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Voto e età: dimmi quanti anni hai e ti dirò chi voti

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L’Italia non è un Paese per giovani, soprattutto non lo è la politica. Le previsioni dell’Eurostat a Gennaio 2021 sottolineano il già ben conosciuto trend di crescente invecchiamento della composizione della popolazione Europea. Una popolazione più anziana ha effetti negativi sulle casse dello Stato in termini di sostenibilità del sistema pensionistico, occupazione e capacità di innovazione strutturale, ma non solo. Una popolazione più anziana in Italia ha un indiretto effetto sulla sfera politica, influenzando l’affluenza alle urne e i risultati delle elezioni. È stato dimostrato che i giovani siano meno propensi al voto, nonostante ciò l’affluenza alle urne elezione dopo elezione continua a calare. Qual è dunque il rapporto fra voto e età? 

Affluenza alle urne in discesa 

L’affluenza alle urne (o turnout) è uno degli indicatori cruciali su come i cittadini partecipano alla governance del proprio Paese. Una maggiore affluenza alle urne è nella maggior parte dei casi un segno della vitalità della democrazia, mentre una minore affluenza alle urne è solitamente associata all’apatia degli elettori e alla sfiducia nei confronti della politica. A causa della sua importanza, la società civile si mostra molto preoccupata quando i cittadini si astengono dal votare alle elezioni e sono desiderosi di capire le ragioni dietro questa bassa affluenza. Dal punto di vista statistico il turnout misura quanto gli elettori esercitano effettivamente il diritto di voto il giorno delle elezioni. Esso viene misurato come la percentuale dei voti espressi in un’elezione, compresi i voti non validi.

Il calo dell’affluenza alle urne in Europa, che contiene il maggior numero di democrazie consolidate, è un fenomeno preoccupante. Secondo il report pubblicato dall’International Institute for Democracy and Electoral Assistance nel 2016, un confronto tra le democrazie consolidate e il gruppo delle democrazie emergenti in Europa, costituito dagli stati post-comunisti, mostra una grande differenza nel tasso di declino dell’affluenza elettorale negli ultimi 25 anni. Ciò significa che il calo in Europa è sproporzionato anche a causa del forte calo dell’affluenza alle urne nei paesi post-comunisti. L’affluenza media alle urne in questi paesi è diminuita di circa il 20% dalle prime elezioni libere tenutesi alla fine degli anni ’80. Tuttavia, si può notare, però, un consistente calo dell’affluenza alle urne di circa il 10% anche nelle democrazie europee consolidate nello stesso periodo, anche se da una base più alta. Quali sono gli effetti e i fattori che influenzano tale trend? 

I fattori scatenanti

Il calo dell’affluenza alle urne degli ultimi anni, infatti, è in primis la manifestazione dei profondi problemi che le democrazie stanno affrontando oggi. Una minore affluenza alle urne suggerisce che un minor numero di cittadini considera le elezioni lo strumento principale per legittimare il controllo dei partiti politici sul processo decisionale politico. Può anche mostrare che i cittadini siano meno interessati ai partiti politici. Tuttavia, una minore partecipazione dei cittadini alle elezioni non significa necessariamente che i cittadini stiano diventando meno attivi in ​​politica. Al contrario, abbiamo assistito a un aumento di altre forme di attivismo cittadino, come le proteste di massa, i movimenti e un maggiore utilizzo dei social media come nuova piattaforma di impegno politico. Tale spostamento nei canali di partecipazione politica, dal voto per gli organi di rappresentanza tradizionali alle nuove forme di partecipazione e rappresentanza democratica, esercita una forte pressione sui governi e sul modo in cui funzionano i partiti politici tradizionali.

Tra i fattori sottostanti possiamo annoverare quelli socio-economici (come dimensione e stabilità della popolazione e sviluppo economico); i fattori politici (come vicinanza delle elezioni, percezione delle questioni politiche in gioco, le spese per la campagna elettorale e la frammentazione politica); i fattori istituzionali (come la tipologia di sistema elettorale e gli incentivi o costrizioni al voto); e infine i fattori individuali, ovvero l’età, educazione, dovere civico e interesse verso la politica. L’età è uno dei fattori più importanti che determinano l’affluenza alle urne. L’apatia dei giovani elettori, infatti, è una fonte primaria di preoccupazione in molti paesi. I risultati della ricerca “World Value Survey” condotta tra il 2010 e il 2014 mostrano differenze significative sull’affluenza alle urne tra le persone di età pari o inferiore a 25 anni e quelle di età pari o superiore a 26 anni. I giovani dunque sembrerebbero molto disinteressati nei confronti della scena politica, ma nonostante in Europa ci siano più anziani che giovani, si deve in ogni caso concludere che il trend del turnout elettorale sia in netto declino. 

Gli effetti dell’età sulle preferenze 

Il sondaggio  CISE-Sole 24 Ore sulle intenzioni di voto alle elezioni politiche del 2018 offre una dettagliata analisi del voto per classi di età. Secondo gli studi, l’età influenza tramite due canali le preferenze degli elettori. In primis c’è un “effetto generazione”, ovvero le persone di una stessa coorte sono influenzate dal periodo storico che stanno vivendo. E poi, c’è un “effetto ciclo di vita”, secondo il quale le persone cambiano il proprio comportamento alle elezioni in base al punto in cui si trovano del ciclo di vita, ad esempio gli anziani tendono ad essere più conservatori. Sotto questo aspetto, l’Italia è un prototipo interessante da analizzare. È caratterizzata da un bicameralismo perfetto ma gli elettori fino alle scorse elezioni erano  differenziati in base all’età. Al Senato gli aventi diritto dovevano aver compiuto 25 anni di età, mentre alla Camera 18 anni. Alla luce di quanto prima affermato sull’impatto dei fattori demografici sull’affluenza alle urne, in questo contesto da un lato gli anziani sembrerebbero una base elettorale stabile per i partiti tradizionali che comunque però, dovrebbero concentrarsi anche sui giovani che invece sembrerebbero quelli più propensi a cambiare idee e preferenze. 

Tale tabella mostra le intenzioni di voto per età dato ai singoli partiti nell’ambito delle elezioni del 4 marzo 2018. Dai dati si può notare che il M5S è il partito dei giovani, ma soprattutto di quelli di mezz’età. Nei giovani, poi, bisognerebbe distinguere fra coloro che sono i giovanissimi (fascia 18-24 anni) e i giovani adulti (fascia 25-34). Ad esempio dal 20,7% di questi ultimi aveva intenzione di votare per Forza Italia mentre quasi il 2% dichiarava di voler votare per CasaPound. I giovanissimi, invece, nella fascia 18-24 sembrerebbero più propensi a votare per il PD e i 5S.  Infine si può notare come il Partito Democratico sia quello più popolare fra gli anziani. La classe di età più numerosa in Italia, secondo dati Istat, è quella fra i 65-69 anni ma non ci sono dati dettagliati per quanto riguarda lo storico delle elezioni sull’astensionismo per classi di età. 

Effetti a lungo termine

I partiti dei Paesi alle prossime elezioni, come è stato temuto quest’anno in Giappone, dovrebbero principalmente puntare sui giovani che si dimostrano meno inclini ad andare alle urne se vogliono essere riconfermati. È importante che i giovani non si sentano sconnessi rispetto al sistema politico. Ad esempio, è stato affermato che una maggiore affluenza alle urne dei giovani ostacolerebbe il successo elettorale dei partiti socialmente più conservatori nel Regno Unito e porterebbe a un maggiore sostegno per i partiti progressisti come i Verdi e il Partito Nazionale Scozzese (Snp), il che da un certo punto di vista giustificherebbe la riluttanza dei partiti tradizionalisti a mirare a una maggiore affluenza giovanile. Tuttavia, come hanno dimostrato le elezioni in Turingia dove la destra radicale è stato il partito degli under 30, non è sempre così. I giovani meritano di essere presi sul serio dalle istituzioni politiche, poiché un’educazione civica inadeguata è estremamente dannosa sulla società.

Le plausibili soluzioni

I giovani sono quelli che cambiano più facilmente idea, ma sono anche quelli che meno probabilmente andranno a votare alle prossime elezioni, soprattutto dopo l’avvento della pandemia di Covid-19 che ha accentuato il disinteresse verso la politica di questi ultimi. I Paesi che hanno puntato  sull’educazione civica nelle scuole, come l’Estonia e la Finlandia, presentano un alto tasso di affluenza tra i giovani. In Inghilterra, invece, l’educazione civica è obbligatoria solo per quattro anni e il fatto che non siano legalmente specificate le ore di insegnamento porta a sottovalutarne l’importanza. Le conseguenze si possono riscontrare ad esempio nelle Elezioni Generali del 2019 che hanno visto un’affluenza alle urne di circa il 47% tra gli elettori di età compresa tra 18 e 24 anni, con un calo del 7% rispetto al 2017. 

Da un lato, dunque, possiamo osservare un crescente trend di invecchiamento della popolazione, ma nonostante ciò la partecipazione alle elezioni continua a calare al contrario di quanto si potrebbe pronosticare rendendo ancora più incerti gli scenari politici futuri. 

 

Sveva Manfredi
Nata e cresciuta a Nola, ridente cittadina in provincia di Napoli vent’anni fa. Curiosa di capire come mai la società non funzioni, ho deciso di studiare Economia e Finanza alla Bocconi. Nel tempo libero rincorro passioni, e alcune le metto anche su carta: sono quelle che, alla fine, ci rendono ogni giorno più vivi, salvando il mondo.

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