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Un anno di guerra in Ucraina: come è cambiato il mondo?

Tempo di lettura stimato: 7 min.

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Il 24 febbraio 2022, alle ore 5.07 del mattino, le forze armate della Federazione Russa lanciavano la prima offensiva, dando il via alla guerra in Ucraina. Iniziata con l’occupazione della Crimea nel 2014, e continuata carsicamente nelle regioni del Donbass ucraino, la guerra si trasforma: diventa aperta, diretta, totalizzante. Una guerra “tradizionale”, che vede due fazioni contrapposte confrontarsi sul campo di battaglia. Molto è stato scritto, e detto, sulle sue cause. A distanza di 12 mesi, si iniziano anche ad intravederne le conseguenze. 

Il ritorno della dimensione strategica

La prima conseguenza è stata il ritorno del dibattito sulla sicurezza all’interno dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri. La guerra in Ucraina ha sollevato ricordi nefasti, interrompendo un periodo di pace che durava da oltre 70 anni. Secondo alcuni analisti, infatti, il conflitto non riguarda unicamente l’Ucraina, ma l’intero assetto politico post-Guerra fredda del Vecchio Continente, con il tentativo di ritorno del concetto di sfere d’influenza portato avanti da Mosca. Gli effetti possono essere analizzati su tre livelli: comunitario (Unione Europea), intergovernativo (NATO), e statale (i singoli Stati).

A livello comunitario (UE), il maggiore impatto ha riguardato un cambio di passo sulle politiche di sicurezza e difesa: mentre in precedenza l’UE si concentrava unicamente sulla gestione delle crisi di “bassa intensità”, ovvero con operazioni estere rivolte ai civili, la guerra in Ucraina ha rafforzato la necessità di rafforzare e potenziare la sfera militare. Attraverso lo Strategic Compass del marzo 2022, l’UE ha, tra le altre cose, stabilito la creazione di unità di risposta rapida composta da 5000 soldati, introdotto periodiche esercitazioni militari marittime e terrestri tra gli Stati membri e potenziato la cooperazione e gli strumenti per le analisi di intelligence e le risposte alle minacce ibride (tra cui disinformazione e cyber attacchi).

A livello intergovernativo (NATO), l’Alleanza Atlantica è tornata ad avere un ruolo di primo piano nello scenario europeo, dopo un periodo in cui molti leader -tra cui lo stesso Donald Trump- avevano dubitato dell’utilità dell’organizzazione. Tale riconoscimento non proviene solamente dall’UE, che continua a ritenere la NATO come principale fondamento della difesa europea, ma anche dagli Stati fino ad ora rimasti neutrali. La richiesta di ingresso da parte di Svezia e Finlandia dimostra come gli Stati occidentali ritengano l’Alleanza la migliore assicurazione difensiva contro le minacce militari; tale sicurezza viene anche dagli ingenti aiuti che gli Stati hanno deciso di inviare all’Ucraina sotto egida NATO.

A livello statale, la guerra in Ucraina ha generato nuovi timori sul livello di sicurezza garantito da ogni esercito nazionale. Per questo motivo, nazioni come la Germania o la Polonia hanno deciso di iniziare piani di riarmo, mentre altri Stati europei hanno dichiarato il loro impegno a raggiungere il 2% del PIL in spese militari (sebbene alcune, fino ad oggi, siano rimaste solo dichiarazioni).

Infine, un’altra grave conseguenza sul piano strategico è stata l’erosione del “tabù nucleare, ossia la norma internazionale, non scritta, che stigmatizza l’utilizzo di armi atomiche come strumenti offensivi. Putin ha più volte intimato l’uso di armi tattiche nucleari (con raggio e potenza limitata rispetto a quelle strategiche) per spaventare e far indebolire il supporto militare occidentale all’Ucraina. Sebbene tali minacce si siano rivelate finora infondate, dal momento che il ricorso all’atomica potrebbe avere gravi conseguenze sulla stessa Russia, il solo discuterne come se fosse una possibilità concreta indebolisce il sistema di garanzie che ne impediscono l’utilizzo. La decisione del Cremlino di ritirarsi dal trattato della riduzione delle armi nucleari New START, siglato tra gli USA e la Russia, testimonia ulteriormente come l’ombra del nucleare sia tornata nel Vecchio Continente. 

Le ricadute economiche della guerra: sanzioni e decoupling

Oltre all’ambito strategico, la guerra in Ucraina ha generato gravi ricadute sul piano economico. Subito dopo l’invasione, l’Ue e gli Stati Uniti hanno adottato sanzioni economiche contro la Russia: il primo pacchetto di sanzioni, a febbraio 2022, ha colpito l’accesso della Russia ai mercati finanziari europei, insieme a 555 individui e 52 entità che avevano minato all’indipendenza dell’Ucraina. A distanza di un anno, arrivati all’approvazione del decimo pacchetto, le sanzioni sono consistite per gran parte in restrizioni della finanza russa, della sua Banca centrale e delle sue esportazioni di carbone e petrolio. Numerose aziende si sono inoltre ritirate volontariamente dal mercato russo.

Guardando al valore delle esportazioni nette della Russia nel breve periodo, non sembra che le sanzioni ne abbiano fortemente limitato le capacità economiche. Tra gennaio e settembre 2022, Mosca ha esportato 198.4 miliardi di dollari in più di quanto ha importato. I prezzi stellari dei beni esportati limitano gli effetti dell’embargo europeo sul petrolio e del volume più basso di gas venduto. Questo dato, tuttavia, non indica che le sanzioni siano inefficaci, perché gli effetti della caduta delle esportazioni tenderanno a materializzarsi sul lungo termine. 

La pronta risposta della Banca di Russia ha permesso di navigare l’esclusione del paese dai maggiori mercati finanziari. Da un punto di vista fiscale, tuttavia, nell’estate 2022 il debito pubblico è andato in pesante deficit. Diversi settori, tra cui quello automobilistico e dell’aviazione, sono colpiti visibilmente dagli investimenti ridotti, dai controlli sulle esportazioni e dalla ritirata delle aziende estere. Il PIL russo si è contratto per un valore tra il 2.2% e il 3.9% nel 2022. Documenti interni al Cremlino tradivano in autunno una preoccupazione ben maggiore dell’effetto economico delle sanzioni.

Potrebbe essere il mercato dell’energia la chiave per abbattere la capacità russa di finanziare ancora la guerra in Ucraina. L’embargo sul petrolio da poco imposto dovrebbe avere ripercussioni severe, a causa anche dei prezzi molto ridotti dei contratti alternativi con India e Cina. La situazione del gas naturale è ancora peggiore. Data la scelta dell’EU di separare il suo mercato dagli approvvigionamenti della Russia, questa rischia di chiudere il 60% delle sue infrastrutture per il trasporto del gas. La prospettiva di diversificare le esportazioni costruendo nuovi condotti verso l’Asia richiederà però anni.

Un mondo più frammentato

Sul piano politico, la guerra in Ucraina ha esacerbato le divisioni dell’ordine internazionale. Ad oggi, lo stato del mondo appare più frammentato rispetto ad un anno fa. Infatti, mentre l’Occidente ha prontamente reagito all’invasione russa schierandosi con il popolo ucraino e adottando imponenti sanzioni, il resto del globo è stato spesso meno coinvolto nella condanna alle azioni del Cremlino. 

Lo scorso 23 febbraio, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato, con una maggioranza schiacciante di 141 voti a favore, una risoluzione che prevede la richiesta di un ritiro immediato e incondizionato di Mosca. Sette sono invece i Paesi che hanno votato contro la risoluzione, tra cui figurano, oltre alla Russia, Siria, Bielorussia, Eritrea, Nord Corea, Nicaragua e, per la prima volta, il Mali. La Cina, così come l’India ed il Sudafrica, sono invece tra i Paesi che si sono astenuti da un voto di condanna: ad un anno dallo scoppio della guerra la coalizione NATO non è ancora riuscita ad isolare completamente Mosca.

Questo è indicativo della differenza di posizioni tra i Paesi del Nord e del Sud Globale: l’India, ad esempio, ritiene che la guerra sia soltanto un “problema europeo”, ed ha aiutato la Russia ad aggirare le sanzioni, pur essendo parte del “QUAD” – un dialogo quadrilaterale con Stati Uniti, Australia e Giappone, in funzione anticinese. Questo esemplifica la posizione di molti Stati, storicamente afferenti al Movimento dei Non-Allineati, che di fronte alla polarizzazione tra “West and the Rest”, scelgono di rimanere equidistanti e perseguire i propri interessi nazionali. Infatti, le difficoltà del Sud del Mondo sono aumentate esponenzialmente in seguito agli sconvolgimenti causati prima dall’arrivo della pandemia nel 2020 e successivamente dall’invasione russa. Ad esempio, il blocco delle esportazioni di grano – di cui Ucraina e Russia sono tra i principali produttori mondiali – ha causato una grave crisi alimentare nei Paesi che dipendono dalle importazioni per soddisfare la domanda interna (come l’Egitto). Uscendo dalla prospettiva eurocentrica, la guerra in Ucraina perde di rilevanza nell’agenda politica, e diventa un tassello nel quadro più ampio della rivalità tra Stati Uniti e Cina.

Un anno di guerra in Ucraina

Infine, non vanno dimenticati coloro che, da un anno, stanno pagando il costo della guerra in prima persona. Avere una stima precisa delle perdite da parte russa e ucraina è difficile, perché entrambe le parti ne sottostimano la reale entità. Tuttavia, secondo alcune stime, il numero di morti e feriti tra i militari si aggirerebbe intorno alle 200 mila unità tra le truppe russe, e a circa 100 mila tra i soldati ucraini. Non vanno dimenticate, inoltre, le perdite tra la popolazione civile: dai dati OHCHR, più di 8 mila civili hanno perso la vita in Ucraina (di cui 487 bambini), con più di 13 mila feriti. A questi si aggiungono, poi, più di 18 milioni di persone che, secondo l’ONU, sarebbero in disperato bisogno di assistenza umanitaria – e senza contare, poi, i flussi di rifugiati in fuga dai teatri degli scontri. Di fronte alla sofferenza e alla perdita di vite umane su così larga scala, viene da interrogarsi se, all’alba del secondo anno di combattimenti, sia possibile raggiungere una soluzione pacifica. Ciò che è certo, è l’augurio, da un anno a questa parte, di non dover portare questo articolo ad una seconda edizione. 

Testo a cura di Saverio Rotella, Marcello Orecchia, Gaia Pelosi e Andrea Montanari

 

*Crediti foto: UNDP Ukraine via Flickr, A shelling partially destroyed a block of flats in Obolon district, Kyiv, 14 March 2022.
Redazione
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