La teoria del cigno nero di Nassim Taleb
Nassim Taleb, statistico libanese, ha pubblicato nel 2007 il suo saggio best seller “Il cigno nero”, in cui esprime la sua omonima teoria sugli eventi. Un cigno nero, per essere scientificamente definito tale, è un evento raro, imprevedibile, inaspettato con un impatto dirompente sulla storia. L’osservatore è in grado di metabolizzarne gli effetti solo a posteriori. La teoria del cigno nero cambia il modo di pensare e di affrontare gli eventi della vita ed è tornata in voga negli ultimi mesi segnati dalla pandemia.
Di recente, lo stesso Taleb ha ammonito i giornalisti affermando che la pandemia di Covid-19 non può essere annoverata come un cigno nero. Manca di una caratteristica imprescindibile: l’imprevedibilità. Erano tanti, infatti, gli epidemiologi che da anni avvertivano che si sarebbe diffusa una pandemia globale. I governi nazionali sono stati un’esemplificazione perfetta del bias cognitivo che caratterizza la mente umana, realizzando la gravità e pericolosità del virus solo ex-post con conseguenze che erano impensabili, ad esempio, nel mese di gennaio. Se quello tra coronavirus e cigno nero è un paragone inesatto, quali sono allora i più noti cigni neri degli ultimi trent’anni?
Il terremoto del 1999 a Taiwan e il mercato dei personal computers
Nel 1999 un terremoto non scosse solo l’isola di Taiwan ma anche l’industria globale dei semiconduttori. Qui, infatti, nel Hsinchu Science Park, la Silicon Valley di Taiwan, si concentra il 5% della produzione globale di microchip, classificandosi come quarto produttore per importanza a livello mondiale. L’impatto fu immediato sui mercati: quell’anno aumentarono vertiginosamente i prezzi dei microchip e dei personal computers. Il persistente blackout durante il sisma bloccò molte fasi della produzione e una quantità ingente di stock ne uscì danneggiata e inutilizzabile. Diffusasi la notizia, le compagnie high-tech dell’epoca incrementarono subito la domanda di microchip per non rimanerne sprovviste. L’India, ad esempio, dove la componentistica per la produzione di Pc era importata soprattutto dalla Corea del Sud e da Taiwan, all’inizio del 1999 registrava un trend decrescente nei prezzi dei computer. Trend che si è fermato con l’avvento di questo cigno nero.
La bolla delle dot-com
A metà degli anni ‘90 iniziò a formarsi una bolla speculativa legata alle industrie della new economy, cioè aziende che stavano sfondando nel settore delle nuove tecnologie informatiche. A quei tempi si stavano costruendo le basi di quello che sarebbe diventato un florido mercato, ma l’eccessiva fiducia degli investitori causò un aumento rapido del prezzo degli stock delle aziende legate al settore Internet. La bolla scoppiò il 10 marzo 2000, dopo flussi di vendite di titoli elevatissimi. Quel giorno infatti l’indice Nasdaq, che aveva raggiunto per la prima volta quota 1.000 punti nel 1995, chiuse in borsa con ben 5.048 punti. Ma in tre giorni perse circa il 9%, mentre le aziende coinvolte, che avevano raggiunto quotazioni enormemente gonfiate, persero più del 90% del loro valore. Inevitabile il fallimento di molte di esse.
Gli effetti dell’11 settembre sul settore aereo
L’11 Settembre 2001 quattro aerei furono dirottati dall’organizzazione terroristica al Qaeda, all’epoca guidata da Bin Laden. Due di essi si schiantarono contro le Torri Gemelle del World Trade Center di New York, uno contro il Pentagono, dove risiede il comando militare degli Stati Uniti, e uno, invece, precipitò in Pennsylvania. Le vittime furono 2.083 e da quel giorno le abitudini delle società occidentali mutarono irreversibilmente. Ma nell’immediato l’attacco alle Torri Gemelle danneggiò anche il settore aereo su scala mondiale. Dilagò la paura di volare e si registrò un crollo del traffico aereo del 20%. Nonostante gli aiuti del governo statunitense, finalizzati a sostenere questo mercato, le perdite del settore aereo a stelle e strisce furono stimate pari a 19,6 miliardi di dollari fra il 2001 e il 2002. Non solo, le autorità statunitensi optarono per tenere chiusa la Borsa di New York per paura di repentine vendite di titoli su larga scala. Quando riaprì il lunedì seguente, 17 settembre 2001, Wall Street registrò un crollo del 30%.
L’uragano Katrina e il settore energetico
Il 23 Agosto 2005 al largo delle Bahamas si formò un uragano che in cinque giorni raggiunse il picco massimo della sua intensità. Gli stati colpiti furono soprattutto la Florida, il Mississippi e la Louisiana. In poco tempo morirono più di 1.800 persone e i danni stimati ammontarono a circa 108 miliardi di dollari. I più importanti pozzi petroliferi, che fornivano il 30% del fabbisogno nazionale, erano localizzati nel Golfo del Messico. In quell’anno si registrò una crisi del settore energetico a causa degli ingenti danni subiti agli stabilimenti e il prezzo del petrolio arrivò a 70 dollari al barile.
Black Monday cinese
Lunedì 24 Agosto 2015, le borse di Shanghai chiusero con un crollo dell’8,5% azzerando tutti i guadagni ottenuti dall’inizio dell’anno. Nelle settimane successive il mercato azionario cinese perse fino al 30% del suo valore. Pochi giorni prima, il ribasso del prezzo del petrolio aveva portato a un abbassamento del tasso di interesse sui prestiti. Risultato: un’eccessiva speculazione da parte delle società cinesi. Il governo di Pechino quindi fu costretto a svalutare lo yuan, ma così facendo alimentò il panico degli investitori sullo stato dell’economia cinese.
Tutti questi eventi erano impensabili a priori e gli impatti che si sono ripercossi sull’economia reale hanno segnato irrimediabilmente la vita delle società da oriente a occidente. L’esistenza umana è governata dall’improbabile, l’importante è cercare di esserne consapevoli per reagire all’impatto in modo resiliente e limitare i danni. Purtroppo i cigni neri continueranno a costellare gli incubi di ognuno di noi, ma è inutile angosciarsi: non si possono prevedere.