Dove nasce il debito pubblico
Partiamo dal principio. La pubblica amministrazione (lo Stato) svolge quotidianamente delle funzioni che sono nell’interesse di tutti. Tra gli altri, fornisce servizi di pubblica istruzione, sanitari, di trasporto, di ordine pubblico, paga la pensione a chi non lavora più e costruisce infrastrutture pubbliche. Tutte queste attività hanno dei costi di produzione, che vengono coperti dalle tasse che paghiamo ogni anno. Ma dove nasce il debito pubblico?
Immaginiamo che la pubblica amministrazione abbia intenzione di costruire un nuovo ospedale: l’ospedale però costa 1000, e al Ministero dell’Economia fanno sapere che quei soldi non ci sono, perché ogni anno riescono a raccogliere solo 100 con le tasse pagate dai cittadini, e tutti quei soldi vengono già spesi per erogare i servizi di tutti i giorni. Lo Stato allora decide di chiedere i 1000 in prestito, promettendo di restituirli in futuro a chi glieli ha concessi.
È a questo punto che diventa spontaneo farsi alcune domande: che cosa comporta, per tutti noi, un’operazione economica di questo tipo? Chi presta i soldi all’Italia e come? Ma soprattutto, a quanto ammonta oggi il debito pubblico italiano?
Cosa comporta l’indebitamento pubblico
Torniamo all’esempio dell’ospedale. Abbiamo detto che, essendo un prestito, quei soldi verranno restituiti. Questo significa che lo Stato dovrà risparmiare un po’ di risorse ogni anno per mettere insieme la somma da rimborsare. Ipotizzando allora una restituzione completa del denaro preso in prestito, negli anni a venire i cittadini assisteranno a un aumento delle tasse o a una diminuzione dei servizi pubblici a fronte di un’eguale tassazione. In questo modo lo stato potrà mettere da parte le risorse per rimborsare il debito di 1000. Così descritto l’indebitamento può essere visto come uno strumento per spalmare i costi di un investimento pubblico nel tempo e tra le generazioni. Parte delle tasse prelevate in futuro dal reddito dei nostri figli saranno utilizzate anche per rimborsare il debito contratto oggi per costruire l’ospedale.
Come mostrato dall’esempio precedente, l’indebitamento può rivelarsi uno strumento molto utile se il denaro si spende nell’interesse di tutti, e se il debito in sé viene gestito in modo responsabile. La realtà però è molto più complicata di così. Per cominciare il denaro in prestito non è gratis e ci saranno sicuramente degli interessi da pagare (una percentuale per ogni euro preso in prestito). In questo modo alla somma del debito dovremo sempre aggiungere il costo del servizio, comunemente chiamato costo del debito pubblico. In secondo luogo l’esempio appena fatto è quello di un’economia statica, mentre in realtà l’economia nazionale potrebbe crescere (o decrescere). Un’economia in crescita porterebbe un aumento delle entrate fiscali per lo Stato senza il bisogno di ricorrere ad un aumento delle tasse.
La sostenibilità del debito
La sostenibilità di tutto ciò dipende inoltre da come si spendono le nuove risorse chieste in prestito. Un caso è quello in cui vengono utilizzate per una spesa straordinaria (come un ospedale), che è determinata e che si paga una volta sola; un altro, ad esempio, è un aumento delle pensioni, che diventa una spesa “strutturale”, cioè da rifinanziare ogni anno tutti gli anni. Il problema non è la spesa in sé, ma il modo in cui viene finanziata. Ha senso indebitarsi per comprare una casa, sembra invece meno ragionevole farlo ogni volta che si va a fare la spesa quando con il nostro stipendio non riusciamo a coprire le spese ordinarie.
Va poi specificato che in concreto la restituzione del debito pubblico viene quasi sempre finanziata con l’emissione di nuovo debito, quindi ogni mese il governo chiede in prestito nuovo denaro che utilizza per rimborsare i debiti in scadenza da restituire. Questo non accade solo in Italia, ma in tutti i Paesi del mondo. In linea teorica, è sufficiente che ci sia sempre qualcuno disposto ad acquistare le nuove emissioni italiane per far sì che l’indebitamento rimanga finanziariamente sostenibile e che non si presentino problemi di solvibilità (ovvero, di pagamento dei debiti).
Chi detiene il debito pubblico italiano
In situazioni ordinarie il Ministero dell’Economia e delle Finanze, attraverso il Dipartimento del Tesoro, si finanzia emettendo titoli del debito pubblico nel mercato obbligazionario. Quando sentiamo parlare di “chiedere soldi all’Europa” stiamo ascoltando più uno slogan politico che una descrizione della realtà, non sono le istituzioni europee a sottoscrivere il nostro debito: lo Stato italiano ogni mese emette nuovo debito spacchettandolo in titoli di stato, che vengono messi all’asta e venduti a chiunque si mostri disponibile a comprarli. Nel 2019 sono stati emessi complessivamente titoli per 402 miliardi di euro, divisi in circa cinquanta aste, ognuna con al suo interno differenti compratori. Chiunque può detenere il debito pubblico italiano (e cioè prestare soldi allo Stato): banche, cittadini privati, aziende e anche altri Stati sono tutti esempi di creditori che possono partecipare alle aste o acquistare i titoli successivamente nei mercati finanziari.
Il rapporto con i creditori e il fallimento
Se il governo si dimostra un debitore affidabile che gestisce saggiamente le risorse pubbliche nessuno si farà problemi a comprare i nostri titoli ogni mese. Al contrario, se i nostri creditori cominciassero a pensare che in futuro il nostro Paese potrebbe trovarsi in difficoltà nel ripagare i propri debiti, potremmo trovarci di fronte a un aumento dei tassi di interesse (il costo del debito, pagato con le tasse) e, nello scenario più disastroso di tutti, al default finanziario, cioè quello che per le aziende porta al fallimento (nel 2011 ci siamo andati vicini).
Il fallimento di uno Stato avviene con l’annuncio che parte del debito contratto non verrà ripagato. Si tratta di un evento gravissimo e possiamo facilmente prevedere che un Paese che annuncia il default farà molta difficoltà a trovare di nuovo qualcuno disposto a prestargli denaro a un costo ragionevole. L’opinione che hanno del nostro Paese le persone che comprano i nostri titoli è molto importante, anche per questo demonizzare i mercati finanziari e scaricare le colpe su di loro quando lo spread sale non può che essere controproducente e soprattutto dannoso per le nostre finanze.
🚀 Uno studio della @NASA ha dimostrato che il Saturn V, il razzo che mandò l’uomo sulla Luna, aveva una forza di propulsione pari alla metà di quella del #debitopubblico italiano!
😉 Come dimostrato da questo breve video esplicativo!
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— Orizzonti Politici (@OrizzontiPo) June 23, 2020
A quanto ammonta i debito pubblico italiano
Il 1° febbraio 2019 il debito italiano ammontava al 131% circa del Pil, ben più di 2.000 miliardi di euro. Ha poco senso parlarne in termini assoluti, ha più senso invece osservarlo rispetto al reddito nazionale, e cioè rispetto alla ricchezza prodotta ogni anno dal nostro Paese, la quale può essere vista dai nostri creditori come un indice di quante risorse siamo capaci di produrre, in vista della restituzione del denaro preso in prestito.
Cosa ci dice il fatto che gli esperti osservano il debito in rapporto al Pil? Ci dice che una recessione economica (un calo del pil) farebbe aumentare il rapporto debito-Pil, portando ansia e malumore tra i nostri creditori. Una crisi economica può potenzialmente innescare una crisi del debito pubblico, specialmente se questo è già molto grande e difficile da gestire. Il tutto in un momento in cui il governo non può permettersi di risparmiare, a causa del drastico aumento di persone in difficoltà che solitamente si porta dietro una crisi economica.
Un debito molto grande ci pone inevitabilmente in una situazione rischiosa, dove uno shock economico può velocemente trasformarsi in un disastro finanziario, e dove le nostre scelte politiche vengono, per forza di cose, passate al vaglio dai nostri creditori.