Quando conquistò l’indipendenza nel 1966, il Botswana era uno degli Stati più poveri al mondo. Il Paese, della dimensione della Francia, contava appena una decina di chilometri di strada asfaltata e un Pil pro capite di meno di 90$ all’anno. Per avere una misura, questo corrispondeva al 14% della media mondiale e al 53% della media Africana. Solo il 2% della popolazione aveva completato la scuola primaria e appena 22 persone potevano vantare un diploma universitario. Oggi le cose sono diverse. Ogni cittadino guadagna in media 6700$ all’anno, un reddito più di 4 volte maggiore rispetto a quello della media Africana. Allo stesso tempo, il Botswana vanta uno dei sistemi stradali migliori del continente e al 90% dei bambini viene impartita almeno l’educazione primaria. Il Paese gode anche di solide istituzioni democratiche che sono state mantenute sin dal 1965, quando si tennero le prime elezioni per decidere la composizione dell’Assemblea Nazionale. Ad oggi, il Botswana è considerato la più antica democrazia d’Africa.
In molti hanno studiato l’evoluzione del Botswana per chiedersi il motivo di tanto successo. Com’è possibile che uno Stato che molti non consideravano sostenibile a livello economico sia riuscito a raggiungere un tale livello di stabilità e benessere? In questo articolo proveremo a rispondere a questa domanda toccando le teorie che sono state più trattate dalla letteratura specialistica.
Una manna dal cielo: i diamanti del Botswana
La risposta più ovvia che si potrebbe dare è che il Botswana è stato benedetto da una enorme ricchezza mineraria. Il Paese è il secondo maggiore produttore di diamanti dopo la Russia. Secondo il British Geological Survey, nel 2019 il Botswana ha prodotto quasi il 6% dei diamanti grezzi al mondo. Questo ha portato ingenti quantità di denaro per la piccola nazione africana, e un flusso costante di investimenti esteri. L’industria dei diamanti è responsabile di circa il 25% del Pil del Paese e genera oltre il 70% delle esportazioni. Inoltre, le rendite provenienti dalla loro estrazione contribuiscono per la metà delle entrate del governo. È grazie a questi fondi che il Botswana ha avuto l’opportunità di svilupparsi, investendo in infrastrutture ed istruzione.
D’altro canto, mentre l’abbondanza di gemme e minerali preziosi potrebbe sembrare un fattore che contribuisce in modo inequivocabilmente positivo allo sviluppo di un Paese povero, i dati ci danno un quadro più complicato. Gli esperti hanno coniato il termine “maledizione delle risorse” per indicare il paradosso che vede molte delle regioni ricche di materie prime avere uno sviluppo minore rispetto a Paesi che sulla carta dovrebbero essere meno prosperi. Un esempio lampante di questo concetto è offerto dalla Repubblica Democratica del Congo, che nonostante la grande ricchezza di minerali rari, rimane uno degli Stati più poveri al mondo, dilaniato dai conflitti interni per il diritto a queste risorse e dal malgoverno. Il Botswana, invece, è riuscito a stabilirsi come un esempio virtuoso per gli altri Paesi in via di sviluppo nella gestione delle sue risorse.
Debswana: una partnership esemplare
Una delle chiavi del modello Botswana risiede nel modo in cui il Paese ha organizzato lo sfruttamento di queste risorse. I diamanti vengono estratti da una azienda partecipata in parti uguali dal governo del Botswana e dal gruppo De Beers. Debswana (così si chiama questa partnership) nacque alla fine degli anni ’60, dopo che i geologi di De Beers annunciarono la presenza di un possibile giacimento nel Paese, e da allora è stata caratterizzata da una sorprendente stabilità. Contrariamente da quello che vediamo in altre regioni, dove nazionalizzazioni ed espropriazioni delle aziende estere sono comuni, il Botswana è riuscito ad instaurare un rapporto di fiducia con l’azienda. Questo ha portato a vari vantaggi, quali il fatto che il governo riesca a trattenere il 75% delle rendite dalla vendita di diamanti.
Inoltre, secondo Greg Mills del South African Institute of International Affairs, il fatto che le risorse in Botswana siano particolarmente difficili da raggiungere e sfruttare costringerebbe il governo a moderare i suoi istinti predatori, per via della necessità di avere un vero e proprio partner privato per poterle estrarre. Quando invece i diamanti e le altre risorse si trovano in contesti più accessibili è più probabile che la loro estrazione sia dominata da gang armate o che il governo abbia atteggiamenti predatori nei confronti delle aziende estere. Un esempio è il Sierra Leone, dove i diamanti sono spesso trovati sul letto dei fiumi, portando ad una situazione di instabilità che ha avuto il suo apice durante la guerra civile negli anni ’90.
Uno Stato-nazione in Africa
Un altro dei fattori che avrebbe portato a questa condizione di stabilità è la composizione demografica del Botswana, che risulta essere poco popolato ed etnicamente omogeneo. Degli appena 2.300.000 di abitanti, circa l’80% appartiene all’etnia Tswana. Questo dato ha significato che la propensione al conflitto è decisamente più bassa che in altre regioni, dove le divisioni etniche sono spesso utilizzate dagli attori politici come motivazione dietro alla feroce competizione per le scarse risorse ed opportunità economiche presenti.
Inoltre, secondo molti studiosi, tra cui James A. Robinson e Zibani Maundeni, la preponderanza dell’etnia Tswana è stato un fattore fondamentale nella creazione delle forti istituzioni democratiche del Paese. Differentemente da altri Stati africani, il Botswana ha visto una presenza coloniale molto limitata. I britannici si limitarono ad instaurare un protettorato al fine di bloccare le mire espansionistiche di tedeschi e boeri nella regione, ma lasciarono le strutture di governo intatte e in mano a leader locali. Questo, unito alla già citata omogeneità etnica, ha fatto sì che, in un esempio più unico che raro in Africa, le istituzioni dello Stato potessero formarsi progressivamente e naturalmente dall’evoluzione delle strutture di governo precoloniale.
In particolare, sarebbe significativo il fatto che la tradizione Tswana dia al capo di una comunità un ruolo di guida più che di leader assoluto. Infatti, l’istituzione fondamentale della società tribale Tswana era la Kgotla, un’assemblea che il capo doveva interrogare ogni volta che una decisione importante doveva essere presa, in modo da garantire il più largo consenso possibile. Ciò evidentemente rese naturale la transizione verso la democrazia e la tradizionale trasparenza del governo, che fa sì che ogni anno si trovi al primo posto nel continente negli indici di corruzione percepita, superando spesso anche Paesi europei come l’Italia e la Grecia.
Una leadership pragmatica e moderata
Infine, se vogliamo capire quali fattori hanno portato il Botswana ai livelli attuali di prosperità e al buon governo delle risorse che lo caratterizza, dobbiamo necessariamente guardare alla leadership del Paese. Risulta infatti impossibile ignorare il contributo fondamentale dei primi presidenti nell’instaurare alcune norme di comportamento.
Quando il presidente Seretse Khama venne a sapere della presenza di diamanti nel Paese non perse tempo ed istituì il principio secondo cui le risorse sarebbero appartenute allo Stato, raggiungendo in tal senso un accordo con le autorità tribali, che ancora avevano ampi poteri sul territorio. Questo nonostante la maggior parte di queste fossero state individuate proprio nel suo distretto tribale. Così facendo si riuscì a evitare che si creassero divisioni e conflitti tra le varie tribù.
Inoltre, i governanti mantennero sempre una politica fiscale e monetaria prudente. Ciò ha fatto sì che il Botswana riuscisse a mantenere una relativa stabilità macroeconomica, evitando i cicli di espansione e di crisi tipici delle economie dipendenti dalle materie prime. I surplus fiscali sono riusciti a mantenere sotto controllo l’inflazione, mentre una buona parte dei fondi provenienti dall’industria mineraria sono andati verso gli investimenti, evitando che l’aumento del tasso di cambio dovuto all’esportazione di risorse andasse a colpire troppo duramente la competitività dell’economia non-mineraria.
Un modello da seguire?
In questo articolo abbiamo analizzato un interessante esempio di come un arido e spopolato Paese africano sia riuscito a raggiungere un benessere economico senza precedenti in pochi decenni. Questo è stato certamente dovuto a fenomeni fortuiti, come la presenza di incredibili quantità di diamanti e la possibilità delle sue istituzioni di svilupparsi autonomamente dalle influenze coloniali. Tutto ciò sembrerebbe indicare che, differentemente da quella che è spesso stata la narrativa intorno al Paese, il Botswana non può essere considerato un “modello da seguire”. Contesti come quelli della Nigeria, dell’Etiopia o della Repubblica Democratica del Congo, con centinaia di milioni di persone appartenenti a centinaia di gruppi etnici diversi sono quanto di più lontano si possa immaginare dal placido Botswana.
D’altro canto, le politiche portate avanti dalla leadership hanno fatto sì che il Paese riuscisse a governare il proprio boom da risorse pragmaticamente, rendendo il processo sostenibile nel lungo periodo. Sarà però nei prossimi anni che capiremo davvero quanto il Botswana sia solido. Infatti, diversi esperti hanno stimato che nei prossimi 30 anni assisteremo alla fine delle riserve diamantifere del Paese. Questo metterà il piccolo Stato africano davanti alla sfida più dura della sua breve storia con una differenziazione dell’economia di cui ormai si parla da anni, ma su cui si è fatto poco o niente. Questo certamente metterà alla prova le istituzioni create in questi anni e porterà alla scrittura di un nuovo capitolo nella sorprendente storia del Botswana: la “Svizzera d’Africa”.
* Vista del Distretto Commerciale di Gaborone, capitale del Botswana [crediti foto: Justice Hubane su Unsplash]