“Io i soldi non ve li do. Dovrete farmi causa. Sapete quanto dura un processo in Italia? Otto anni..”. Questa è la frase che l’ex Premier Silvio Berlusconi, a quel tempo proprietario del Milan, ha rivolto ai suoi giocatori minacciandoli di sospensione dello stipendio a seguito delle scarse prestazioni. Un semplice aneddoto che inquadra però la situazione allarmante. Processi lunghi, tempi incerti: che la giustizia civile in Italia sia lenta non è una novità. Il perché, invece, è più complesso.
Quanto è lenta veramente la giustizia civile?
Diverse indagini svolte negli ultimi decenni ci indicano come il campo civilista sia diventato più lento nel corso degli anni, con dati ancor più preoccupanti nel Meridione.
Il numero di procedimenti pendenti passa da 1 milioni e 500mila (primo e secondo grado) nel 1985, per arrivare a 3 milioni e 500mila nel 1995, e raggiungere il picco nel 2009 con circa 5 milioni e 700 mila procedimenti pendenti. Durante il corso degli anni questo trend è calato, arrivando nel 2017 a 3 milioni e 800 mila procedimenti aperti.
Ma se nei tribunali ordinari il numero di processi è sceso, il numero di quelli pendenti in Cassazione ha visto un aumento: fino a 78 mila unità nel 2016 (da 70 mila del 2013).
Le statistiche ufficiali del Ministero indicano una diminuzione nella durata dei processi verificatisi dal 2010 al 2016, passando da una media, nei processi civili, di 620 giorni a 410 giorni. Il problema è che questi dati si riferiscono solo al primo grado di giudizio, mentre i tempi si sono allungati per il terzo grado, dove i processi pendenti sono aumentati.
Se ci compariamo agli altri Paesi europei, infatti, il problema è tutt’altro che risolto. Se si sommano i 3 gradi di giudizio, secondo stime della Commissione europea per efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa (Cepej), la durata di un processo civile è di 2807 giorni, contro i 1250 della Francia, 783 della Germania e 814 della Spagna. 2807 giorni: 7 anni, 8 mesi e 12 giorni. Un’odissea giudiziaria che rende il nostro sistema un incubo per cittadini e investitori.
Perché la giustizia civile è lenta?
La lentezza descritta sopra potrebbe far pensare a poche risorse investite nell’ambito giudiziario. In realtà, secondo i dati forniti nel report del Cepej, l’Italia nel 2014 ha speso circa 8 miliardi per il settore, in linea con Germania e Francia. Se, a primo sguardo, non è la spesa in giustizia pro capite il problema del nostro sistema, che cosa allora?
In Italia si va più spesso a processo
Le analisi dell’autorità europea classificano l’Italia come terzo Paese più litigioso in Europa (dopo Belgio e Russia). La litigiosità è un indice basato sul numero di procedimenti ogni 100mila abitanti. In “La performance del sistema giudiziario italiano” Bartolomeo e Bianco sottolineano come questo grado di litigiosità si distribuisca diversamente per aree geografiche: si va dai 6 mila procedimenti civili ogni 100mila abitanti di Locri (RC) ai 1500 di Lecco (LC).
Sul perché la litigiosità sia aumentata vi sono opinioni divergenti, ma lo studio effettuato da Carmignani e Giacomelli per Banca d’italia sostiene che il progressivo aumento degli avvocati sia la sua causa principale. Il numero degli iscritti all’albo è aumentato negli ultimi trent’anni in modo vertiginoso: da 48 mila nel 1985 a circa 240 mila nel 2015 (330 ogni 100 abitanti), il triplo della media UE.
La ricerca descrive due canali principali di influenza. Il primo riguarda l’effetto sul prezzo: più avvocati vi sono, più i prezzi per i servizi legali si abbassano, e ciò potrebbe spingere un maggior ricorso a cause legali. Questo ha un riflesso sulla spesa per le procedure amministrative come bolli e iscrizioni al ruolo, le quali portano un contributo minimo nelle casse dell’erario. Il secondo canale, invece, riguarda i compensi per gli avvocati: prima del Governo presieduto da Mario Monti, gli avvocati ottenevano compensi personali che dipendevano dal numero di attività svolte. Ciò ha condotto ad un aumento progressivo di procedimenti aperti, accentuando così la lunghezza. Si arrivò ad un modifica nel 2012, consentendo una pattuizione dell’onorario tra avvocato e cliente, atto ad impedire i comportamenti dilatori.
La carenza di personale amministrativo
Un’altra criticità denunciata da magistrati ed avvocati riguarda la carenza di personale. Negli anni la giustizia italiana ha visto un lento processo di digitalizzazione, soprattutto nella trasmissione di dati. Questo processo, però, non è stato seguito da un aumento di personale qualificato o di formazione per gestire questa transizione.
Non solo, la carenza di una figura chiave per i giudici come gli assistenti giudiziari ha influito sul rallentamento dell’intero sistema. Al tribunale di Milano, su 736 unità previste in organico, ne risultano in servizio 574, lasciando scoperto circa il 22,2 %. Le carenze maggiori si hanno tra i funzionari (35 %) e i cancellieri esperti (38.5%). Nella Corte d’Appello di Venezia, su 129 unità previste in organico, la scopertura è pari al 32.5%. Situazioni simili si riscontrano anche nei tribunali di Padova, Roma, Napoli.
Manca una catena di elaborazione delle pratiche fluida, quindi. Con il grosso del lavoro che ricade sulle spalle dei magistrati. Citando la produttività dei giudici, il dibattito è ancora molto aperto: il magistrato Davigo sostiene che i giudici italiani siano i più produttivi d’Europa, riportando il numero di procedimenti di primo grado conclusi per magistrato. Altri invece sostengono l’inattendibilità di questi numeri, adducendo ai sistemi giuridici diversi tra i vari Stati.
Cosa si è fatto
Negli anni sono state portate avanti manovre volte a migliorare le carenze croniche del settore.
Le azioni di Mario Barbuto, già Presidente del tribunale di Torino e della Corte d’Appello della stessa città, sono state un importante passo avanti. Il magistrato ha deciso di procedere prima con le cause più vecchie, smaltendo così l’arretrato. Inoltre, ha stabilito di etichettare le cause per anno: un colore diverso per per ogni fascicolo, facilitando così il riconoscimento e l’ordine con cui trattare i casi. Una soluzione semplice e a costo zero che negli anni ha reso il tribunale di Torino uno dei più efficienti d’Italia.
Un’altra proposta avanzata da avvocati e magistrati è stata quella di ridurre la possibilità di ricorso alla Cassazione, limitandola solo a casi particolari. Non solo: l’introduzione di strumenti alternativi per risolvere le controversie, tra cui la mediazione civile nel (2010) e della negoziazione assistita (2014), ha permesso alle parti di cooperare in buona fede per risolvere le dispute senza andare in tribunale.
Infine, come fa notare Carlo Cottarelli nel suo libro “ I 7 peccati capitali dell’economia italiana”, la chiusura dei cosiddetti “tribunalini” ha portato a sfruttare i vantaggi di operare su scala maggiore, andando a rendere più difficoltoso l’accesso ai palazzi di giustizia, riducendo la domanda.
I miglioramenti fatti negli ultimi anni lanciano sicuramente segnali positivi. L’esempio del Giudice Barbuto è fondamentale: anche le manovre a “costo zero” possono avere degli impatti molto positivi. Ma i tempi ancora troppo incerti e lunghi minano la credibilità di un Paese in un settore cruciale. Un problema che si riassume in una nota frase del filosofo francese Montesquieu : “Una giustizia ritardata è una giustizia negata”.
*crediti foto : Tingey Injury Law Firm, via Unsplash