Le Olimpiadi del 2008: la Cina si racconta al mondo
Le Olimpiadi di Pechino del 2008 sono un caso di scuola. La cerimonia di apertura, infatti, è diventata il simbolo della rinascita cinese, nonché un’occasione per la Cina di raccontare la sua storia al mondo, attraverso una narrazione che ha combinato numerosi elementi della storia e della cultura cinesi. La stessa staffetta della torcia olimpica, la più lunga della storia delle Olimpiadi, è divenuta allegoria della Cina, in cui la “fiamma sacra” (shenghuo 圣火) rappresentava un simbolo pseudo-sacerdotale dell’identità sovranazionale cinese, sollecitando emozioni legate ai ricordi della depredazione delle potenze coloniali. Sotto indicazione del partito comunista cinese, la cerimonia sarebbe dovuta essere “eccezionale e innovativa, riflettere i colori locali e lo spirito dei tempi, assumendo una prospettiva internazionale”. La cerimonia si è svolta creando una connessione tra grandezza passata e il ruolo della Cina oggi, mettendo in primo piano temi fondanti della cultura del Paese, come la pace e l’armonia.
I Giochi del 2008, quindi, hanno rappresentato molto di più di una semplice competizione sportiva. Hanno infatti portato la Cina sul palco internazionale, segnando il suo riconoscimento sia come civiltà antica che come rapida società in via di sviluppo e mettendo in mostra i successi economici, tecnologici, sociali e culturali del Paese, in un periodo in cui l’Occidente stava subendo le conseguenze della grande recessione. Secondo lo storico Zheng Wang, ospitare le Olimpiadi estive del 2008 è stato un simbolo del ringiovanimento della Cina. Attraverso la stravagante cerimonia di apertura e i continui rimandi al passato, il governo cinese ha voluto mettere in mostra la gloria storica del Paese.
Le Olimpiadi invernali: il mondo si allinea alla Cina
Il contesto in cui si svolgono le attuali Olimpiadi invernali è sicuramente diverso da quello del 2008. Se è vero che la pandemia da Covid-19 rende impossibile un regolare svolgimento dei Giochi, la bolla in cui si svolgono le competizioni per scongiurare i contagi rappresenta una metafora della Cina di oggi.
Se le Olimpiadi del 2008 servivano alla Cina per presentarsi al mondo, e sottolineare l’economia in espansione, mostrando nuovi capolavori architettonici, città sempre più vivaci, una società molto più aperta, e una scena artistica tagliente, quelle del 2022 non sono solo un’occasione per dimostrare la resilienza del Paese, ma perlopiù sono dirette al pubblico interno. Quattordici anni dopo, infatti, la Cina è passata dall’essere principalmente un centro manifatturiero globale a vantare alcune delle principali società tecnologiche e centri finanziari del mondo, e il suo Pil è triplicato, rendendo il Paese la seconda economia al mondo.
I Giochi rappresentano un’opportunità per il Partito di rafforzare il sentimento nazionalista e dimostrare la validità del modello cinese nella gestione della pandemia, criticato sia all’esterno che all’interno del Paese. Per questo la cerimonia è molto più sobria rispetto a quella di quattordici anni fa, a dimostrare che la Cina non ha bisogno di farsi conoscere e che le questioni domestiche hanno la precedenza su quelle esterne. La Cina, quindi, piuttosto che utilizzare gli eventi sportivi per attrarre il pubblico straniero, sembra essere più interessata a rinvigorire il supporto al regime, l’identità nazionale e la governance rispetto al paradigma dominante occidentale.
Il boicottaggio come strumento politico
Uno degli elementi di continuità tra le due edizioni resta il tentativo di boicottaggio da parte dei Paesi occidentali. Già nel 2008 si erano alzate molte voci in occidente affinché i Giochi olimpici fossero boicottati a seguito della repressione delle proteste in Tibet, mentre oggi diversi leader politici non si sono recati a Pechino per denunciare le violazioni di diritti umani ai danni degli uiguri. Tuttavia, proprio perché la Cina non mira a conquistare i cuori del pubblico esterno, ma piuttosto a dimostrare internamente il successo del suo modello, i tentativi di boicottaggio si rivelano poco efficaci. Nel lungo termine però tali azioni potrebbero fare pressione sul Comitato Olimpico Internazionale nella scelta del Paese ospitante sulla base della tutela dei diritti umani.
Pechino, sfruttando le Olimpiadi come piattaforma di soft power, ha comunque risposto alle accuse. Se nel 2008, infatti, una parata di bambini vestiti con costumi tradizionali rappresentava le numerose minoranze etniche nel Paese, quest’anno la scelta di far accendere la fiaccola a Dinigeer Yilamujiang, fondista uiguro, è sicuramente simbolica.
La nuova Cina
Come sottolinea McDonell, giornalista corrispondente della BBC a Pechino, la Cina del 2022, ormai seconda potenza mondiale, non è più la stessa di quattordici anni fa. La prospettiva cinese, sotto la leadership di Xi Jinping, infatti, risponde a una visione in cui è il resto del mondo a doversi adattare alla Cina, che dopo aver sofferto 100 anni di umiliazione durante le invasioni da parte dei giapponesi e degli occidentali, oggi ricopre finalmente il ruolo di potere che gli spetta. Lee Jung-woo, esperto di diplomazia e relazioni internazionali all’Università di Edimburgo, afferma che, mentre le Olimpiadi del 2008 hanno permesso alla Cina di dimostrare il proprio status di economia emergente, quelle del 2022 danno al Paese la possibilità di rilanciare la sua immagine da fabbrica del mondo a potenza mondiale.
I Giochi, infatti, sono stata l’occasione per mostrare i progressi tecnologici del Paese: dall’esibizione mozzafiato degli anelli olimpici alla fiamma olimpica nel cuore di un fiocco di neve, Pechino ha utilizzato elementi di tecnologia high-tech come il 5G, l’ internet delle cose e l’Intelligenza Artificiale. Sotto la direzione politica del Partito e quella artistica di Zhang Yimou, lo stesso regista che organizzò le Olimpiadi del 2008, la Cina ha quindi potuto dimostrare il proprio livello nell’industria di alta tecnologia, un settore che ha visto un rapido sviluppo nel Paese, grazie anche ai finanziamenti e le riforme previsti dal piano quinquennale “Made in China 2025” .