Ma come è stato possibile raggiungere un prezzo tanto alto? Alcuni sostengono l’idea di una manipolazione di mercato da parte della Russia, che vorrebbe disincentivare l’allentamento dei rapporti energetici da parte dell’Unione Europea e fare pressioni per completare il Nord Stream 2, il secondo ramo del gasdotto che collega il Paese direttamente alla Germania. In particolare, le accuse sono state rivolte al colosso energetico russo Gazprom dalla International Energy Agency e da alcuni europarlamentari. Tuttavia, le dichiarazioni del presidente Putin chiariscono che la Federazione non si è mai rifiutata di aumentare le forniture e la verità potrebbe essere più complessa di una mera speculazione.
Contratto a breve termine o a lungo termine?
Per Mosca è chiaro come sia avvenuta questa crisi: l’Europa ha ridotto i contratti di energia a lungo termine con il suo partner storico e, ora, sta pagando a tutti gli effetti lo scotto di questa decisione. Per anni l’Europa si è infatti affidata alla Russia tramite contratti di 20 o 25 anni che garantivano una fornitura di gas naturale a un prezzo abbordabile.
Nell’ultimo anno, invece, molti Paesi europei hanno concordato di passare al mercato a pronti, dove lo scambio dei prodotti trattati avviene con una liquidazione immediata. In altre parole, questo mercato è soggetto a un’alta volatilità dei prezzi a seconda della situazione vigente.
Nel caso attuale, il mercato sta toccando dei picchi nei prezzi perché l’economia mondiale si sta riprendendo dopo la stagnazione provocata dalla pandemia. Già da quest’estate, la domanda per il gas era in aumento rispetto agli anni precedenti. Ciò è avvenuto a causa dell’inverno più freddo che ne ha esaurito le riserve e che ha impedito ai Paesi di rifornirsi a dovere durante la stagione calda a causa dei costi esorbitanti. Alla crisi energetica contribuisce anche il GNL, il gas naturale liquefatto che proviene dalla riserve americane. Il suo prezzo ha sfiorato le stelle da quando l’Asia ha provveduto a rifornirsi, esaurendo la maggior parte delle scorte riservate alle esportazioni.
Dietro il rincaro dei prezzi dell’energia
Sono diverse le ragioni che hanno portato progressivamente l’Ue a riconsiderare i suoi rapporti con il vicino. Prima di tutto, le dispute energetiche tra la Russia e l’Ucraina hanno messo il Vecchio Continente di fronte alla dura verità di dipendere troppo da Mosca. In particolare, possiamo ricordare quando molti Paesi europei, nel 2009, sono rimasti a secco a seguito di una disputa sui prezzi tra Gazprom e Naftogaz (società nazionale del gas e petrolio dell’Ucraina). La storia si è ripetuta nel 2014, a causa della guerra civile ucraina e l’annessione della Crimea da parte della Russia. Il conflitto ha inevitabilmente causato un taglio delle esportazioni russe verso l’Ucraina, e l’Europa si è ritrovata di nuovo con i rubinetti chiusi.
Questo ha portato l’UE a rimettere mano sulla sua sicurezza energetica. Con il Regolamento (UE) n.517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, l’Unione ha preso la palla al balzo per riconsiderare la sua rotta energetica in linea con un altro problema dirompente: il cambiamento climatico. Tale regolamento stabilisce di ridurre le emissioni eliminando l’uso del gas dove possibile e, al contempo, la transizione ecologica è diventata anche un punto fondamentale per accedere ai fondi europei stanziati per la ripresa congiunta dei Paesi membri.
Il prezzo marginale
Putin non ha mancato di criticare le fonti di energia rinnovabili, sostenendo che costituiscono un’altra causa della crisi energetica. Secondo il presidente russo, l’aumento delle quotazioni spot del gas è dovuto alla scarsa produzione eolica registrata in Europa negli ultimi mesi che ha portato a un’impennata nei prezzi. Infatti, Paesi come Ungheria e Polonia stanno facendo fronte comune contro le misure pro-rinnovabili che saranno discusse al prossimo Consiglio europeo.
D’altra parte, è piuttosto a causa del “prezzo marginale” che i prezzi dell’energia in Europa stanno salendo repentinamente. Utilizzato in gran parte delle borse europee, il prezzo marginale è il meccanismo che fissa ogni giorno il costo dell’elettricità, incrociando la domanda stimata e l’offerta da parte dei vari produttori. In sintesi, dopo aver stabilito un punto di partenza, ogni produttore indica quanta elettricità può fornire e a che prezzo. Da qui, entreranno nel mix giornaliero di energia tutte le offerte più economiche, fino a coprire tutta la domanda. Tuttavia, il punto più ostico del prezzo marginale è che tutti i produttori sono tenuti a ricevere il valore di quanto fornito al prezzo massimo entrato nel pacchetto. Per questo motivo, anche se le rinnovabili possono offrire l’energia a prezzi bassissimi, quando entra il gas naturale nel pacchetto giornaliero l’intero prezzo dell’elettricità aumenta; a conti fatti, i fornitori vengono ripagati molto di più rispetto a quanto richiesto.
Il prezzo marginale era nato in Gran Bretagna per liberalizzare il mercato dell’elettricità e aiutare gli impianti a gas a competere con le società carbonifere, ormai in declino. La necessità di cambiare meccanismo è sulla bocca di molti, eppure i Paesi che vi sono discostati hanno incontrato non poche difficoltà, come la stessa Gran Bretagna. Infatti, con il sistema pay for bid (in cui ognuno riceve il compenso offerto all’inizio) non ha migliorato la situazione, in quanto la maggior parte dei fornitori funge anche da distributore e per rientrare dei guadagni persi hanno alzato i prezzi a discapito dei consumatori. Il Regno Unito ha scelto quindi un metodo differente, il prezzo per differenza, che ciononostante non aiuta a contenere i prezzi. Al contrario, è tra Paesi europei con il più alto prezzo nella Borsa elettrica.
Le soluzioni al rincaro dei prezzi
La necessità di trovare un sistema più liberale per fissare i prezzi dell’elettricità è sicuramente importante. Nel frattempo, per risolvere il problema dei prezzi elevati nel breve termine, la commissaria all’Energia, Kadri Simson, ha annunciato le misure a breve termine varate dalla Commissione per aiutare gli Stati membri a ridurre l’impatto economico sulle famiglie e le imprese.
In ogni caso, è da considerare che se le rinnovabili fossero in grado di fornire le stesse quantità di energie del gas naturale, non ci sarebbe bisogno di includerle nel pacchetto energetico giornaliero. A tale proposito, Frans Timmermans, vicepresidente alla Commissione UE, ha dichiarato che la transizione ecologica è la strada maestra per aumentare la resilienza europea in ambito energetico e diminuire i rischi associati alle importazioni dall’estero.
In conclusione, la prospettiva di un’ indipendenza energetica europea risulterà sempre un’utopia – specialmente in mancanza di una filiera comunitaria ben sviluppata per le tecnologie legate alla transizione energetica, di una semplificazione degli iter autorizzativi, e, in ultimo, di forti stimoli sociali verso l’adozione di uno stile di vita meno consumista. Solo una visione chiara e una leadership convinta saranno in grado di disincentivare definitivamente i mercati a estendere i rapporti con fornitori esteri di materie fossili e, in ultima istanza, di rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi climatici.