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Gerrymandering: come manipolare le elezioni

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Cos’è il Gerrymandering?

Negli Stati Uniti esiste una pratica chiamata gerrymandering: consiste nel disegnare a tavolino i collegi in modo che siano favoriti i candidati del proprio partito. Il curioso nome deriva dall’unione di “Gerry” e “salamender”: fu infatti coniato in una vignetta satirica apparsa sul settimanale Boston Gazette nel 1812 che denunciava il Governatore del Massachusetts Elbridge Gerry. Il motivo era di aver approvato mappe dei collegi troppo favorevoli al suo partito, il Partito Democratico-Repubblicano (sì, all’epoca esisteva). In particolare scherniva un distretto del Senato statale a forma di salamandra, rappresentandolo a forma di mostro con artigli, ali e becco.

Perché ci interessa?

Vignetta satirica contro il gerrymandering
La vignetta del Boston Gazette che denunciava per la prima volta il fenomeno che sarebbe diventato poi noto come “gerrymandering”

A gennaio gli Stati Uniti dovranno ridistribuire tra i 50 Stati i 435 seggi della Camera dei Rappresentanti in proporzione ai nuovi dati relativi alla popolazione di ciascuno Stato raccolti nel censimento di quest’anno. Successivamente gli Stati dovranno ridisegnare i confini dei collegi nei quali si svolgono le elezioni. Questo processo si chiama redistricting e definirà i collegi che saranno utilizzati in tutte le elezioni della Camera che si terranno, ogni due anni, tra il 2022 ed il 2030, anno in cui sarà svolto un nuovo censimento.
Tutto ciò sembrerebbe materia da burocrati, ma non lo è. Il disegno dei confini di un collegio, in un sistema elettorale uninominale maggioritario, non è soltanto un tecnicismo o un mero elemento geografico ma può influire pesantemente sull’esito delle elezioni: è proprio il caso del temuto gerrymandering.

Come è possibile effettuare il gerrymandering

I partiti politici possono analizzare la composizione demografica (età, etnia…), il livello socio-economico, la natura urbana o rurale di un centro abitato e soprattutto l’esito delle elezioni precedenti. In questo modo possono avere un’idea di come andrà l’elezione in una specifica area dello Stato. Di conseguenza, possono delimitare i collegi per favorire il più possibile se stessi. Vi sono diverse strategie di gerrymandering che possono essere adottate.

Una strategia consiste nel frammentare i sostenitori del partito opposto in diversi collegi “diluendoli” in modo che siano presenti in tanti collegi, ma in minoranza in ciascuno di essi. Un’altra strategia, opposta ma altrettanto efficace, è quella di riunire in pochi collegi una buona parte dei sostenitori del partito avversario per “contenere i danni” per il proprio partito. In questo modo gli avversari vinceranno pochi collegi con un ampio margine ma saranno in minoranza in tutti gli altri. Questo è possibile soprattutto grazie all’adozione di sistemi maggioritari di tipo “first-past-the-post“, che attribuiscono i seggi soltanto a chi riceve più voti in un determinato collegio.

Un esempio evidente

Si può vedere un esempio di distorsione di questi tipo nei risultati delle elezioni della Camera del 2018 in North Carolina. I repubblicani vinsero infatti in 13 distretti con un margine medio di 11,3%, mentre i democratici vinsero solo 3 seggi ma con un margine medio ben più consistente, ossia del +44,3%. La distribuzione dei collegi penalizzò talmente tando i democratici che, pur avendo il 47,2% dei voti, ottennero solo 3 seggi su 13.

Gerrymandering in North Carolina

Dove avviene il Gerrymandering?

L’Università di Princeton ha individuato tre diversi test statistici che possono essere utilizzati per identificare gli Stati in cui i risultati delle elezioni sono particolarmente “strani”, ossia quelli che sono a rischio di gerrymandering. I test servono a misurare la tendenza profondamente diversa all’interno dello stesso Stato, la differenza tra i margini di vittoria (proprio come visto nell’esempio sopra) e la differenza con i risultati di altri collegi “pescati” casualmente nel resto degli Stati Uniti. Il risultato non ci garantisce che ci sia stato intenzionalmente un progetto di gerrymandering, ma evidenzia elezioni particolarmente inusuali il cui esito potrebbe essere spiegato, appunto, da questa pratica.

La mappa qui sotto riporta la media dei test non superati per anno nelle elezioni congressuali dell’ultimo ciclo di redistricting, ossia 2012-2020. Risultano particolarmente critici Stati come Michigan, Ohio, Wisconsin e, senza sorprese, North Carolina. Anche diversi altri Stati però danno indizi di gerrymandering.

Chi fa le mappe dei collegi?

Come vi potreste aspettare non c’è una risposta sola a questa domanda ma ce ne sono 50, una per ogni Stato. Spetta ai singoli Stati, infatti, definire i metodi con cui approvare le mappe dei nuovi distretti congressuali. La stragrande maggioranza di essi (35 su 50), seppure con differenze, prevede che le mappe siano approvate in ultima istanza dal Parlamento statale. In quasi tutti questi Stati, il Governatore può porre il veto sul progetto. Dunque è qui che si insidia principalmente il rischio di gerrymandering. Sono infatti i partiti di maggioranza nelle Camere delle legislature statali a disegnare i collegi. Saranno perciò importanti le elezioni dei Parlamenti statali, che saranno rinnovati a novembre insieme alle elezioni del Presidente degli Stati Uniti e del Congresso.

Altre modalità di redistricting

In alcuni di questi Stati le mappe sono preparate da una commissione indipendente ma poi il Parlamento le può modificare, ovunque tranne che in Iowa. In 4 Stati i collegi sono approvati dal Parlamento ma è richiesta una “supermaggioranza” per approvarli (i tre quinti o i due terzi, talvolta viene anche richiesto esplicitamente il voto di almeno una certa percentuale del partito di minoranza). Inoltre la Virginia terrà un referendum statale nell’election day di novembre per passare ad una commissione indipendente. Altri 5 Stati stanno raccogliendo le firme per tenere referendum simili. Attualmente solo 8 Stati, infatti, affidano il disegno dei collegi ad una commissione indipendente e bipartisan, senza alcun intervento del Parlamento.

Queste commissioni comprendono sempre un pari numero di democratici e repubblicani e talvolta includono anche cittadini non affiliati a nessuno dei due partiti. Infine 7 Stati hanno un solo rappresentante e quindi non devono disegnare collegi perché l’intero territorio dello Stato funge da collegio unico. Questi Stati però devono disegnare i collegi per le elezioni dei Parlamenti statali; anche in questo caso, la stragrande maggioranza di questi affida questo incarico al Parlamento statale o comunque al partito di maggioranza (6 Stati su 7).

Cos’altro cambia con il censimento?

Ma il possibile gerrymandering non sarà l’unico cambiamento politico di questo redistricting cycle. Cambierà infatti anche il numero di seggi per Stato alla Camera sulla base della popolazione degli Stati. Secondo alcune previsioni perderebbero un seggio alcuni Stati del Midwest, la California e la Pennsylvania e ne perderebbe addirittura due New York, a guadagnarne sarebbero soprattutto la Florida (due seggi) e il Texas (tre seggi). Questo non influirà solo sul peso di ciascuno Stato nella Camera dei rappresentanti ma anche e soprattutto sul peso nella scelta del Presidente. Il numero di voti nell’Electoral College è infatti dato dalla somma del numero di senatori e rappresentanti. I nuovi numeri di electoral votes, tuttavia, influenzeranno solo le elezioni presidenziali del 2024 e 2028. Le elezioni di questo novembre, invece, saranno le ultime a basarsi sul censimento del 2010.

Articolo di Luca De Cristofaro

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