Difendere la proprietà intellettuale: gli accordi Trips
Gli aspetti legati al commercio dei diritti di proprietà intellettuale (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights), meglio noti come Trips, furono una novità introdotta dall’Uruguay Round, il ciclo di negoziati avviato nel 1986 che portò alla creazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc).
I diritti di proprietà intellettuale rappresentano tutt’oggi la tutela dello Stato ai produttori di nuove idee, incoraggiando l’innovazione e ricompensando gli imprenditori. Il settore dell’innovazione, infatti, sperimenta frequentemente rischi e fallimenti, e i diritti di proprietà intellettuale incentivano gli imprenditori a continuare a spingere per nuovi progressi di fronte alle avversità, facilitando il libero flusso di informazioni e condividendo il know-how fondamentale per l’invenzione originale e brevettata.
I Paesi in via di sviluppo, India e Brasile per primi, sollecitarono già negli anni ‘80 l’avvio di negoziati più ampi su brevetti e copyright, temendo che i monopoli concessi nei Paesi industrializzati su merci come i prodotti farmaceutici, considerati cruciali per l’interesse pubblico, ne limitassero l’accesso. L’intesa venne comunque raggiunta, ma la controversia relativa agli accordi Trips restò un punto fermo destinato a perdurare nello politiche dell’Omc. I Paesi in via di sviluppo consideravano infatti i diritti di proprietà intellettuale uno strumento attraverso cui gli Stati più sviluppati avrebbero potuto conservare un margine di competitività nei confronti dei Paesi privi di infrastrutture tecnologiche avanzate.
Il problema si ripresentò nel 2001, in occasione della conferenza ministeriale dell’Omc che si tenne a Doha. In tale occasione, i Paesi in via di sviluppo temevano che l’accordo Trips negoziato nell’Uruguay Round avrebbe impedito l’accesso a medicinali meno costosi per contrastare l’Aids, e chiesero una modifica dell’accordo che permettesse di ignorare l’ostacolo dei brevetti farmaceutici in caso di emergenza sanitaria nazionale. Dall’altro lato, nonostante la gravità della crisi causata dall’Aids generasse pressioni di carattere morale sui governi, per i Paesi più ricchi gli accordi Trips rappresentavano un importante strumento di difesa contro l’appropriazione indebita e il furto della proprietà intellettuale.
La questione fu risolta con la dichiarazione ministeriale di Doha del 14 novembre del 2001, che sanciva che l’accordo Trips non avrebbe impedito ai membri di adottare misure necessarie a difendere la salute pubblica.
Un equilibrio tra profitto privato e salute pubblica
Un accordo storico fu raggiunto poi nel 2003, quando i governi membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, riconoscendo la gravità dei problemi di salute pubblica che affliggevano molti Paesi in via di sviluppo, in particolare quelli derivanti da HIV/AIDS, tubercolosi e malaria, concordarono la revoca ad interim dei brevetti. Le modifiche legali dell’accordo Trips permettevano ai Paesi più poveri, che non erano in grado di produrre medicinali, di importare farmaci generici più economici realizzati con licenza obbligatoria.
Il nodo centrale dell’annoso dibattito che va avanti ormai da decenni riguarda il giusto equilibrio tra profitto privato e salute pubblica. Infatti, la revoca dei diritti di proprietà intellettuale è importante per facilitare l’accesso ai vaccini ai Paesi più poveri, ma la necessità di brevetti è particolarmente urgente nel caso dell’innovazione biofarmaceutica, dove i maggiori costi di ricerca e sviluppo e il rischio di fallimento possono allontanare gli aspiranti investitori se non viene offerta alcuna forma di esclusività di mercato. Ciò vale soprattutto nel campo dei vaccini, un settore considerato poco redditizio e poco attraente per la maggior parte degli attori nell’arena biofarmaceutica. Infatti molti vaccini forniscono un’immunità a lungo termine attraverso un singolo uso, mentre molti altri richiedono un numero molto limitato di usi. Inoltre, a differenza dei farmaci convenzionali alcuni tipi di vaccini, come i vaccini con virus vivi, sono particolarmente sensibili ai cambiamenti di temperatura, una caratteristica che pone maggiori problemi nel raggiungere i mercati dei vaccini nelle aree remote del Sud del mondo.
La pandemia da Covid-19: sfide e opportunità
La pandemia da Covid-19 ha riportato prepotentemente alla luce il dibattito tra gli Stati membri dell’Omc. Esistono, infatti, forti disuguaglianze nella copertura vaccinale tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo.
Nel 2020 diversi Paesi in via di sviluppo, guidati da India e Sudafrica, hanno proposto la deroga temporanea delle protezioni delle proprietà intellettuali per vaccini, terapie anti-Covid e dispositivi di protezione individuale, necessari a combattere la pandemia fino al raggiungimento dell’immunità in tutto il mondo.
Coloro che sostengono la deroga dei diritti di proprietà intellettuale affermano che ciò permetterebbe di aumentare la produzione di vaccini e di altri prodotti che salverebbero la vita di molte persone. L’India e il Sudafrica sottolineano che le aziende farmaceutiche hanno ricevuto generosi finanziamenti governativi per sviluppare i vaccini contro il Covid-19 e che l’accesso a tali vaccini è parte del diritto umano alla salute, sicuramente più importante del profitto delle aziende.
Il supporto degli Stati Uniti
Nonostante l’opposizione iniziale, l’amministrazione Biden, sotto pressione degli attivisti e dei democratici, ha annunciato il supporto alla revoca temporanea delle proprietà intellettuali. D’altronde, anche gli stessi Stati Uniti durante la pandemia chiesero la deroga dei brevetti sui respiratori N95, che scarseggiavano nel Paese.
Dall’altro lato, Paesi come Canada, Australia, Norvegia, Svizzera e Regno Unito si sono opposti alla proposta, manifestando dubbi riguardo all’efficacia della revoca dei brevetti sulla distribuzione globale dei vaccini. Secondo questi governi, infatti, non sarebbero le licenze a impedire le vaccinazioni, ma le basse capacità di produzione dei Paesi in via di sviluppo, e, anche se i brevetti fossero revocati, molti Paesi non sarebbero comunque in grado di produrre i vaccini senza l’expertise tecnica di chi li ha inventati.
L’opposizione dell’Unione Europea
Anche l’Unione Europea è scettica riguardo alla proposta avanzata da India e Sud Africa. Infatti, mentre Grecia, Francia e Italia appaiono piuttosto solidali, Germania, Portogallo, Estonia e Belgio si dimostrano alquanto schivi. Angela Merkel si è esposta sul tema, pronunciandosi contraria alla proposta della revoca dei brevetti, che avrebbe gravi implicazioni sulla produzione mondiale dei vaccini.
A giugno 2021 la Commissione Europea ha lanciato una proposta alternativa che si concentra sulla concessione di licenze obbligatorie e sulla limitazione delle restrizioni all’esportazione, piuttosto che sulla rinuncia ai diritti di proprietà intellettuale. Ursula von der Leyen ha inoltre sottolineato l’impegno dell’Unione Europea nella distribuzione dei vaccini, che ha reso l’Europa l’unica regione democratica a esportare vaccini su larga scala, ribadendo l’importanza di abbattere le barriere per l’esportazione e affrontare le interruzioni della catena di approvvigionamento, piuttosto che revocare i brevetti. Secondo questa narrativa, togliere i brevetti sui vaccini non aiuterebbe i Paesi più poveri che non posseggono infrastrutture e expertise necessarie per produrli.
La Federazione europea delle accademie delle scienze e delle discipline umanistiche (All European Accademies, Allea) evidenzia che la revoca dei diritti di proprietà intellettuale non costituisce una bacchetta magica in grado di risolvere l’annoso problema della distribuzione vaccinale, e ribadisce l’importanza di concentrarsi su tre aspetti. Innanzitutto, è necessario migliorare le capacità di produzione nei Paesi a basso e medio reddito, garantendo la disponibilità di sostanze come l’antigene e incentivando la mobilità di personale specializzato. Facilitare l’esportazione dei vaccini dai Paesi con alte capacità produttive agli altri Stati è un altro aspetto cruciale per superare una visione nazionalista, che non solo risulta eticamente indifendibile, ma anche controproducente, visto l’insorgere di nuove varianti nei Paesi meno sviluppati che si diffondono velocemente in tutto il mondo. Infine, affinché le campagne di vaccinazione nei Paesi del sud globale diano risultati, sono necessari ingenti investimenti nel settore logistico, che permettano di trasportare e conservare i vaccini, e il lancio di campagne di sensibilizzazione, che possano colmare la disinformazione. Tali aspetti sono da considerare nel dibattito che riguarda l’accesso ai vaccini, parimenti alla questione della revoca dei diritti di proprietà intellettuale.
I prossimi passi
I brevetti, quindi, da una parte rappresentano un ostacolo per colmare la disuguaglianza nella distribuzione mondiale dei vaccini e un problema complementare alla mancanza di strumenti dei Paesi in via di sviluppo. Dall’altra, garantendo l’esclusività del mercato, sono un incentivo alla ricerca e all’innovazione nel settore biofarmaceutico.
Nonostante non sia stato raggiunto un consenso tra gli Stati membri dell’Omc, il dibattito lascia spazio a negoziazioni e il supporto degli Stati Uniti alla revoca dei brevetti dimostra la sconfitta della lobby farmaceutica e una possibilità di raggiungere costruttivamente un compromesso. Nel frattempo, la dodicesima Conferenza ministeriale, durante la quale si sarebbe dovuto discutere della proposta sulla deroga dei brevetti, è stata rimandata a data da destinarsi. Ciò è avvenuto proprio a causa dell’alta trasmissibilità della nuova variante Omicron, a sottolineare l’importanza del tema e l’urgenza di un accordo per garantire a tutti l’accesso ai vaccini.