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USA: la barriera con il Messico non ferma i migranti

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Secondo il Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite (Un|Desa), l’America Settentrionale è ad oggi la regione con il maggior numero di migranti al mondo. Dei 271,6 milioni di migranti stimati a livello mondiale nel 2019, oltre il 21% si trova nella regione. In particolare, gli USA rimangono il principale Paese destinatario, con circa 50 milioni di migranti presenti nel 2019. Un numero in costante aumento, quasi raddoppiato rispetto ai 23 milioni del 1990

Mentre negli anni gli Stati Uniti hanno attratto migranti da quasi tutto il mondo, la maggior parte di questi continua a provenire dal continente americano. Quello tra Sud e Nord America è tuttora il maggior corridoio migratorio al mondo, oltre a essere uno dei più politicamente controversi. Secondo il World Migration Report del 2020, i migranti che avevano compiuto il viaggio dal Sud al Nord nel 2019 erano oltre 26 milioni, con un aumento importantissimo rispetto ai 10 milioni che si contavano nel 1990.

Sempre nel 2019, al confine tra gli Stati Uniti e il Messico sono stati fermati 850 mila migranti, cifra record negli ultimi 12 anni e più del doppio rispetto al 2018. Si tratta comunque di numeri minori rispetto ai primi anni 2000, quando si registravano picchi superiori al milione. Ciò che è cambiato oggi è la composizione di chi cerca di attraversare il confine: negli ultimi dieci anni, la migrazione dall’America Centrale è esplosa, andando a superare in numero i migranti economici messicani. Mentre tra il 1990 e il 2010, quello tra il Messico e gli USA è stato il corridoio migratorio che ha assistito alla maggiore crescita, nell’ultimo decennio ha invece teso a ridimensionarsi. A conferma di ciò, il 71% dei migranti fermati nel 2019 sono infatti richiedenti asilo provenienti dai Paesi del “Triangolo del Nord” – El Salvador, Guatemala a Honduras. 

Il trend è causato sia da un miglioramento della situazione economica in Messico, che, soprattutto, da un aumento dei livelli di violenza e povertà nei Paesi mesoamericani. Tra i fattori che hanno contribuito a tale fenomeno si riscontra anche il cambiamento climatico; l’aumento dei rischi di siccità ha infatti portato le comunità agricole della regione a vivere situazioni di insicurezza alimentare.

Chi arriva: il confine Messico – USA

Nella rotta verso gli Stati Uniti i migranti si imbattono con gli oltre 1000 chilometri di barriera che si estende lungo un confine con il Messico, diventata luogo simbolo del fenomeno migratorio. Per i migranti fermati alla frontiera senza documenti, la procedura prevista dalla legge statunitense è quella della deportazione immediata, cioè senza il diritto ad alcuna procedura giuridica. A seguito dell’ordine esecutivo emanato da Trump nel 2017, la deportazione immediata è oggi in vigore a pieno regime, a meno che non venga presentata una richiesta di asilo, diritto riconosciuto a livello internazionale anche per chi arriva in un Paese illegalmente. La credibilità delle richieste di protezione viene valutata poi dai tribunali competenti e nel tempo di attesa i migranti sono detenuti in strutture d’accoglienza prossime al confine, per un periodo lungo in media due anni. Nel 2019, su 210 mila richieste di asilo avanzate durante le procedure di deportazione, ne sono state accettate 18mila

Non è quindi il numero di migranti ad essere senza precedenti, ma è la quantità di richieste di asilo, più che raddoppiata dal 2016 ad oggi, che sta logorando il sistema burocratico. Con oltre un milione di casi arretrati, il sistema di accoglienza statunitense appare saturo, deteriorato dalla lentezza delle pratiche e dal sovraffollamento delle strutture destinate alla detenzione. Una situazione critica di emergenza umanitaria che minaccia la salute e la sicurezza degli oltre 57 mila migranti nei centri d’accoglienza, denunciata un’inchiesta del Dipartimento di Sicurezza Interna. 

Nel tentativo di tamponare il flusso di migranti dall’America Centrale, l’amministrazione Trump ha stipulato nel 2019 degli accordi con El Salvador, Guatemala e Honduras, denominati “Safe third country”, secondo cui i richiedenti asilo che vi transitano sono obbligati a chiedere protezione prima in questi Paesi; ha poi abbassato il numero massimo di rifugiati ammissibili da 110 a 18mila e implementato i Migrant Protection Protocols, che stabiliscono che i migranti possano essere rimandati in Messico per il tempo di valutazione della domanda di asilo. Un quadro che rischia di profilare una violazione del principio di “non respingimento” (non-refoulement), sancito dal diritto internazionale e nazionale, che proibisce il trasferimento forzato di migranti verso Paesi in cui potrebbero essere perseguitati o la loro vita minacciata. 

I migranti irregolari tra Trump e Biden 

Molte delle misure attuate per far fronte all’immigrazione irregolare si concentrano sulla sicurezza ai confini, ma, secondo il Center for Migration Studies, i due terzi degli immigrati irregolari è in realtà costituito da chi entra nel Paese legalmente e vi rimane oltre la scadenza del visto. Gli immigrati irregolari ad oggi sono infatti 11 milioni – in larga parte provenienti dai Paesi dell’America Centrale – di cui circa il 66% risiede negli Stati Uniti da più di 10 anni, stando alle stime del Pew Research Center. Secondo l’American Immigration Council, tuttavia, i molteplici requisiti di idoneità e le limitazioni numeriche restringono notevolmente la possibilità di ottenere la “green card”, ossia il permesso di soggiorno. L’ipotesi di una riforma completa del sistema d’immigrazione volta alla regolarizzazione degli 11 milioni di immigrati irregolari si è scontrata negli anni con le divisioni interne al Congresso, pur rimanendo comunque tema centrale nel dibattito politico. 

L’amministrazione Obama si era occupata di regolarizzare i cosiddetti dreamers (lett. “sognatori”), ossia gli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini, cercando di fare approvare al Congresso il Dream Act, che avrebbe garantito loro la cittadinanza. Pur ricevendo supporto bipartisan, ad oggi il progetto di legge non è stato ancora approvato; è in vigore invece il DACA, introdotto nel 2011 grazie a un ordine esecutivo, programma che garantisce il permesso di soggiorno temporaneo a oltre 900 mila dreamers

Trump ha cercato porre fine al DACA con varie restrizioni, dichiarate però illegittime dalla Corte Suprema a giugno 2020. A questo si aggiunge il blocco del “Temporary Protected Status (TPS), che garantiva il permesso di soggiorno temporaneo a oltre 400 mila persone, per il 93% provenienti da Haiti, Honduras e El Salvador. L’amministrazione Trump ha marcato un deciso inasprimento della politica immigratoria statunitense; tramite ordini esecutivi e quello che è stato definito un approccio legislativo “stratificato”,  è riuscita a bypassare il Congresso e i tribunali federali, attuando più di 400 provvedimenti che potrebbero richiedere anni per essere smantellati. 

L’arrivo di Biden alla Casa Bianca sembra prefigurare un cambio di rotta per la politica d’immigrazione statunitense, a partire dalla nomina, fortemente simbolica, del primo latino americano a capo della Sicurezza Interna e della polizia di frontiera, Alejandro Mayorkas. Tra le varie proposte, il nuovo Presidente ha manifestato infatti l’intenzione di proteggere ed espandere lo status di protezione temporanea ai richiedenti asilo venezuelani, alzare il limite dei rifugiati ammissibili ai 125mila e rilanciare un percorso di cittadinanza per l’intera popolazione statunitense di immigrati irregolari. Un programma ambizioso, che si distacca dalle politiche dell’amministrazione precedente, ma che appare tuttavia poco realizzabile nella sua interezza, a fronte sia di un Senato a maggioranza repubblicana, sia di un contesto sociopolitico – quello americano – sempre più polarizzato nell’identificazione in uno dei due partiti. 

Testo a cura di Maria Luisa Zucchini e Giovanni Simioni

 

*Campo, California, vicino al confine con il Messico [crediti foto: Greg Bulla / Unsplash]

Questo articolo è parte di una raccolta su flussi migratori e sistemi di accoglienza nel mondo. Articolo successivo: “Il muro di gomma dell’Australia respinge l’immigrazione“.

Redazione
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