Il cambiamento è stato fortemente voluto dalla Turchia, perno dell’Organizzazione. Questo preoccupa Pechino e Mosca per differenti motivi. Da un lato, il crescente panturchismo è una potenziale minaccia per la stabilità interna della Cina date le affinità etniche, culturali e religiose con la minoranza uigura nella regione dello Xinjiang. Dall’altro, una crescente proiezione di Ankara in Asia Centrale potrebbe diminuire significativamente l’influenza naturale della Russia sull’area.
L’Organizzazione degli Stati turcofoni e la sua influenza in Eurasia
Il Consiglio di cooperazione dei Paesi turcofoni è stato fondato nel 2009 come un’organizzazione intergovernativa con l’obiettivo di rafforzare pace e stabilità e promuovere cooperazione su larga scala tra paesi turcofoni e il resto del mondo. Gli stati membri dell’ Organizzazione includono vari paesi turcofoni, tra cui Turchia, Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan. I membri osservatori, invece, sono Ungheria e Turkmenistan.
Durante l’ottavo summit a Novembre, il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sottolineato lo sviluppo istituzionale e l’aumento del prestigio dell’Organizzazione nella regione eurasiatica. Per il leader della Turchia, cambiare il nome del Consiglio significa dare un forte segnale politico di unità panturchica.
Come evidenzia Yuan Peng, presidente del China Institute of Contemporary International Relations (CICIR), la crescente solidarietà dell’Organizzazione degli Stati turcofoni è costruita sulla comune eredità storica, linguistica, culturale ed identitaria. Il gruppo di Stati turcofoni starebbe emulando alcuni esempi già affermati di multilateralismo, quali l’Unione Europea (Ue), l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN) e la Lega Araba, al fine di formare una Lega di Stati turcofoni. In questo modo, l’Organizzazione rappresenta, potenzialmente, una nuova forza emergente nello scenario geopolitico globale e regionale, aggiungendosi all’Ue, all’Unione economica eurasiatica (Uee), un blocco commerciale ed economico guidato dalla Russia che include i principali stati dell’Asia Centrale, e all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, un patto politico, economico e di sicurezza nella regione guidato dalla Cina.
Il consolidamento dell’Organizzazione rappresenta un ulteriore punto focale per la regione, già in preda ad un’estrema incertezza, dato il confronto tra Russia e Europa, le tensioni territoriali tra Russia e Ucraina, le ambizioni turche in politica estera, il cambiamento del panorama politico in Afghanistan e le recenti proteste in Kazakistan.
Turchia, la più assertiva all’interno dell’Organizzazione?
Durante il 2021, il Consiglio ha cambiato definitivamente la sua postura. Infatti, durante il summit online tenutosi nell’Aprile 2021, il Consiglio non aveva specificatamente nominato lo Xinjiang sulla sua agenda e si mostrava più accomodante nei confronti della Cina. Nonostante l’enfasi sul panturchismo, i paesi turcofoni erano aperti a collaborare con la Cina in materia di energia, trasporti, investimenti e terrorismo. Secondo Zhang Ning della Chinese Academy of Social Sciences (CASS), l’atteggiamento dei paesi turcofoni nei confronti della Cina non era sorprendente data l’importanza dei progetti infrastrutturali della Belt and Road Initiative per la regione.
Infatti, l’Asia Centrale ricopre un ruolo cruciale all’interno dell’ambizioso progetto di sviluppo infrastrutturale cinese. La Cina è il principale partner commerciale del Kazakistan, il secondo per l’Uzbekistan e il Kirghizistan. Nonostante la Turchia, più volte in precedenza, si sia affermata come protettrice degli Uiguri nello Xinjiang, non ha nessun incentivo ad offendere la Cina. Durante la visita del Ministro degli Affari Esteri Cinese Wang Yi in Turchia e le annesse proteste di centinaia di Uiguri nelle strade di Ankara, il Ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu si è limitato a esprimere solidarietà contro ogni forma di terrorismo.
Kemal Kirisci, senior fellow del Brookings Institution di Washington, ha sottolineato come il governo turco riponga grandi speranze negli investimenti, commercio e crediti dalla Cina per salvare la sua economia in preda all’inflazione. Inoltre, sottolinea l’esperto, l’acquisto di vaccini per il Covid-19 dalla Cina ha aumentato la dipendenza della Turchia nei confronti del gigante asiatico.
Iniziando da luglio, però, la Turchia è diventata più assertiva nei confronti della Cina, soprattutto sulla questione uigura. Durante una chiamata con il Presidente cinese Xi Jinping, Erdogan ha rimarcato come gli Uiguri debbano essere trattati come liberi cittadini cinesi con uguali diritti, dopo aver rifiutato l’estradizione di un attivista uiguro sospettato di terrorismo da Pechino.
Mentre la Turchia si erge a difensore delle popolazioni turcofone con l’obiettivo di proiettare la propria influenza verso Est, Cina e Russia stanno monitorando la nuova unità politica che potrebbe indebolire l’influenza di Pechino e Mosca in Asia Centrale.
Panturchismo: che influenza può avere su Cina e Xinjiang?
Pan Zhiping, direttore del Central Asian Studies Institute, ha sottolineato gli effetti del rafforzamento del panturchismo e dell’Organizzazione sulla minoranza etnica uigura dello Xinjiang. La Cina, infatti, vigilerà sull’aumento del sentimento pan-turco ai suoi confini occidentali e non vede di buon occhio un’unione politica con obiettivi ambigui nei suoi confronti.
Uiguri e paesi turcofoni condividono, essenzialmente, affinità linguistiche. In un articolo pubblicato sul Global Times, media cinese vicino al governo, Yang Jin, ricercatore della Chinese Academy of Social Sciences, sostiene come lo Xinjiang sia, in realtà, una regione multietnica e ritiene infondata ogni altra affinità tra gli abitanti della Regione autonoma uigura dello Xinjiang e le popolazioni turcofone. Nello stesso articolo si evince come la Cina debba, tuttavia, porre attenzione alla diffusione del panturchismo e pan-islamismo che potrebbe scaturire dall’Organizzazione. Infatti, il Partito Comunista Cinese ritiene che tali sviluppi possano ispirare alcune forze estremiste e separatiste nella regione. Le politiche di Pechino nella regione autonoma dello Xinjiang sono un punto cruciale per lo scrutinio internazionale. I governi occidentali hanno imposto sanzioni e proposto un boycott diplomatico per le Olimpiadi Invernali di Pechino di Febbraio 2022.
Inoltre, l’Organizzazione potrebbe capitalizzare sul proprio prestigio fino a diventare il punto di riferimento dei paesi dell’Asia Centrale. In tal caso lo scopo per l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, di cui anche la Russia è parte, e l’Unione Economica Eurasiatica potrebbe ridursi drasticamente.
Russia e Turchia in competizione per l’Asia Centrale?
Secondo Dmitry Korshunov, capo del dipartimento di relazioni internazionali all’Università di Nizhny Novgorod, il consolidamento dell’Organizzazione ha delle ripercussioni anche sul ruolo della Russia nella regione. Infatti, una maggiore cooperazione economica tra i cinque paesi membri potrebbe, in principio, escludere Mosca dal commercio in Eurasia.
In particolare, una maggiore rilevanza della Turchia nella regione potrebbe causare una minore identificazione delle popolazioni turcofone con la Russia e intensificare la competizione economica e militare tra i due attori nella regione. L’influenza politica della Turchia nell’area sta crescendo a discapito della storica influenza Russa. Durante l’anno passato, infatti, Erdogan è intervenuto nella disputa territoriale del Nagorno-Karabakh, dove la Turchia ha sostenuto l’Azerbaijan contro la Repubblica autoproclamata di Artsakh e Armenia.
Come sottolinea Sun Yu, ricercatore in sicurezza Eurasiatica alla Anjjan State University in Uzbekistan, gli stati membri dell’Organizzazione vedono favorevolmente una leadership turca per bilanciare l’eccessiva dipendenza dalla Russia e dalla Cina. Ad ogni modo, il coinvolgimento dei paesi membri nella Belt and Road Initiative, principalmente Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan, suggerirebbe cautela nell’alienare Pechino.
Possibili scenari e sviluppi
Potenzialmente, l’Organizzazione può innescare l’aumento del nazionalismo estremo, che potrebbe intensificare i conflitti etnici e colpire la stabilità e la sicurezza regionale. Inoltre, la Turchia ha assunto una postura più assertiva in Asia Centrale.
Pechino e Mosca devono valutare l’impatto a breve termine del gruppo con prudenza, specialmente per due motivi. Storicamente, molti dei tentativi di cooperazione internazionale in Asia Centrale non hanno visto progressi sostanziali. Secondo, i paesi coinvolti non sono integralmente turcofoni.
Inoltre, eccetto l’Azerbaijan, numerosi paesi turcofoni sono ambivalenti nello sviluppare legami più profondi con la Turchia: un esiliato politico dell’opposizione Uzbeka si sta nascondendo in Turchia, il Kazakistan vede se stesso, non la Turchia, come attore centrale nella regione ed è sempre stato accomodante nei confronti della Russia, il Turkmenistan è permanentemente uno stato neutrale con un ruolo minimo negli affari internazionali.
Il panturchismo è tra i principali punti di discussione di Pechino in termini di minacce di terrorismo nello Xinjiang e delle sue controverse politiche di sicurezza nella regione. I funzionari cinesi ritengono che gli sviluppi politici negli stati dell’Asia centrale dopo il collasso dell’Unione Sovietica abbiano alimentato l’aumento del separatismo tra gli Uiguri nello Xinjiang. Nel lungo termine, invece, l’idea di una federazione panturchica potrebbe rivelarsi solo un’illusione secondo lo storico cinese Zan Tao. Dati i recenti sviluppi geopolitici in Asia Centrale e le tensioni in Kazakistan, è prematuro definire l’impatto del panturchismo con certezza.