Il modello di governance europea
In linea teorica, esistono tre presupposti di fondo al corretto funzionamento di un progetto comunitario quale quello Ue. Anzitutto, un’unione europea ha bisogno di fissare una linea di azione comune, da rivolgere all’esterno come sintesi programmatica: in altre parole, un sistema sovranazionale di priorità, indirizzi e decisioni condiviso dai suoi Stati membri. Pur senza abbandonare la propria sovranità nazionale, tra i Paesi dell’unione dovrebbero poi rintracciarsi similarità di contesto, soprattutto socio-politico, in modo da facilitare l’accordo sulle misure comunitarie da attuare all’interno. Da ultimo, ricordiamo che l’unione è un progetto comunitario dotato di competenze che spetterebbero agli Stati sovrani. Per questo, il terzo requisito consiste nell’elemento democratico, sia inteso in senso stretto con meccanismi di elezione diretta (e indiretta) degli organi dell’Unione, oppure in senso più ampio, considerando anche le ipotesi di coinvolgimento e iniziativa della società civile nei confronti delle istituzioni europee.
Il nodo problematico dell’Unione europea
La realtà, però, è che riuscire contemporaneamente in queste tre direzioni è molto più complesso di quanto possa sembrare. La necessità di un processo decisionale più centralizzato ed efficace, l’impegno per la stabilità e la prosperità di tutta l’Unione e l’orientamento alla legittimazione popolare si combinano per formare una “triade impossibile” per la governance europea.
Non è stato infatti possibile per l’Unione agire contemporaneamente avendo riguardo di tutte tre le prospettive, nemmeno nelle circostanze più critiche della sua storia. Non è accaduto tra fine anni Ottanta e inizi Novanta, quando alla creazione del mercato unico e dell’Unione economica e monetaria (Uem) la sovranità è stata delegata a livello sovranazionale con l’istituzione della Banca centrale europea. Nemmeno è accaduto negli anni delle crisi finanziarie, dove a prevalere sono state le cosiddette “soluzioni intergovernative”, con il ruolo decisivo (di una parte) del Consiglio europeo nel dettare la cosiddetta linea dura dell’austerità. Né in risposta all’urgenza dei flussi migratori è ancora emersa una politica d’immigrazione comunitaria, in mancanza di accordi effettivi e piani di coordinamento sovranazionali. Sulla scorta di queste considerazioni, è così che la triade impossibile viene definita anche “triangolo dell’inconsistenza europea”: il dilemma cioè di conoscere tutte tre le dimensioni essenziali al successo e al funzionamento del progetto comunitario, ma di fatto rilevare l’impossibilità di agire soddisfandone più di due alla volta.
Profonda integrazione politica: il livello sovranazionale
Nel dettaglio, i singoli vertici del triangolo sono molto indicativi per comprendere alcuni dei problemi dell’Unione europea. Partendo dalla scarsa integrazione a livello governativo tra i Paesi membri, la prima critica che viene mossa riguarda l’efficacia dell’azione sovranazionale. Laddove manchi una sintesi comprensiva delle differenti vedute dei singoli Stati, è facile intuire che o dovrà prevalere una linea sulle altre, sollevando la questione se esistano Paesi più legittimati di altri, oppure, se possibile, ogni Stato preferirà adottare una propria strategia. Questo spiega ad esempio come l’Unione europea sia una grande assente in politica estera. Si pensi al suo (non) ruolo nelle Primavere arabe, eccezion fatta per l’intervento in Libia del 2011, comunque non a guida Ue, oppure alla crisi del 2014 in Ucraina, dove all’imposizione di sanzioni non seguirono azioni concrete per ripensare strategicamente il rapporto con la Russia.
Il ruolo delle istituzioni nazionali: l’equilibrio fra Stati membri
Altro tema tradizionalmente inserito tra i problemi dell’Unione europea è quale sia il rapporto tra Stati e Ue, come si possa cioè perseguire senza sovrapposizioni o contraddizioni l’interesse dei Paesi membri. La logica di un sistema di istituzioni sovranazionale dovrebbe essere pensata proprio per arginare casi di impasse politico, eppure, nel modo in cui è stato costruito il sistema europeo contiene al suo interno gli elementi necessari a creare numerose situazioni di paralisi istituzionale. In questo caso, l’esempio è immediato: basti pensare al fatto che larga parte delle norme europee vengono implementate grazie al coordinamento volontario da parte dei governi nazionali, espressione di maggioranze politiche che possono differire molto fra Stati e quindi influenzare grandemente l’applicazione pratica delle direttive europee. L’allargamento progressivo dell’Ue ha sicuramente complicato ulteriormente la situazione, costringendo soprattutto i paesi occidentali a rivedere le loro speranze di effettiva integrazione di fronte alla mancanza di principi comuni con, in particolare, Polonia ed Ungheria.
Legittimità democratica: l’obiezione di fondo
Sacrificare parte della sovranità nazionale in nome della politica comunitaria, centralizzando il potere decisionale a un livello sovranazionale come quello europeo apre inevitabilmente numerose questioni sulla sua legittimità democratica. Sulla contestazione dell’azione europea, che illegittimamente si imporrebbe sulla sovranità popolare, si costruisce l’argomento chiave della propaganda di numerosi movimenti populisti e anti-europeisti.
Che la democratic legitimacy si presenti come un altro dei seri problemi dell’Unione europea non è però testimoniato solo dal consolidamento dell’euroscetticismo, ma anche dall’emergere di partiti c.d. “pan-europei”, formazioni politiche transnazionali che, pur presentando argomenti opposti agli euro-scettici, di fronte alla diluzione delle dimensioni locali, regionali e nazionali, rivendicano la necessità di riformare e ripensare in grande le istituzioni europee, ad oggi esposte al ritorno dei nazionalismi.
Covid-19: la risposta dell’Unione e il suo significato
L’azione europea di contrasto a Covid-19 può quindi essere interpretata tenendo conto della “triade” e, alla luce di quanto deciso, è possibile prevedere quali potrebbero essere i prossimi passi dell’Unione. Il dato più interessante si può cogliere mettendo a confronto la risposta del passato alla crisi del debito e quella del presente alla crisi pandemica. Con lo strumento del Next Generation EU si è andati verso possibilità mai contemplate prima dall’Unione, una su tutte l’apertura a una mutualizzazione del debito. In questo senso, a differenza delle soluzioni intergovernative del passato, quali il Fondo salva-Stati e il Meccanismo europeo di stabilità, è prevalsa una dimensione istituzionale comunitaria. A ottant’anni dal Manifesto di Ventotene, la realizzazione di un federalismo europeo sembra ancora lontana. Quel che è certo, è che muovendosi in questa direzione (nella nostra rappresentazione, il lato A del triangolo) l’Unione ha dato un segnale importante.