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Trasporto marittimo: l’UE alla prova della transizione ecologica

Tempo di lettura stimato: 4 min.

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Quando si parla di cambiamento climatico, la mente corre subito alla necessità di abbandonare le auto a benzina, investire nelle energie rinnovabili, o ridurre l’inquinamento aereo. Eppure, anche il trasporto marittimo richiederà nei prossimi decenni una transizione di sistema, una sfida che l’UE ha deciso di fare sua. Sin dall’insediamento della Commissione von der Leyen nel 2019, l’Unione Europea ha deciso di fare della transizione ecologica uno degli assi fondamentali della sua azione politica. Dopo aver varato la Legge Europea sul Clima, che ha per la prima volta reso legalmente vincolante per l’UE il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, le iniziative in tal senso si sono moltiplicate nel contesto dello “European Green Deal”, un grande framework strategico finalizzato alla trasformazione di lungo termine dell’economia europea. 

In questo quadro, il settore dei trasporti ricopre un ruolo fondamentale, in quanto, in base ai dati forniti dalla European Environment Agency (EEA), costituisce un quarto delle emissioni totali di gas a effetto serra dell’UE, ed è l’unico settore dove le emissioni sono aumentate negli ultimi 30 anni. In ragione di questo trend, la Commissione UE si è fissata l’obiettivo di ridurre l’inquinamento derivante dai trasporti del 90% entro il 2050, proponendo una serie di iniziative relative agli spostamenti su strada e all’aviazione civile. In aggiunta, l’UE mira a ridimensionare la carbon footprint anche del trasporto marittimo tramite due principali strumenti: l’estensione del meccanismo di scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS) alle navi, e la graduale diminuzione della loro intensità energetica tramite il maggiore utilizzo di carburanti a basso e nullo contenuto di carbonio. 

Gli ostacoli verso la transizione: un mix energetico 100% fossile

Le misure proposte dalla Commissione UE riflettono la necessità di accompagnare il settore del trasporto marittimo, attualmente dominato dai combustibili fossili, verso un graduale abbandono di questi ultimi, evitando allo stesso tempo una frammentazione del mercato interno. In base agli studi di impatto condotti dalla Commissione, sono tre i principali ostacoli che fino ad oggi hanno impedito un utilizzo su larga scala di carburanti “verdi”. In primis, il differenziale di prezzo rimane alto tra combustibili tradizionali e rinnovabili, e questo, unito alla mancanza di incentivi sufficienti per gli operatori, rende la transizione poco conveniente. Inoltre, la disponibilità di tecnologie green rimane limitata, nonostante i passi in avanti fatti nello sviluppo di e-fuels e biocarburanti. In ultimo, questi ostacoli sono esacerbati da barriere di mercato, tra cui la lunga vita delle attuali navi ed infrastrutture di rifornimento, e l’interdipendenza tra offerta, domanda e distribuzione di combustibili. Il risultato di questo “cocktail” è un mix energetico completamente fossile, a fronte di un obiettivo stabilito dall’UE di portare i combustibili rinnovabili e a basse emissioni al 6-9% del mix per il trasporto marittimo internazionale entro il 2030. 

Le proposte della Commissione

Il regolamento “FuelEU Maritime” è una proposta avanzata dalla Commissione UE  al fine di accompagnare la transizione energetica del trasporto su nave. La normativa fissa dei target di riduzione graduale dell’intensità di gas a effetto serra (GHG) dell’energia utilizzata a bordo delle navi in arrivo, in stazionamento o in partenza da porti sotto la giurisdizione di uno Stato membro, oltre all’obbligo di usare l’alimentazione da terra nei porti sotto la giurisdizione di uno Stato UE. Nel complesso, queste misure, che hanno un orizzonte di applicazione variabile entro il 2030, consentirebbero una riduzione del GHG degli operatori del settore di almeno l’80% al 2050. 

Questo meccanismo va considerato in congiunzione con l’estensione dello scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS) alle navi, in linea con l’approccio dell’UE di un allargamento graduale del sistema a nuovi settori. In breve, l’ETS funziona come un dispositivo di “cap-and-trade”, in cui ogni operatore può produrre un tetto massimo di emissioni climalteranti, che vengono acquistate o assegnate gratuitamente. Il limite consentito diminuisce di anno in anno, così da incentivare la transizione verso tecnologie rinnovabili e da rendere i combustibili fossili gradualmente più costosi. Fino ad oggi, l’ETS dell’UE escludeva le emissioni derivanti dal trasporto marittimo, mentre gli emendamenti proposti dalla Commissione, e sostenuti da Parlamento Europeo e Consiglio UE, prevedono una progressiva copertura del settore entro il 2026, ed una costante riduzione delle emissioni consentite nei prossimi decenni.

Nel complesso, l’UE spera dunque di rendere sempre più accessibili e meno costosi i carburanti rinnovabili e a bassa impronta di carbonio, incentivando la ricerca nel loro sviluppo e influenzando le preferenze del mercato, allo stato fortemente sbilanciate verso i combustibili fossili. 

USA e Cina, i giganti del fossile

Mentre le misure proposte hanno un elevato potenziale di rafforzare gli sforzi UE verso l’obiettivo zero emissioni entro il 2050, il loro successo dipenderà largamente dalla reazione dei partner internazionali dell’Unione, ed in particolare di Stati Uniti e Cina. Guardando infatti all’applicazione territoriale di entrambi i meccanismi, le emissioni considerate non riguardano solo le tratte intra-europee, ma anche la metà di quelle prodotte lungo le tratte internazionali, riflettendo il tentativo dell’UE di spingere l’intera comunità internazionale verso una decarbonizzazione del trasporto marittimo. In un contesto simile, già nel 2008 la Commissione Europea aveva tentato di estendere il meccanismo ETS ai voli internazionali, scontrandosi però con le resistenze dell’amministrazione Obama e del gigante cinese. Il risultato era stato un accordo nell’ambito dell’International Civil Aviation Organization (ICAO) per implementare un meccanismo, denominato CORSIA, ben più limitato rispetto alle iniziali ambizioni europee. 

Sarà dunque cruciale nei prossimi mesi ponderare le risposte dei principali partner commerciali dell’UE, considerando la fattibilità di eventuali modifiche ai meccanismi proposti e il loro impatto sugli obiettivi di transizione ecologica fissati dai Paesi membri, agendo nei forum internazionali esistenti, come l’International Maritime Organization (IMO), per raggiungere soluzioni condivise.

 

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