Jack Ma e Alibaba
La storia di Jack Ma è sicuramente singolare. Da guida turistica nella città di Hanghzhou passa ad essere il fondatore e poi presidente di Alibaba, una multinazionale che si occupa di commercio online fondata nel 1999, seguendo la scia della digitalizzazione tracciata dai Golden Projects avviati ad inizio anni ’90 in Cina.
Nel 2018 Alibaba ha registrato la miglior performance mondiale nell’e-commerce B2C (Business-to-Consumer) in termini di volumi di merci, superando così il colosso americano Amazon.
Il progetto dell’eWTP
Il cuore del lavoro di Ma non si è limitato solo alla creazione di un impero commerciale digitale all’interno dei confini nazionali.
Nel 2016 durante il Boao Asian Forum, Jack Ma propone il suo progetto sull’ eWTP (electronic World Trade Platform): un’iniziativa attraverso la quale il settore privato e il settore pubblico possono interagire in relazioni commerciali online, con un’importanza particolare dedicata all’accesso delle Mpmi (Micro piccole e medie imprese) nel flusso della catena del valore globale, e più generalmente in un e-market di respiro internazionale.
Il progetto dell’ eWTP ha il suo focus principale proprio nell’incentivo delle Mpmi come centri pulsanti dell’economia mondiale. Secondo statistiche presentate dalla task force per le Mpmi al B20 di San Pietroburgo nel 2016, esse rappresentano la colonna portante della struttura industriale mondiale, e come afferma lo stesso Ma – presidente della task force in quell’occasione – rappresentano il 50% del GDP mondiale. Successivamente, il progetto verrà presentato e riconosciuto anche dai leader del G20 tenutosi lo stesso anno ad Hanghzhou.
La Malesia: prima Digital Free Trade Zone
Il progetto dell’ eWTP viene messo in pratica rapidamente: nel 2017 Jack Ma e il ministro malese Najib Razak siglano l’accordo d’inizio per il primo e-hub in Malesia che vede la creazione della Digital Free Trade Zone (DTFZ).
La Digital Free Trade Zone interseca da un lato lo sviluppo dell’idea di Ma sull’e-platform – sulla scorta del progetto dell’eWTP appunto – e dall’altro aggiunge il concetto delle Free Trade Zone.
Le Free Trade Zone sono zone economiche speciali (Zes) introdotte dalla Cina durante la stagione delle riforme negli anni ’70. Esse dovevano fungere da poli attrattivi per gli investimenti esteri grazie a delle regolamentazioni più libere e accessibili in termini fiscali, legislativi ma anche salariali. Geograficamente disposte lungo la costa, questi poli trainarono ampiamente lo sviluppo economico -ma anche digitale- della Cina. Basti pensare che Shenzen – una delle prime quattro Zes istituite – ora viene definita la “Silicon Valley” asiatica.
Com’è strutturato l’hub malese
Per quanto riguarda il polo malese, l’hub pensato dovrà sorgere attorno all’area di Kuala Lumpur e prevede un:
- e-Fulfiment hub, ossia un polo logistico fisico che dovrebbe fungere da cargo aereo per gestire in maniera fluida il flusso degli ordini;
- Satellite Services hub, ossia un digital hub fisico che dovrà fungere da polo di consulenza. Dovrà facilitare anche la creazione di network transfrontalieri, e altri servizi per semplificare l’accesso al commercio online;
- e-Service, ossia una piattaforma online che permetta il collegamento tra utenti e fornitori;
- Servizi di e-payment online
I vantaggi della Digital Free Trade Zone
Ovviamente, il governo malese vede la Digital Free Trade Zone come un possibile strumento per ampliare il volume di esportazioni cross-border e un ottimo mezzo attraverso il quale poter lanciare la struttura portante dell’economia autoctona: le Pmi.
Senza contare i numerosi posti di lavoro che una tale opera potrebbe portare: lavori infrastrutturali per costruire i centri fisici, personale all’interno di questi hub (sia logistico, che digitale), piccoli imprenditori, stakeholders e così via.
Affinché un progetto del genere possa dare i suoi frutti, è necessaria una dotazione di capitale umano istruito ad interagire con questi nuovi mezzi. Il progetto della Digital Free Trade Zone vuole, infatti, promuovere anche dei servizi di e-talent: ossia organizzare incontri formativi che possano stimolare i piccoli imprenditori e il capitale umano meno qualificato ad avviarsi all’istruzione digitale e incentivare la digitalizzazione delle imprese. L’incentivo dell’imprenditoria, la formazione di capitale umano qualificato e il ruolo dello Stato come supporto sono stati sottolineati anche dell’Economic Outlook for Southeast Asia, China, and India 2020 Rethiking Education for Digital Era pubblicato dall’OCSE.
Perché proprio la Malesia come primo polo?
Dai dati forniti dalla Banca Mondiale nei suoi World Development Indicators è chiaro come la Malesia possa essere stata un polo d’attrazione per il lancio del progetto di Ma. La popolazione malese ha un bacino di d’utenza attiva su Internet che è stato in costante crescita dal 2010 al 2016, e con percentuali che in quest’ultimo anno hanno raggiunto punte dell’80%.
Ma non solo, sempre dall’Economic Outlook for Southeast Asia, China and India 2018, emerge che nei tre anni precedenti al lancio dell’accordo, le imprese malesi erano seconde solo a Singapore in termini di transazioni digitali, superando anche la media mondiale.
La Malesia rappresentava, quindi, un fertile terreno su cui innestare questo nuovo modello di crescita.
Le critiche
Alcuni imprenditori e analisti, come riporta un articolo della CNBC e una ricerca condotta dallo Yusof Ishak Institute , sono preoccupati per la possibile competizione delle aziende cinesi, che rischia di limitare l’effettivo sviluppo delle Pmi malesi.
Come afferma la professoressa Tham Siew Yean nella sua ricerca, le Pmi dovranno formulare delle strategie strutturate per riuscire a cogliere le opportunità fornite dalla Digital Free Trade Zone. La Digital Free Trade Zone non è un canale a direzione univoca. Come vengono facilitate le esportazioni, anche le importazioni vengono agevolate andando a costituire in realtà un potenziale pericolo per le Pmi.
Altro punto che solleva alcune preoccupazioni da parte degli studiosi è il monopolio di Alibaba attorno all’espansione di questo progetto. Preoccupazione soprattutto di un allargamento della zona d’influenza cinese in termini economici.
Il progetto eWTP, infatti, non si è fermato solo all’area dell’(ASEAN). Ha raggiunto prima il continente africano, dove Rwanda e successivamente Etiopia si sono accodate e accordate per il lancio di questo ambizioso progetto nel 2018; per poi arrivare in Europa con l’accordo stipulato con il primo ministro belga Charles Michel.
Slancio o zavorra?
Concludendo, l’eWTP e la Digital Free Trade Zone sono sicuramente dei mezzi con delle potenzialità per incentivare l’accesso di imprese all’interno del commercio internazionale, cercando di renderle competitive, digitali ed inclusive. Effettivamente, se il sistema produttivo in cui si inseriscono questi mezzi è pronto ad affrontare una transizione del genere potrebbe sicuramente portare a dei risultati proficui.
Meno certo è l’effetto che potrebbe avere su strutture industriali più deboli. Esse potrebbero subire la forte pressione di competitors esterni rischiando, quindi, di affossarle ancora di più. Jack Ma ha più volte rimarcato nei suoi discorsi di come sia necessario cogliere al volo le opportunità della globalizzazione e indirizzarle verso percorsi di crescita adeguati. Nonostante ciò nel corso della storia abbiamo visto come le nazioni economicamente più fragili non sempre abbiano beneficiato di aperture repentine per il lancio delle loro economie.
Tuttavia, le prospettive di crescita fornite sono altrettanto forti. Investimenti nei settori all’avanguardia dell’ICT, nuovi posti di lavoro, alfabetizzazione digitale. Tutti fattori che permetterebbero all’economia malese di stare al passo in settori moderni e di cui potrebbero beneficiare soprattutto i più giovani.