Notando come in Africa tra il 1970 e il 1998 – cioè quando si registrarono i più alti livelli di aiuto – il tasso di povertà fosse salito dall’11 al 66%, l’autrice punta il dito contro le pratiche assistenzialiste delle istituzioni di Bretton Woods, colpevoli di fornire aiuti che non eradicano la povertà ma mantengono i destinatari in una condizione di dipendenza dai sussidi esteri.  

Negli anni Novanta si cercò di correggere il tiro, introducendo la condizionalità politica. Sulla base dei principi del “buon governo” (Good Governance Agenda), la Banca Mondiale tentò di incentivare la qualità e l’efficienza dell’apparato pubblico, da una parte tramite l’imposizione dell’austerità, tagli alla spesa pubblica e riduzione del deficit, dall’altra stimolando il processo di democratizzazione dei paesi assistiti. Di fatto senza avere successo

Oggi un’ulteriore problematica è la disuguaglianza nelle possibilità degli stati di accedere al processo decisionale nella IBRD. Storicamente, i paesi più poveri non sono mai stati rappresentati direttamente nel Consiglio Esecutivo, mentre si stima che esserne parte consenta in media di ottenere il doppio dei finanziamenti rispetto all’esserne fuori.

Per la parte istituzionale di questo articolo confrontare “World Bank. 2007. A Guide to the World Bank : Second Edition. Washington, DC: World Bank. © World Bank. https://openknowledge.worldbank.org/handle/10986/6710 License: CC BY 3.0 IGO”

Articolo realizzato in collaborazione con Valentina Carnali.

Stefano Grandi
Milanese classe 1997. Quando non seguo lo sport mi occupo di geopolitica. I miei studi mi hanno portato a scoprire l'Estremo Oriente, che mi sforzo tuttora di capire e analizzare con occhio critico, ma senza filtri occidentali. Frequento al momento un Master in Economia Politica presso la University of Essex. I miei articoli? "Con 30.000 lire il mio falegname li faceva meglio".

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