Il conflitto armato in Colombia
La storia della Colombia è costellata da innumerevoli episodi di violenza. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, si sono verificati gli scontri più intensi, protratti fino ai nostri giorni con centinaia di migliaia di morti. Le lotte ideologiche e di azione violenta, portate avanti dai partiti politici liberali e conservatori, ed aggravate dall’assassinio del leader e candidato presidenziale, Jorge Eliecer Gaitán, nel 1948, trascendono i campi e le zone rurali del Paese. In un clima di tale violenza sono sorti gruppi ribelli ai margini della legge, dotati di armi ed organizzati come eserciti. Tra questi i più potenti e conosciuti sono le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC), il Movimento 19 d’aprile (M-19) e l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN).
Grazie all’appoggio di Cuba e dell’Unione Sovietica, interessate ad esportare l’ideologia comunista in America Latina, la presenza di gruppi criminali è cresciuta esponenzialmente. Questi gruppi hanno poi iniziato ad interessarsi alla produzione ed esportazione di cocaina e marijuana, ingrandendo il mercato e collocando la Colombia nell’arena internazionale come primo produttore di droga. L’associazione tra guerriglia e narcotraffico ha reso la Colombia scenario del conflitto armato ancora oggi in corso.
Secondo il Centro di Memoria Storica Nazionale, tra il 1958 e il 2012 il conflitto ha causato la morte di 218.094 persone. Tale cifra comprende le vittime di azioni belliche, attacchi terroristici, omicidi mirati, sparizioni forzate, attacchi a beni civili, mine anti persone e altri tipi di ordigni esplosivi, massacri, sequestri terminati con la morte dei sequestrati. Stando ai dati, i responsabili di questi crimini sono principalmente le guerriglie, i gruppi paramilitari, e le forze pubbliche.
L’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN)
L’ELN è attualmente il gruppo criminale più potente del Paese, controlla vaste aree di coltivazione e produzione di cocaina, così come le sue rotte di distribuzione, e conta un pesante coinvolgimento nell’estrazione illegale dell’oro in Colombia e Venezuela. Nato inizialmente come movimento politico nazionalista marxista-leninista, oggi sembra più focalizzato su attività criminali: rapimento, l’estorsione e gli attacchi alle infrastrutture economiche, il traffico di essere umani, l’estrazione illegale nelle miniere e contrabbando di petrolio e oro dal Venezuela. La sua presenza, infatti, è particolarmente marcata lungo il confine con il Venezuela, così come lungo la costa colombiana del Pacifico.
La struttura orizzontale dell’ELN conferisce ai leader un alto grado di indipendenza e capacità decisionale, e ciò ha portato il gruppo criminale a basarsi in gran parte su fazioni autonome, ciascuna focalizzata sull’estrazione di proventi criminali dalla propria area di attività.
Nel 2016 il governo di Juan Manuel Santos riuscì a negoziare la pace con le FARC. Nonostante l’ELN facesse parte di questi dialoghi di pace, non si raggiunse mai un accordo e il governo di Iván Duque nel 2019 abbandonò qualsiasi tentativo. Questo gruppo guerrigliero, che oggi siede nuovamente al tavolo dei negoziati con il governo di Petro, negli ultimi 37 anni ha provocato la morte di più di 9 mila persone.
Accordi di pace con le FARC 2016 e l’esempio di giustizia transizionale in Colombia
Gli accordi di pace tra il governo Colombiano e le FARC sono stati riconosciuti dalla dottrina della giurisprudenza internazionale un caso sui generis di giustizia transizionale. Con giustizia transizionale si intende la giurisprudenza che affronta violazioni collettive e sistematiche dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. L’obiettivo consiste nel riconoscimento e garanzia dei diritti delle vittime alla giustizia, la verità, la riparazione e non ripetizione dei crimini.
Il processo di giustizia transizionale in Colombia è iniziato nei primissimi anni 2000 con le due leggi principali: la legge 1448 del 2001 detta “legge delle vittime” e la legge 975 del 2005 detta anche “Legge di giustizia e pace”. Nel 2015 è stato poi fondato l’organo giuridico del Sistema Integrale della Verità, Giustizia, Riparazione e non Ripetizione (SIVGRNR), la Giustizia Speciale per la Pace (GSP). Questa istituzione, in funzione da giugno 2018, ha un mandato di 20 anni con lo scopo di indagare, giudicare e sanzionare i responsabili per i crimini commessi nel contesto del conflitto armato prima del 1 dicembre 2016.
Il sistema di sanzioni implementato dalla GSP non comprende solo sanzioni di tipo alternativo e ordinario, ma anche di tipo positivo, ovvero di programmi sociali e pratiche tradizionali per la riparazione dei danni causati dalle guerriglie sia nelle zone rurali sia in quelle urbane.
Il processo è stato supervisionato dagli organismi giuridici internazionali, come la Corte Interamericana dei Diritti Umani e la Corte Penale Internazionale, che hanno sottolineato come le sanzioni devono implicare un riconoscimento effettivo dei diritti delle vittime, tanto a livello individuale quanto a livello collettivo.
Le difficoltá degli accordi con l’ELN in Colombia
Tuttavia, il processo di giustizia transizionale è lungo, poiché non si tratta solo di punire i peccati, ma anche di ricucire ferite e ricostruire una memoria comune. La commissione della Verità ha già adempiuto al mandato previsto dall’accordo di pace dell’Avana. A giugno 2022, infatti, la Commissione ha pubblicato il report di 900 pagine che contribuisce a chiarire i crimini commessi in quasi sessant’anni di scontri, formulando anche raccomandazioni per prevenire, riparare ed evitare il ripetersi delle atrocità commesse.
Molti militanti delle FARC, durante il processo di pace del 2016, hanno abbandonato le armi e sono entrati nella politica colombiana creando il partito “Comunes”, mentre altri si sono invece uniti ad altri gruppi criminali o sono stati arrestati. Gli accordi, però, non sono stati pienamente rispettati dal governo colombiano di Iván Duque, che non ha mai nascosto la sua avversione al processo di pace.
L’arrivo di Gustavo Petro alla Casa di Nariño apre una nuova opportunità per gli accordi. Il comandante dell’ELN ha infatti espresso piena disponibilità a ritornare ai tavoli di negoziazione iniziati in Ecuador nel 2019, e conclusi nel 2019 da Duque dopo un attacco terroristico ad una scuola di cadetti della polizia. Se il contesto può dirsi quindi favorevole, questo non significa però che Petro avrà sicuramente successo.
Le difficoltà si presentano già nella fase iniziale. Il governo colombiano ritiene imprescindibile iniziare i negoziati con il cessato al fuoco, l’abbandono delle armi e la cessazione delle attività di sequestro. L’ELN, invece, è capace di portare avanti dialoghi di pace in mezzo ad una guerra, considera l’abbandono delle armi un punto di arrivo, e non ritiene che le attività di sequestro debbano fermarsi per avanzare nel dialogo. Nel 2016 il leader dell’ELN Nicolás Rodriguez, detto “Gabino”, infatti, aveva già rifiutato la condizione di interrompere i sequestri e i negoziati erano poi stati sospesi fino a febbraio 2017.
I prossimi passi e la mediazione di Nicolás Maduro
Come nel 2016, i negoziati si svolgeranno a La Habana, Cuba, dove si trova la cupula dell’ELN. Cuba e Norvegia saranno i garanti degli accordi, così come il presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolás Maduro. Dopo la riapertura delle frontiere e il ristabilimento delle relazioni commerciali tra i due Paesi, Maduro ha accolto con favore l’iniziativa di Petro e ha assicurato la cooperazione delle sue Forze Militari.
Le polemiche riguardo questa decisione sono molte, e sono dovute alle accuse a livello regionale e internazionale nei confronti del presidente venezuelano per crimini di lesa umanità nel suo Paese. Nonostante ciò, bisogna tener presente che il Venezuela ha giocato un ruolo importante negli accordi del 2016, e che da anni fornisce rifugio a diversi gruppi guerriglieri colombiani nel suo territorio. Se si vuole avere successo nei processi di pace, sarà infatti importante includere tutti gli attori in gioco.