L’ambiguità della Cina
Fin dai primi giorni della guerra, la Repubblica Popolare Cinese ha mantenuto una posizione ambigua, dovuta alla peculiarità dei suoi legami a doppio filo tra Russia e Occidente. Infatti, se da un lato – ormai da diversi anni – si sta compattando un asse sino-russo in funzione antiamericana, in cui risalta la posizione di Mosca come junior partner rispetto a Pechino, dall’altro l’economia cinese è profondamente interconnessa sia con quella europea che con quella statunitense.
Si consideri l’asse sino-russo. Il 4 febbraio 2022, data di inizio delle Olimpiadi invernali di Pechino, veniva pubblicato un comunicato congiunto tra Repubblica Popolare Cinese e Federazione Russa in cui erano ribaditi alcuni punti comuni condivisi dai Governi, che sono utili ad evidenziare le basi dell’intesa tra Mosca e Pechino. Tra questi, ad esempio, veniva ribadito che la democrazia fosse un valore universale, ma che ogni collettività avesse la “propria via” ad essa, mentre invece certi Stati – da leggere: i Paesi Occidentali – cercano di imporre i propri “standard democratici” agli altri. Più avanti, veniva richiamato il principio di autodeterminazione dei popoli per condannare l’uso della tutela dei diritti umani come strumento di pressione politica – in un contesto in cui sia Mosca che Pechino avevano ricevuto pesanti critiche, rispettivamente, per il caso Navalny, e per le violazioni nello Xinjiang ai danni delle popolazioni uigure e la soppressione delle libertà fondamentali a Hong Kong. Inoltre, è significativo – ed indicativo dei rapporti di forza nell’asse – il fatto che la Russia riaffermi, nel documento, il supporto al One-China principle, citando espressamente Taiwan, ma non vengano fatti riferimenti all’Ucraina, nonostante da mesi soffiassero venti di guerra al confine.
Le ragioni del comportamento della Cina
In realtà, l’ambiguità del comportamento cinese riflette la posizione sconveniente in cui si troverebbe la Cina nel caso di un conflitto duraturo in Ucraina. Infatti, pur avendo finora evitato la condanna diretta dell’invasione, è difficile sostenere che Pechino la appoggiasse: il prolungamento della guerra spingerebbe la Russia a dover ripiegare sempre più sulla Cina per far fronte al blocco occidentale, sia sul piano economico che militare-diplomatico, rendendo sempre più difficile sostenere la posizione ufficiale “equidistante” tenuta dal Governo cinese. Sebbene il progressivo isolamento della Russia (con la conseguente dipendenza da Pechino) possa, sotto certi aspetti, avere delle ricadute positive per la Cina (tramite, ad esempio, l’approvvigionamento a prezzi calmierati di materie prime e terre rare, o una maggiore cooperazione nell’utilizzo delle Rotte Artiche russe, essenziali vie “alternative” del commercio cinese), schierarsi apertamente con il Cremlino porterebbe con sé il rischio di sanzioni occidentali, che la Cina sta cercando di evitare, perché pesantemente dipendente dalle esportazioni verso Unione Europea e Stati Uniti. A questo si aggiunge che gli Stati Uniti controllano, direttamente o indirettamente, attraverso i propri alleati, i maggiori choke points attraverso cui passano le rotte commerciali cinesi e l’approvvigionamento di materie prime ed energia – uno su tutti, lo Stretto di Malacca – e nel caso di un’escalation delle ostilità, rimarrebbe il rischio di uno sbarramento al passaggio delle navi commerciali cinesi, elemento che esercita notevole pressione su Pechino.
Va infine considerata la questione di Taiwan. Sebbene i due scenari abbiano in comune la presenza ingombrante di un vicino ostile, esistono delle sostanziali differenze. In primo luogo, nella narrazione cinese, Taiwan non ha propria sovranità, ma sarebbe una provincia ribelle. Questo, ai sensi del diritto internazionale, renderebbe “legittimo” un intervento militare di (ri)conquista che, al contrario, non sarebbe stata possibile in Ucraina, trattandosi di uno Stato sovrano. Inoltre, Taiwan rappresenta un elemento cruciale nella strategia statunitense di contenimento della Cina nell’Asia-Pacifico, più di quanto lo fosse l’Ucraina nel contenimento della Russia: pertanto, è probabile che le forze americane rispondano diversamente alla potenziale minaccia di un’invasione cinese dell’isola rispetto a quanto fatto in Ucraina. A questo, poi, si aggiungono i motivi elencati sopra, che rimangono validi anche nel caso di un attacco cinese all’isola, e non va dimenticato, infine, che data la situazione attuale, aprire un altro fronte renderebbe di fatto il conflitto “mondiale”: uno scenario che, visto il potenziale distruttivo di un conflitto tra Potenze nucleari, sarebbe nell’interesse generale evitare.
Le relazioni economiche Cina-Russia nel mezzo del conflitto
Numerosi analisti hanno rumorosamente condannato la Cina, considerata come un palese alleato economico della Russia. In realtà, Pechino ha mostrato poco interesse a salvare apertamente Mosca dalle sanzioni occidentali. Allo stesso tempo, la Cina, come ha dichiarato il membro del Politburo Yang Jiechi durante il suo incontro con il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan, ha rifiutato di cedere alla minaccia di sanzioni secondarie imposte dagli Stati Uniti, assumendo, perciò una posizione neutrale.
Tuttavia, la neutralità cinese non dovrebbe essere confusa con l’appoggio economico alla Russia. Dall’inizio della crisi, Pechino ha esitato a sostenere o criticare apertamente Mosca. L’India, d’altra parte, è stata molto più decisa nell’ appoggiare la Russia, aumentando le importazioni di petrolio e riprendendo il commercio in valuta nazionale.
La Cina ha persino ridotto il margine di manovra della Russia, bloccando alcune transazioni finanziarie. Infatti, le due principali banche statali cinesi, la Bank of China e la Industrial and Commercial Bank of China, hanno sospeso le attività che trattano le merci russe. Inoltre, i progetti cinesi in Russia sono stati bloccati dalla Banca asiatica per gli investimenti infrastrutturali (AIIB), sostenuta principalmente dalla Cina.
L’impatto commerciale e legami finanziari
Sul fronte commerciale, i giganti cinesi Xiaomi, Oppo e Huawei hanno dimezzato le loro forniture in Russia, mentre Tik Tok ha cessato le operazioni dopo aver bloccato i media ufficiali russi. La Cina, tuttavia, tenterà di riempire il buco lasciato dall’ esodo di imprese straniere nei settori della vendita al dettaglio e dei beni di consumo. Con le imprese cinesi desiderose di esplorare nuove possibilità nel mercato russo, privato di più di 400 grandi marchi, il commercio Cina-Russia potrebbe raggiungere nuove vette nel breve periodo. Nel frattempo il colosso cinese delle spedizioni COSCO è l’unico collegamento rimasto alla Russia per il commercio marittimo mondiale.
La capacità della Cina di proteggere la Russia dall’impatto economico rimane limitata, nonostante le banche russe abbiano progressivamente aumentato i loro depositi in renminbi (RMB) sin dal 2014. Nel 2021, il fatturato commerciale Cina-Russia ha raggiunto un record di 146 miliardi di dollari, e la banca centrale russa ha destinato il 13% delle sue riserve straniere in RMB. Per incoraggiare la circolazione della valuta cinese, Pechino ha aumentato al 10% la banda valutaria del RMB con il rublo per facilitare il commercio, dopo che il rublo è crollato ai minimi storici. Tuttavia, sia il RMB che il rublo sono valute a bassa convertibilità, con il RMB che rappresenta solo il 3% del commercio globale.
Sul versante pagamenti, invece, da quando Visa e Mastercard hanno cessato le loro operazioni in Russia, il 35% dei russi sta passando alla cinese UnionPay. Nonostante questi sviluppi, i principali istituti bancari cinesi non rischierebbero di essere banditi dal condurre transazioni in dollari e temono sanzioni secondarie.
Relazioni energetiche
Nell’industria energetica, la Cina potrebbe essere il più grande vincitore della crisi. La Russia esporta attualmente 150-190 miliardi di metri cubi di gas naturale all’Europa, che utilizza il 42% della produzione totale di petrolio della Russia, mentre la Cina ne acquista solo il 14%. Con il collasso del gasdotto Nord Stream 2 e il piano europeo per tagliare le importazioni energetiche dalla Russia entro il 2030, la maggior parte del petrolio e del gas russo verrebbe canalizzato verso Cina e India.
Tuttavia, le infrastrutture energetiche risultano attualmente inadeguate per gestire tali quantità, ed estenderla richiederebbe ulteriori finanziamenti. Considerando tutti gli attuali progetti energetici Cina-Russia in funzione a piena capacità, la Russia, entro il 2025, potrebbe pompare alla Cina solo un terzo dell’attuale fornitura totale dell’Europa.
Può l’alternativa cinese a SWIFT aiutare la Russia?
In risposta al conflitto, l’Unione europea ha vietato a sette grandi banche russe di usare la rete di messaggistica di pagamento SWIFT, l’organizzazione responsabile del principale sistema di messaggistica di pagamento internazionale, utilizzato da oltre 11.000 istituzioni finanziarie in tutto il mondo. Le banche russe, di conseguenza, non possono effettuare transazioni transfrontaliere a causa di un accesso ristretto a SWIFT.
Dal 2014 Mosca ha intrapreso una serie di iniziative di de-dollarizzazione, sviluppando un’ alternativa domestica a SWIFT, nota come SPFS, e collaborando con l’ equivalente cinese, il Cross-Border Interbank Payment System (CIPS). Il sistema CIPS, sostenuto dalla People’s Bank of China, è stato istituito nel 2015 e collega 1.280 istituzioni finanziarie in 103 paesi. Naturalmente, CIPS è molto lontano dal sostituire SWIFT data, non solo, la scarsa convertibilità del RMB, ma soprattutto l’intrinseca dipendenza dalla rete SWIFT. Ancora più preoccupante per la Russia, la Cina potrebbe anche non avere l’intenzione di integrare i due sistemi al fine di evitare azioni punitive da parte dell’Occidente.
Limitazioni e scenari futuri
Mosca e Pechino concordano, in principio, sul fatto che gli Stati Uniti sono economicamente indeboliti e che il loro comportamento costituisce un rischio per la sicurezza. Tuttavia, gli obiettivi economici di Pechino divergono dalle sue preoccupazioni di sicurezza. La Cina ha un ruolo di spicco nell’ economia globale e la leadership cinese è consapevole che grandi sforzi per aiutare la Russia possono risultare in restrizioni equivalenti.
Analisi a cura di Andrea Montanari e Leonardo Oneda