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I dilemmi dell’Europa di fronte alla crisi energetica

Tempo di lettura stimato: 5 min.

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La situazione geopolitica dopo l’invasione dell’Ucraina, insieme alle difficoltà legate al post-pandemia, rischia di mettere l’Europa in ginocchio davanti alla crisi energetica. In che modo ha reagito la Commissione europea? 

 

I prezzi del gas hanno iniziato a crescere dalla seconda metà del 2021, e, tra un picco e l’altro, si mantengono ancora alti. Inizialmente, il principale fattore era la crescita della domanda di energia nel momento in cui tanti paesi riemergevano dalla pandemia di Covid-19. Le importazioni di gas in Europa non stavano al passo con il crescente bisogno di una produzione affamata, con l’inevitabile conseguenza di sollevare i prezzi. Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio 2022 la situazione è ancora peggiorata. Il Cremlino continua a servirsi dell’energia come arma politica contro l’Unione europea, sfruttando la dipendenza dell’Europa dalle voluminose esportazioni di gas russo.  

Chi decide i prezzi?

Il gas rappresenta il 24% del consumo totale interno di energia in Europa. La più grande minaccia alla stabilità dei prezzi del gas, e quindi dell’energia, è l’incertezza. In Europa, il prezzo del gas è determinato dal Title Transfer Facility (TTF) dei Paesi Bassi, un mercato virtuale dove la compravendita segue le regole di domanda e offerta, e che funge da benchmark per gli altri mercati del continente. Creato nel 2003, dopo la liberalizzazione del mercato energetico degli anni ‘90, l’hub olandese permette a produttori nazionali e internazionali, aziende di stoccaggio, distributori e altri operatori dell’industria del gas di incontrarsi e commerciare. Funzionando come una “borsa del gas”, il TTF è soggetto ai duri colpi della speculazione, di cui Putin si serve creando incertezza e facendo aumentare i prezzi. La minaccia di un taglio o della chiusura delle forniture russe è sufficiente a fare arrivare i prezzi alle stelle, come è accaduto in estate. Ad oggi il picco più alto è stato raggiunto il 26 agosto, quando il TTF ha chiuso a 339 /megawattora, un numero esorbitante se comparato ai 27 /megawattora di un anno prima.

La Commissione interviene

Dato che le difficoltà sono comuni a tutti i Paesi Membri, viene spontaneo chiedersi come si stia muovendo la Commissione europea.

In tempi normali, ogni paese può decidere il mix energetico che preferisce, all’interno delle regole interne del mercato energetico dell’Unione europea. È sempre più importante che le ambizioni climatiche dell’UE siano tenute in considerazione.

L’impennata dei prezzi nel 2021 ha sollevato preoccupazione per il suo effetto negativo sui consumatori, soprattutto quelli più vulnerabili. Per chiarire quali fossero gli strumenti a disposizione per un’azione coordinata tra stati, quando ancora i prezzi alti erano causati da eccessiva domanda, la Commissione ha pubblicato la Comunicazione “Tackling rising energy prices: a toolbox for action and support”. Tra le misure proposte allora, le più quotate erano misure di sostegno alle famiglie in difficoltà, sotto forma di pagamenti forfettari per non eliminare l’incentivo alla riduzione di energia, riduzioni delle tasse energetiche in maniera mirata, aiuti di stato alle industrie per permettere di navigare la crisi.

Il ricatto di Putin

Lo scoppio della guerra in Ucraina ha profondamente cambiato lo scenario e accentuato la tensione del mercato energetico. Per diversi anni la Russia è stato il principale fornitore di gas dell’UE. L’anno scorso, l’Unione ha fatto affidamento sulla Russia per più del 40 % del fabbisogno di gas, ovvero il 10% della sua richiesta di energia totale. A giugno 2022, il flusso di gas dalla Russia era il 30% in meno della media 2016-2021. Per diversi paesi, tra cui Italia, Germania, Austria, Paesi Bassi, le forniture sono state diminuite, per altri, come Polonia, Bulgaria, Finlandia, addirittura interrotte. Da metà giugno 2022, il flusso attraverso il Nord Stream 1, una delle maggiori vie di import del gas, è stato tagliato del 60%.

La Commissione ha reagito, proponendo l’8 marzo il piano REPowerEU, approvato dai leader dell’UE nella Dichiarazione di Versailles. L’obiettivo? “Eliminare la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di energia dalla Russia”. Un’ambizione non da poco, da raggiungere attraverso una serie di azioni per risparmiare energia, diversificare i fornitori, sostituire velocemente i combustibili fossili per accelerare la transizione verde, combinare investimenti e riforme in modo efficace.

REPowerEU ma non solo

Insieme a REPowerEU, e all’interno dei suoi obiettivi, la Commissione si è mossa su due livelli paralleli e connessi, per garantire la disponibilità di gas e ridurne i prezzi. Con una serie di comunicazioni ha proposto delle idee per un’azione collettiva per assicurare forniture di gas a un prezzo ragionevole per cittadini e aziende. Oltre a imporre agli Stati Membri di riempire le strutture di stoccaggio al più presto, ha emanato delle regole per ridurre in modo coordinato la domanda di gas. La Comunicazione “Save energy for a safe winter” proponeva a luglio di anticipare la riduzione di domanda prima della stagione fredda lavorando su alcuni settori. Il piano di riduzione del 15% della domanda si ergeva su tre pilastri: sostituzione, solidarietà tra Stati Membri e risparmio, volontario, ma, se necessario, affidato alle autorità nazionali.

Con un intervento di emergenza sul mercato, a settembre la Commissione ha proposto un nuovo regolamento per affrontare il prezzo delle bollette dopo i picchi di agosto. Questa includeva ancora misure per ridurre la domanda, ma soprattutto suggeriva un tetto massimo ai ricavi dei cosiddetti produttori “inframarginali” di energia, ovvero quelli che usano tecnologie meno costose, come le rinnovabili o il nucleare. I ricavi di questi produttori non possono superare i 180/megawattora. 

Inoltre, un contributo di solidarietà obbligatorio alle imprese nei settori di petrolio greggio, gas, carbone e dalle raffinerie permetterebbe di reindirizzare i profitti in eccesso alle famiglie e alle imprese colpite dalle pesanti bollette. 

Gli sviluppi recenti

Le ultime proposte della Commissione prevedono un programma per acquistare il gas in modo congiunto, il cosiddetto “joint gas purchasing”, aggregando la domanda degli Stati Membri per usare il potere d’acquisto collettivo e negoziare prezzi migliori. Un tetto dinamico al TTF, inoltre, permetterebbe di evitare che vengano raggiunti prezzi estremi, imponendo una soglia (modificabile) oltre la quale le transazioni sono bloccate. 

La misura apre un varco verso l’introduzione di un tetto al gas vero e proprio, su cui gli stati membri faticano a trovare un accordo dopo settimane di dibattito. Più di 15 paesi, tra cui Italia, Francia, Polonia e Belgio propongono il tetto al prezzo ma dissentono su come attuarlo. Dall’altra, Germania e Paesi Bassi temono che il tetto potrebbe causare problemi ad attrarre forniture dai mercati globali nel caso in cui i rifornimenti russi scarseggiassero in inverno.

 

L’obiettivo della Commissione resta quello di fronteggiare la crisi energetica e mitigare gli effetti del ricatto russo, mantenendo saldo il timone della transizione verde. L’efficienza energetica gioca un ruolo fondamentale: una progressiva riduzione del consumo di energia in tutti i settori è necessaria per la transizione. A tal proposito, il piano REPowerEU propone di alzare il target ambizioso della Commissione e ridurre il consumo di energia del 13% (invece che del 9%) entro il 2030. Investire nell’efficienza energetica, anche in un momento difficile come quello attuale, è il modo più conveniente per risparmiare energia e ridurre le bollette.

[crediti foto in copertina: WiR_Pixs, via Picsabay]

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