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Le elezioni regionali nelle Marche 2020

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Orizzonti Politici ha scritto la guida per le elezioni regionali nelle Marche 2020. Per tutte le nostre guide regionali alle elezioni 2020 puoi cliccare qui!

Le elezioni regionali nelle Marche 2020: digressione storica

Un passato recente dominato dal Centrosinistra

Le regionali nelle Marche potrebbero riservare una sorpresa, almeno per quanto indica la media dei sondaggi. Dalla costituzione ufficiale della regione nel ’70 fino alla fine della Prima Repubblica, ha sempre governato la Democrazia Cristiana. Dal ’95 fino all’ultima elezione nel 2015, invece, si sono sempre affermate coalizioni di Centrosinistra. Alle ultime elezioni politiche nel 2018, nelle Marche si sono affermate le liste del M5S (35%) e del Centrodestra (33%, con Lega primo partito) con la coalizione di Csx terza al 24% (- 7% rispetto alle politiche del 31%). Alle elezioni europee del 2019 il margine è aumentato ulteriormente, con la Lega nettamente primo partito al 38%, dato impressionante rispetto al 17% delle politiche del 2018, mentre il PD ha preso il 22% (addirittura -23% rispetto alle europee del 2014).

Due tornate molto diverse, le politiche e le europee, eppure le regionali (anche nelle Marche) sono elezioni a metà, un po’ nazionali un pò’ locali, dove il sentimento verso il Governo pesa molto sulla decisione degli elettori, così come l’operato della giunta uscente. Politicamente le Marche sono una regione spaccata: il Centro-Nord a trazione Pesaro-Ancona è da sempre stato la roccaforte del Csx, mentre il Sud è storicamente un baluardo della Destra, perché sono questi i partiti che hanno più consenso in quelle zone, dove i moderati raramente hanno trovato spazio.

Il Governatore uscente, Luca Ceriscioli 

Professore di matematica all’Itis di Urbino, nato e vissuto a Pesaro di cui è stato sindaco dal 2004 al 2014, Luca Ceriscioli è il Governatore uscente della Regione Marche. Una carriera precoce, con le esperienze come consigliere del comune di Pesaro e la delega come assessore alle politiche per la collettività e il territorio.
Alle elezioni regionali nelle Marche del 2015 trionfa con il 41% dei voti a capo di una coalizione di Centro-sinistra a guida Pd.
Eppure, il dato più eclatante di quelle elezioni fu sicuramente l’altissimo astensionismo (46.1%). Un dato importante da considerare perché il clima di sfiducia verso la politica era ed è rimasta una costante nelle dinamiche marchigiane, con cui il Governatore Ceriscioli ha dovuto fare i conti.

Ceriscioli all’epoca si presentava come un candidato nuovo, di rottura, l’uomo estraneo alla logica delle correnti interne. Il programma era improntato ad una modernizzazione della Marche e ad un rilancio del suo ruolo sul piano nazionale ed internazionale, attraverso un potenziamento delle infrastrutture, ad una sanità più capillare e alla trasparenza delle decisioni politiche. Eppure Ceriscioli non è mai riuscito a farsi amare dai marchigiani, e nemmeno dai colleghi di Partito. Tra chi gli ha rimproverato una mancanza di leadership, a chi gli ha criticato le cattive scelte organizzative a livello di politica regionale.

Ma a pesare enormemente sul consenso di Ceriscioli è stato sicuramente il sisma che ha colpito il Centro Italia nel 2016. Le scosse di agosto ed ottobre, e successivamente di gennaio dell’anno dopo, hanno colpito terribilmente Abruzzo, Umbria, Marche e anche una parte del Lazio.

I danni sono stati incalcolabili, a fronte della distruzione di buona parte dei centri storici e degli edifici e la morte quasi 300 persone. Non è stata apprezzata la gestione successiva dell’emergenza, troppo burocratizzata ed incapace di rispondere velocemente ai problemi delle persone. Lo si è visto in Umbria, dove la campagna della ora governatrice leghista Donatella Tesei ha beneficiato in gran parte del malessere generato dalla gestione del post-terremoto da parte della Giunta Regionale di Csx.

Lo stesso problema si è ripresentato nelle Marche, dove la zona colpita dal terremoto, quella del Sud, non sembra aver perdonato a Ceriscioli la gestione dell’emergenza. In una zona tradizionalmente a destra, i partiti sfrutteranno questo malessere generalizzato per compattare la propria base elettorale nell’area, pronta a votare in massa rispetto alle astensioni del 2015. A pesare sul giudizio di Ceriscioli anche la sanità che, nonostante sia stata spesso indicata come uno dei modelli più virtuosi del Paese, è percepita distante e inefficiente da una buona parte di opinione pubblica marchigiana, per via delle lunghe liste d’attesa.

Tra le critiche più forti a Ceriscioli in tema sanità figura inoltre l’assenza di un Assessorato alla Sanità. Proposta raccolta invece da Maurizio Mangialardi, il candidato della coalizione di Csx per il 2020. Il clima di sfiducia e i dubbi sul consenso di Ceriscioli hanno portato quest’ultimo e la direzione regionale del Partito Democratico a non riconfermare l’ex sindaco di Pesaro per un secondo mandato. 

Le elezioni regionali nelle Marche 2020: Gli sfidanti e i temi principali della campagna elettorale

La proposta di Mangialardi è arrivata dallo stesso Ceriscioli, che lo ha indicato come potenziale candidato per le regionali. Dopo mesi di consultazioni ed un ballottaggio che ha visto la coalizione di Csx muoversi tra le proposte Mancinelli (sindaco di Ancona), Longhi (ex rettore dell’Università Politecnica delle Marche) e dello stesso Mangialardi, è quest’ultimo che ha prevalso.

Classe 1964, nato a Senigallia ed ex insegnante, Maurizio Mangialardi ricalca per certi versi il percorso del Governatore uscente delle Marche. Dai banchi di scuola fino alla politica, a Senigallia inizia come consigliere comunale nel ’94 e poi come assessore comunale alle Infrastrutture e ai servizi pubblici dal 2005 al 2010. Diventa sindaco della città nel 2010, e viene riconfermato per un secondo mandato nel 2015, e dal 2013 è presidente di Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) Marche, anche qui eletto per due mandati consecutivi.

Proprio su questo sta puntando molto forte Mangialardi: la sua conoscenza del territorio e della politica regionale come garanzia di buon governo. Tra i punti chiave del programma di Mangialardi, l’insistenza sulla volontà di utilizzare i fondi del Mes e del Recovery Fund per far ripartire le Marche grazie all’entità dell’investimento (8 infatti i miliardi di euro dedicati alle Marche). Un’opportunità da cogliere subito per dare respiro alle famiglie e alle imprese. Tra le altre proposte, il potenziamento della sanità territoriale e di prossimità con presidi su tutto il territorio e l’istituzione dell’Assessorato alla Sanità. In merito alla ricostruzione post-sisma, la proposta è di snellire le procedure burocratiche per dare i soldi ai comuni colpiti dal terremoto, utilizzando i fondi europei. Sulle infrastrutture, altro punto cruciale della campagna nelle Marche, Mangialardi propone il completamento di progetti come la Piceno-Fermana e la Fano-Grosseto, alcuni fermi da più di 30 anni.

Dall’altra parte Francesco Acquaroli, consulente finanziario e candidato con la coalizione di Cdx, si propone di ricostruire le Marche e di rimediare alla gestione della Giunta Ceriscioli, con un programma politico di “10 impegni strategici e 10 priorità operative del nuovo sviluppo per le Marche del XXI Secolo”. Lo slogan “Ricostruiamo le Marche” del candidato di Fratelli d’Italia è emblematico per descrivere i temi della sua campagna. Tra tutte, figura la ricostruzione del sistema sanitario, percepito come lontano dalle persone e con liste di attesa infinite. Acquaroli propone di riscrivere il Piano Sanitario, andando ad analizzare i bilanci dell’Asur, de-politicizzando un sistema in mano ai Partiti, ed aumentando i presidi sul territorio. Sul piano delle infrastrutture, l’intenzione è quella di colmare il gap infrastrutturale della Dorsale Adriatica, di diminuire le distanze fra le aree interne facendo uscire dall’isolamento molti piccoli comuni.

Un altro punto fondamentale è la ripartenza economica. Su questo l’attenzione è passata ad un altro grande avvenimento che ha condizionato la politica marchigiana: il fallimento di Banca Marche del 2015. Per superare la crisi economica derivata da quella vicenda la proposta è di sostenere l’internazionalizzazione delle imprese e favorire l’accesso al credito, semplificando la burocrazia e sostenendo un sistema di incentivi e investimenti, anziché di assistenzialismo.

L’altro candidato di punta delle elezioni Regionali delle Marche è Gian Mario Mercorelli, grafico, con il Movimento 5 Stelle, che è stato tentato fino all’ultimo da Mangialardi e dal PD di ritirarsi per creare una coalizione più ampia per le regionali nelle Marche. Alla fine un nulla di fatto, con Mercorelli che correrà da solo e che ha accusato il PD di aver tentato di comprarlo in cambio di qualche poltrona.  L’alleanza tra Pd e M5S  al Governo nazionale non è stata riproposta nelle Marche, come in tutte le altre Regioni dove si andrà a votare eccetto che in Liguria.

Nel programma per le regionali, Mercorelli ha individuato tra le priorità il sostegno alle Pmi, la riforma del Sistema Sanitario e un piano per l’innovazione tecnologica.
A proposito della sanità, ha denunciato la privatizzazione e le liste d’attesa chilometriche. Sulle infrastrutture, l’obiettivo è di riaprire la Fano-Urbino e ridare impulso al trasporto su rotaia. Il punto su cui insiste Mercorelli è la modernizzazione delle Marche e il dare impulso al turismo, campo dove Ceriscioli è accusato di non aver completato praticamente nulla.

La legge elettorale

Le elezioni regionali nelle Marche si svolgono attraverso la Legge Tatarella. Diventa Governatore della Regione il candidato che ottiene la maggioranza dei voti validi a livello regionale. Vengono attribuiti 18 seggi alla coalizione vincente se ha ottenuto una cifra pari o superiore al 40%. Per il Consiglio Regionale, vige un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5%. Non c’è il voto disgiunto per cui non è possibile votare separatamente una lista ed il candidato Presidente. Ha fatto molto discutere la proposta di legge ammazza terzi invocata da PD e Verdi che doveva permettere solo ai primi due candidati Presidenti delle elezioni di entrare in Consiglio (il cui numero di consiglieri è passato da 42 a 30 nel 2012). Con un emendamento inserito all’ultimo secondo da Gianluca Busilacchi di Articolo Uno, la legge entrerà però in vigore solamente dalle elezioni nel 2025.

Massimiliano Garavallihttps://orizzontipolitici.it
Classe ’97, ma con le occhiaie da quarantenne. Fondatore del blog culturale Sistema Critico, scrivo di politica e filosofia, e nel mezzo qualche poesia. Mi sono laureato con double degree in Economia e Management ad Urbino ed in European Economic Studies a Bamberg, Germania. Mi piace pensare che ogni nostro piccolo pensiero sia una spinta per qualcuno a cambiare.

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