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Ricostruzione ucraina: il ruolo dell’Europa

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Dopo nove mesi dall’inizio dell’invasione russa e di eroica resistenza degli ucraini, gran parte dell’Ucraina è in rovina. Alcuni esperti stimano che il costo della ricostruzione ucraina, le cui infrastrutture energetiche sono state danneggiate o distrutte dai recenti attacchi missilistici, si aggiri attorno ai mille miliardi di dollari, una cifra che non può che aumentare nel caso di combattimenti nella regione altamente urbanizzata del Donbass o di una nuova offensiva russa.

Sebbene la fine della guerra non sia assolutamente in vista, è comunque giusto pensare fin da ora alla ricostruzione, cosicché si possa intervenire non appena essa si concluderà. Ciò è particolarmente vero per l’UE, date le promesse che sono state fatte a Kyiv di sostenere il suo ingresso nell’Unione.

Chi pagherà per ricostruzione ucraina?

L’Ucraina, il cui PIL potrebbe essersi dimezzato nel 2022, non sarà in grado di finanziare la sua ricostruzione. A prima vista, la soluzione moralmente più giusta sarebbe che la Russia pagasse per la devastazione che la sua invasione ha scatenato. Però, dal momento che l’esito della guerra rimane un’incognita, non è detto che sia possibile imporre a Mosca questa soluzione. Alcuni leader europei e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky hanno proposto di sequestrare e utilizzare i beni congelati della Banca centrale russa e degli oligarchi sanzionati. Tuttavia, l’amministrazione Biden ha espresso delle riserve poiché si tratterebbe di una manovra legalmente molta complessa che potrebbe avere serie conseguenze sulla fiducia internazionale nel dollaro e farebbe venir meno una merce di scambio utilizzabile durante i negoziati di pace. Inoltre, il valore dei beni sequestrati ammonta a “solo” $300 miliardi, meno della metà dei costi previsti. 

L’Ucraina è però fiduciosa che l’Occidente non solo continuerà a sostenerla militarmente ed economicamente fino al termine del conflitto, ma che l’aiuterà anche a coprire i costi postbellici. Non è però detto che l’Europa e gli Stati Uniti saranno disposti a coprire tutti i costi della ricostruzione dato che anche l’invio di aiuti sta incontrando una notevole opposizione interna. Considerando che nei primi otto mesi dall’inizio della guerra questi “controversi” aiuti umanitari, militari ed economici sono stati pari a circa $100 miliardi, una spesa dieci volte superiore incontrerebbe sicuramente una forte opposizione, specialmente nel contesto di una crisi economica ed energetica globale. Particolarmente cruciale è l’appoggio degli Stati Uniti, come è evidenziato dal fatto che essi sono stati la meta del primo viaggio all’estero di Zelensky dall’inizio del conflitto e che Washington ha appena approvato un nuovo consistente pacchetto di aiuti ($45 miliardi). Però se ricordiamo quanto è accaduto con l’Iraq e l’Afghanistan, è lecito dubitare se questa generosità durerà anche dopo la fine del conflitto quando non ci sarà più una Russia da sconfiggere e non si tratterà più di finanziare l’industria bellica statunitense. Inoltre, una vittoria elettorale del Partito repubblicano potrebbe lasciare Kyiv in alto mare, poiché un numero crescente di legislatori repubblicani sta votando contro l’invio di aiuti.

Il piano di ricostruzione ucraina e il ruolo dell’UE 

Nonostante i combattimenti siano ancora in corso e vi sia qualche incertezza sull’effettiva consegna dei finanziamenti promessi, Kyiv ha già stilato un piano di ricostruzione nazionale da $750 miliardi. Il piano è stato presentato in una conferenza di donatori tenutasi a Lugano a luglio e in un summit G7 a Berlino in ottobre. Tuttavia, in entrambi i casi non ci sono stati risultati concreti poiché i donatori erano impreparati in quanto colti di sorpresa. Inoltre, c’era poca coordinazione tra i potenziali donatori, coordinazione resa particolarmente difficile dalla presenza allo stesso tavolo di stati, organizzazioni internazionali e privati.

In questo contesto, l’UE potrebbe svolgere un fondamentale ruolo di leadership nella gestione e implementazione del piano di ricostruzione. Secondo l’economista Megan Greene, Bruxelles non dovrebbe però mirare a dirigere l’aspetto finanziario poiché sta già incontrando seri problemi a inviare i €9 miliardi che ha promesso a Kyiv per il 2022 e ad approvare un pacchetto di €18 miliardi per il 2023. Inoltre, i finanziamenti europei non adottano un modello da seguire, dato che si tratta, nella maggioranza dei casi, di prestiti che potrebbero mettere l’Ucraina a rischio di una crisi di debito. L’Europa dovrebbe invece, come suggerito dal Centre for Economic Policy Research, istituire un’agenzia indipendente incaricata di collegare i finanziamenti ai progetti e monitorare la loro corretta implementazione. Questa soluzione è particolarmente auspicabile dato che, in vista di una futura adesione all’UE, il piano ucraino prevede che la ricostruzione sia fatta in linea con gli standard europei. 

Corruzione, Cina e ‘capitalismo dei disastri’

L’Ucraina è uno dei paesi più corrotti d’Europa (il terzo secondo il Corruption Perception Index di Transparency International). È pertanto fondamentale che l’UE aiuti gli ucraini nella lotta alla corruzione monitorando l’implementazione dei progetti, sostenendo la società civile e, se necessario, rendendo gli aiuti condizionati. Minimizzare la corruzione deve essere un obbiettivo prioritario poiché sarà sicuramente un requisito per qualsiasi futura integrazione al progetto europeo e aiuterebbe anche a evitare scandali che danneggerebbero la fiducia dei donatori in Kyiv.

Un altro problema è che buona parte della ricostruzione sarà sicuramente affidata a imprese cinesi non solo per il forte legame commerciale ed economico che lega Pechino e Kyiv, ma soprattutto per la loro riconosciuta capacità di costruire rapidamente infrastrutture di qualità a basso costo (se monitorate e regolate bene). Ricordiamo che lo stesso Zelensky si è augurato che la Cina contribuisca alla ricostruzione del suo Paese, evitando di criticare la posizione ambigua di Pechino sul conflitto. Nonostante tutti concordino sul fatto che la ricostruzione debba rispondere agli interessi degli ucraini, il fatto che investimenti occidentali finanzino aziende di Stato cinesi sarà sicuramente politicamente problematico, specialmente per Washington.

Una volta ricostruite le infrastrutture, il piano ucraino punta a creare condizioni favorevoli agli investimenti privati. Già adesso Kyiv sta sfruttando la legge marziale per “liberalizzare” il mercato del lavoro e privatizzare la proprietà pubblica. Ciò può causare instabilità sociale danneggiando una vera ripresa economica sostenibile e scoraggiando il ritorno dei milioni di rifugiati ucraini all’estero (fondamentali, ma non sufficienti per contrastare la rapida decrescita demografica dell’Ucraina). Una strategia simile fu applicata da Washington per la ricostruzione dell’Iraq, definita da Naomi Kleincapitalismo dei disastri.” Sfruttando il caos della guerra, vennero privatizzate e smantellate le imprese di Stato, lasciando milioni di iracheni senza lavoro in un Paese devastato. Ciò portò a disuguaglianza, corruzione, radicalizzazione e instabilità che resero l’Iraq molto meno attraente agli investimenti privati, come inizialmente auspicato.

Infine, il problema principale che pende sopra il piano di ricostruzione come una Spada di Damocle è la sicurezza dell’Ucraina. Ora come ora non sappiamo se la guerra si risolverà con una pace definitiva, un armistizio tenue, o un conflitto a bassa intensità. Tuttavia, è irrealistico pensare di attrarre aziende private o ricostruire infrastrutture se continueranno le ostilità o rimarrà il rischio di una nuova invasione. Anche se fornire sistemi di difesa aerea agli ucraini può contribuire a limitare i danni, la vera soluzione che l’UE deve favorire è una pace permanente tra Russia e Ucraina. 

Come andrà a finire? 

L’UE può svolgere un ruolo decisivo nello sforzo per ricostruire l’Ucraina: dal finanziamento all’implementazione e alla realizzazione di una pace giusta e duratura. Tuttavia, ciò richiederà una forte coesione tra i paesi della UE. Purtroppo, si notano già notevoli divergenze: da un lato, gli Stati centro-orientali più “massimalisti” e, dall’altro, la Francia e la Germania tendenzialmente favorevoli a una futura normalizzazione dei rapporti con la Russia. Inoltre, è difficile essere ottimisti ricordando i fallimentari tentativi dell’Occidente di ricostruire l’Iraq e l’Afghanistan. Nonostante ciò, la UE deve fare tutto il possibile non solo per evitare i pericoli che deriverebbero dal confinare con uno stato instabile, impoverito e pieno di armi, ma soprattutto per aiutare i milioni di ucraini colpiti da questa guerra ingiusta a ricominciare la loro vita.

Leonardo Bruni
Sino-bolognese, in giro per il mondo dal ‘99. Studente del Doppio Master Sciences Po-Università di Pechino in Relazioni Internazionali e laureato con lode in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna. Interessato nelle relazioni China-UE, la cooperazione per lo sviluppo e la regione del Mediterraneo allargato.

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