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Il referendum in Cile che vuole superare Pinochet

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Un plebiscito storico

Il 25 ottobre in Cile si terrà un referendum storico per avviare una riforma costituzionale. Ma perché questo voto è così importante, e come si è arrivati qui? Facciamo un passo indietro.

Era il 6 ottobre e la Metro de Santiago, l’azienda che gestisce i mezzi pubblici nella capitale cilena, aveva annunciato un rincaro del prezzo dei biglietti. Con il senno di poi, è facile dire che quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: le proteste popolari infiammarono il Paese. Chiaramente queste proteste non riguardavano solamente il rincaro dei prezzi della metro, ma davano voce al malcontento dell’intero Paese.

Le manifestazioni sono state violentissime, con scontri tra manifestanti e polizia, con violenza generalizzata da entrambe le parti. Oggi facciamo un triste bilancio di decine di morti, migliaia di feriti e numerosi manifestanti rimasti parzialmente accecati dall’utilizzo di proiettili di gomma da parte delle forze dell’ordine. Al centro della bufera è stato velocemente individuato il Presidente Piñera, la cui approvazione è crollata durante le proteste. In un tentativo di riconquistare la fiducia popolare, il Presidente ha concesso un referendum costituzionale, una delle richieste cruciali del movimento popolare.

L’insorgere della pandemia, che altrove ha spesso portato consensi ai governi attraverso il cosiddetto “rally around the flag effect”, non sembra aver aiutato Piñera. Ciò si deve probabilmente al fatto che, a differenza di altri luoghi, il Cile non ha visto un significativo diminuire delle proteste nonostante la pandemia. I manifestanti hanno infatti continuato a riempire le piazze anche durante i momenti più critici di diffusione del contagio.

Il Referendum in Cile

La modifica costituzionale si è da subito configurata come una delle principali richieste dei manifestanti. La Costituzione attualmente vigente in Cile infatti, promulgata nel 1980 dall’allora dittatore militare Augusto Pinochet, ha diversi problemi agli occhi di chi protesta. Per alcuni infatti è simbolo della dittatura da cui fu forgiata, per altri è l’esoscheletro del sistema neoliberista cileno, per altri ancora rappresenta la manifestazione del tradizionalismo patriarcale.

Preoccupazioni che sembrano essere condivise a gran maggioranza dalla popolazione, che secondo i sondaggi si schiera con ampio margine dalla parte del Sì.

Le parti in gioco

Il voto di domani vede quindi un fronte molto solido di sinistre, verdi e liberali in favore dell’approvazione della nuova Costituzione. Il fronte del No però è anch’esso ben finanziato e riceve il supporto degli elettori di destra, attualmente rappresentati dalla maggioranza nel Congresso cileno. A schierarsi apertamente per la vecchia Costituzione è infatti primo fra tutti il partito liberalconservatore del Presidente in carica, Renovación Nacional, e gli alleati di governo conservatori di UDI. Anche tra i partiti di governo, però, si è consumata una spaccatura: il partito più giovane della coalizione al potere in Cile, infatti, ha dichiarato ufficialmente la propria approvazione al referendum. Si tratta del partito liberale Evópoli, il più piccolo della coalizione, che si è già rivelato determinante in passato nel sostegno a proposte progressiste provenienti da sinistra, come quella del matrimonio egualitario per le persone omosessuali (bloccato poi dal Presidente).

Nonostante la defezione del partner di minoranza, però, il fronte della destra sembra schierarsi apertamente per il No anche fuori dal parlamento, come rivela un sondaggio dell solido istituto cileno Cadem.

I due quesiti

Il referendum in Cile non riguarderà solo l’opportunità di scrivere una nuova Costituzione, ma anche un’altra fatidica domanda: chi dovrà occuparsi della sua scrittura? Le possibilità sono essenzialmente due: o un’Assemblea Costituzionale “mista”, composta da membri eletti direttamente e membri dell’attuale Congresso, oppure un’Assemblea Costituzionale eletta direttamente.

In particolare, la prima opzione comporterebbe una maggiore rappresentanza per i partiti di destra, che attualmente controllano un’ampia maggioranza in entrambe le camere del Congresso. Tuttavia, sembra che l’opinione pubblica si sia sempre più indirizzata verso l’idea di un corpo eletto ad hoc. L’ultima rilevazione vedeva infatti un vantaggio di 25 punti per questa opzione, in continua crescita dall’inizio della campagna referendaria.

Lorenzo Torrihttps://medium.com/@loretorri
Bergamasco classe 1998, studio Economics & Social Sciences all’Università Bocconi. Classicista di formazione, sono arrogante, antipatico e saccente. Ma ho anche dei difetti.

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