Le statistiche mondiali dimostrano che il fenomeno è in aumento, in parte a causa delle varie crisi mondiali, includendo la pandemia da COVID-19, i conflitti e le conseguenze del cambiamento climatico, che creano maggiore povertà e costringono popolazioni a emigrare.
Chi sono gli schiavi di oggi: le varie forme di schiavitù moderna
La schiavitù moderna si presenta in molteplici forme: dal lavoro forzato al matrimonio coatto, dal lavoro minorile al traffico di esseri umani.
Il lavoro forzato, ovvero “tutto il lavoro o servizio che è richiesto da qualsiasi persona sotto la minaccia di qualsiasi pena e per il quale detta persona non si è offerta volontariamente”, come stabilito nella Convenzione del Lavoro Forzato dell’ILO, 1930 (No.29), coinvolge 28 milioni di persone al mondo e consiste nell’impiego di manodopera in assenza di diritti di base e di un salario proporzionato al costo della vita.
Secondo le statistiche ILO, l’86% delle persone coinvolte in questo fenomeno è vittima di attori privati, e coloro vittime dello sfruttamento sessuale commerciale forzato sono il 23% di questi (prevalentemente, fra le donne).
Esiste anche il lavoro forzato minorile: vendita e traffico di bambini, reclutamento forzato di bambini per uso nei conflitti armati e uso di minori per attività illecite, sono solo alcune delle modalità in cui sono sfruttati i più piccoli. I minori, inoltre, vengono impiegati per svolgere attività per loro natura pericolose, come il lavoro nelle miniere, quello sotterraneo o ad alta quota, lo sfruttamento sessuale, e il lavoro con macchinari pericolosi o sostanze chimiche.
Il matrimonio forzato, definito dall’art. 37 della Convenzione di Istanbul come “l’atto intenzionale di costringere un adulto o un bambino a contrarre matrimonio”, nonché “il fatto di attirare intenzionalmente con l’inganno un adulto o un bambino sul territorio di una Parte o di uno Stato diverso da quello in cui risiede, allo scopo di costringerlo a contrarre matrimonio”, invece, nel 2021 contava 22 milioni di vittime (tra donne, uomini e bambini), 4.6 milioni in più rispetto al 2016.
Il Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione contro le donne (CEDAW) e il Comitato sui diritti infantili (CRC) considera anche il matrimonio infantile (o precoce) una forma di matrimonio forzato, che ancora oggi è consentita dalla legge in alcuni Stati. In un Paese come il Malawi, una bambina su due si sposa prima di raggiungere la maggiore età, ed una volta sposata spesso lascia la scuola perché ha molte probabilità di rimanere incinta. Nemmeno i Paesi occidentali sono esenti da questo fenomeno: sono 44 gli stati federati degli Stati Uniti che consentono ancora oggi, in determinate circostanze, di contrarre legalmente un matrimonio con minori.
Secondo l’Unicef, la ragione per cui ancora questa pratica non è perseguita pubblicamente è la mancanza di sensibilizzazione dei cittadini americani, i quali, secondo uno studio condotto dall’associazione, credono che il matrimonio precoce nel loro paese sia già illegale a livello federale. Invece, tra il 2000 e il 2018, 300.000 ragazze e ragazzi statunitensi si sono uniti in matrimonio prima dei 18 anni. Il 68% di questi casi coinvolge ragazze minorenni sposate con uomini molto più anziani di loro. Come nei casi di altri Paesi sopra citati, a un matrimonio infantile negli USA consegue una crescita della povertà, un maggiore rischio di incorrere in problemi di salute e un aumento di bambini che abbandonano il percorso di studi precocemente.
Se la causa principale del lavoro forzato è la mancanza di assistenza alle categorie più deboli ed emarginate della società, nel caso dei matrimoni coatti si aggiunge una forte componente culturale. Infatti, sono spesso i familiari, che per motivi finanziari e sociali, anziché proteggere i figli, li costringono al matrimonio forzato compiendo abusi fisici e psicologici.
Dimensioni che alimentano la modern slavery
Secondo i dati dell’OECD, la presenza di schiavitù nella catena di approvvigionamento globale può essere ricondotta a tre dimensioni fondamentali: lacune nella legislazione legale, applicazione e accesso alla giustizia che creano spazio per il mancato rispetto delle norme, pressioni socioeconomiche nei confronti individui e lavoratori e la condotta dell’ambiente aziendale.
Dal punto di vista legislativo nel contesto del lavoro minorile ci sono però segnali incoraggianti. Oltre ad essere stata ratificata la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino del 1989, i minori sono protetti dalla Convenzione sulle forme peggiori di lavoro minorile dell’ILO del 1999 (n.182) e la Convenzione sull’età minima del 1973 (n.138). Eppure ancora oggi circa 160 milioni di bambini sono coinvolti in lavori forzati, e più di 79 milioni sono impiegati in lavori pericolosi perché l’implementazione di tali norme internazionali a livello nazionale rappresenta un tema complesso
Inoltre, la crescita esponenziale di tecnologia, digitalizzazione e automazione nel mercato del lavoro non corrisponde a un’innovazione del sistema giuridico, che risulta quindi uno inadeguato a frenare lo sfruttamento.
Vulnerabilità e pressioni socio economiche: un circolo vizioso
In assenza di una protezione efficace da parte degli Stati e in presenza di operatori economici che fanno uso di forme di sfruttamento del lavoro, la vulnerabilità degli individui si traduce in gravi violazioni dei diritti umani. Comprendere i fattori di rischio associati alla condotta aziendale e al contesto imprenditoriale in cui lla la schiavitù moderna prende forma risulta quindi necessario.
Le pressioni socio-economiche sui produttori e fornitori, come la compressione dei prezzi, in cui il costo internazionale dei fattori di produzione aumenta, mentre quello delle materie prime rimane costante o diminuisce, spesso ricadono sui lavoratori, attraverso pratiche quali la riduzione dei tempi di consegna, l’aumento degli orari straordinari, il subappalto di manodopera a più basso costo, l’uso di quote di produzione e del lavoro minorile, e il ribasso sui salari. Inoltre, in questi contesti lavorativi la mancanza di reti di sicurezza sociale e una protezione del lavoro inadeguata limitano la capacità dei lavoratori di organizzare ed esercitare la loro voce collettiva.
Questo di conseguenza causa povertà, irregolarità, assenza di servizi e infrastrutture sociali, aumento di episodi di violenza e forme di discriminazione, e rende le famiglie meno capaci di evitare la dipendenza dal lavoro dei loro figli, spingendole a ricorrere a forme di credito ad alto rischio o coercitive, che accrescono la vulnerabilità. Si tratta di un circolo vizioso.
I primi a cadere in questo circolo vizioso sono i migranti che ricorrono a canali irregolari e rischiosi, facendo affidamento a intermediari di reclutamento o contrabbandieri, e che sono tra i più vulnerabili a causa delle barriere linguistiche, dell’assenza di un sistema di protezione statale, e delle sfide che integrazione sociale pone.. Infatti, dei 258 milioni di migranti del mondo 40 milioni vivono in condizioni di schiavitù moderna e solo in Italia migliaia di migranti lavorano nei campi con un salario di 3 euro giornalieri e orari che superano le 13 ore quotidiane.
I responsabili della schiavitù moderna
Il modello economico attuale, il capitalismo, che favorisce la libertà di mercato rispetto alla regolarizzazione da parte delle istituzioni statali e si regge sulle sole leggi economiche di domanda offerta, ha creato una situazione di insostenibilità sociale e ambientale. Questo sistema favorisce un approccio consumistico, incentivando l’acquisto di prodotti a prezzi sempre più bassi, e alimentando di fatto il lavoro forzato. Il caso di scuola è quello dell’industria tessile, in cui i grandi marchi occidentali delocalizzano le proprie fabbriche in Paesi a medio e basso reddito, come il Bangladesh o la Cambogia, dove vengono violati i diritti umani dei lavoratori.
La collaborazione globale sulla lotta contro schiavitù moderna, inoltre, rimane relativamente debole a livello politico globale. Gli ostacoli sono innumerevoli, a partire dal fatto che nel settore privato il lavoro forzato genera un profitto illegale di circa 150 miliardi di dollari ogni anno (definiti da ILO del 2005 come la differenza tra il valore aggiunto economico medio e la somma delle spese salariali e dei consumi intermedi). Questa cifra non include il commercio dello sfruttamento sessuale a causa della mancanza di dati.
Come eliminare la schiavitù moderna
I Paesi dovrebbero rafforzare la propria legislazione a livello nazionale, implementando le convenzioni internazionali ed evitando di rendersi complici degli abusi. In Italia, solo nel 2019 è stata introdotta la legge 69/2019, detta CODICE ROSSO, che condanna chiaramente il matrimonio forzato, ma ciò non è sufficiente. Servono riforme sempre più sofisticate sulla prevenzione delle violenze domestiche e di genere, campagne di sensibilizzazione dei cittadini e un più ampio sviluppo del settore dell’istruzione.
Nel processo di sradicamento della modern slavery sono fondamentali le organizzazioni internazionali governative, come l’ILO e l’UNICEF, e non governative come Anti Slavery International, Fair trade, Unseen e molte altre, che svolgono un lavoro di denuncia, sensibilizzazione e assistenza alle vittime. A livello di giustizia internazionale, la Corte internazionale di Giustizia e la Corte internazionale Penale hanno già condannato casi di violazione dei diritti umani, in particolare della libertà da qualsiasi forma di schiavitù, commessi in Congo, Cambogia e Uganda.
In generale, la schiavitù moderna si può dire figlia di un sistema economico che ignora le sue carenze e sottovaluta le riforme economiche, internazionali e strutturali, che eviterebbero, o almeno mitigherebbero, tale fenomeno. Un maggior coinvolgimento degli attori privati e una migliore informazione dei cittadini riguardo al fenomeno della modern slavery sono sempre più necessari per creare una coscienza comune e iniziare ad aiutare gli schiavi di oggi.
Testo a cura di Maddalena Fabbi e Chiara Manfredi.
Questo articolo è il secondo del progetto “Crisi umanitarie”. Trovate l’articolo di introduzione qui!