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Così la guerra in Ucraina sta cambiando la geopolitica dell’Artico

Tempo di lettura stimato: 7 min.

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Il Grande Nord era riuscito a mantenere la reputazione di essere una regione pacifica e cooperativa nonostante negli ultimi anni la corsa all’egemonia si fosse fatta più accesa. Il merito era certamente da imputare ad una serie di fattori e in primis – almeno formalmente – alla presenza e al lavoro del Consiglio Artico. Quest’ultimo, formato dagli otto stati che geograficamente – o politicamente – si trovano a ridosso del Mar Glaciale Artico, ovvero Norvegia, Russia, Svezia, Finlandia, Islanda, Canada, Stati Uniti (con l’Alaska) e Danimarca (con la Groenlandia), nasceva e si sviluppava proprio dall’obiettivo di mantenere l’intera regione nordica lontana dalla competizione tipicamente realista delle potenze. Obiettivo certamente arduo da perseguire che però, almeno apparentemente e nonostante alcune tensioni interstatali, sembrava trovare effettivo riscontro nella pratica: dal 1996 prevedeva riunioni semestrali, presidenze biennali e soprattutto collaborazione su tematiche di interesse comune. La guerra in Ucraina ha cambiato tutto e sta continuando a farlo. All’interno del Consiglio, la cooperazione e i rapporti di dialogo tra le potenze più propriamente occidentali (sia membri NATO che Finlandia e Svezia) e la Russia sembrano ormai distanti e di difficile recuperoL’invasione dell’Ucraina da parte del Cremlino ha inesorabilmente coinciso con la fine degli equilibri che – non senza sforzi – erano stati costruiti nel corso dei decenni e in particolare dalla fine della Guerra Fredda. Sebbene la geopolitica dell’Artico sia spesso esclusa dai dibattiti più popolari, l’idea che la regione nordica possa rimanere intoccata dai profondi sconvolgimenti in corso non è che un’illusioneA fronte delle ultime notizie non è difficile comprenderne il motivo: con la guerra in Ucraina la Russia voleva evitare l’accerchiamento da parte della NATO ma paradossalmente non è mai stata così vicina alla perdita della sua storica profondità strategica

E l’Artico c’entra, anzi, è diventato un caso emblematico tanto che lo stesso Putin ha recentemente sottolineato quanto sia fondamentale non discostare troppo l’attenzione dalle dinamiche che riguardano questa regione.  

Prima di guardare ai cambiamenti che caratterizzeranno l’immediato futuro, è necessario analizzare gli eventi che inevitabilmente già stanno lasciando un profondo solco nella geopolitica dell’Artico. 

Stop ai lavori del Consiglio Artico

Il 3 marzo 2022, con una dichiarazione congiunta, sette membri del Consiglio Artico si sono autosospesi dal forum internazionale, motivando che tale scelta risulta essere una conseguenza diretta dell’invasione russa in Ucraina. La guerra e la deliberata mancanza di rispetto nei confronti del Principio di Sovranità, hanno infatti determinato la totale impossibilità da parte di questi stati di mantenere un rapporto di cooperazione con la Russia. Questo significa che attualmente l’unico membro attivo del Consiglio rimane la Russia che, tra l’altro, ne terrà la presidenza fino al 2023. 

Inutile sottolineare quanto le conseguenze di tale situazione possano essere gravi sotto vari punti di vista: in primo luogo sono state interrotte una serie di missioni esplorative che avevano l’obiettivo di studiare e monitorare il permafrost artico che, a causa della crisi climatica, non gode certo di buona salute; a subire uno stop sono anche una lunga serie di eventi e di conferenze multilaterali organizzati dalla presidenza russa e che sarebbero stati un importante luogo di confronto in virtù soprattutto delle recenti rivendicazioni territoriali che il Cremlino ha esercitato su una grande e ricca area sottomarina. A questa già critica situazione si aggiunge la ritirata di massa degli scienziati che erano impegnati in Istituti di ricerca russi e che nel medio periodo porterà alla perdita di numerosi dati e risultati scientifici

 

L’aumento della militarizzazione dell’Artico 

Un’ulteriore conseguenza della guerra in Ucraina è la ripresa della militarizzazione dell’Artico. Già aumentata negli ultimi anni, sembra che nell’immediato futuro sia destinata ad estendersi esponenzialmente. In un reportage del 28 marzo 2022, il New York Times ha infatti rivelato che la Casa Bianca avrebbe tutte le intenzioni di accrescere la sua presenza nella geopolitica dell’Artico in virtù di un possibile scontro futuro con la Russia

Che gli Stati Uniti abbiano come obiettivo primario quello di evitare l’ascesa di una potenza egemone su scala regionale non è una novità, ma il fatto che ora Washington si stia concentrando sulla strategia nell’Artico potrebbe segnare un punto di svolta per gli equilibri del Grande Nord. Nonostante dal 2014, anno dell’invasione della Crimea, gli americani abbiano investito diversi milioni su infrastrutture portuali e militari, nella pratica si sono sempre mostrati poco propensi ad intervenire in modo diretto sulle dinamiche artiche. 

Recentemente, dopo aver denunciato l’aggressiva postura russa nell’area il Pentagono ha sviluppato nuove strategie per aumentare la sua presenza e le sue capacità nel Nord: l’Aeronautica Militare ha trasferito decine di caccia F-35 in Alaska, annunciando che lo stato ospiterà “i combattenti più avanzati di qualsiasi altra posizione nel mondo” e la Marina militare in questo mese ha condotto varie esercitazioni all’interno del Circolo Artico. E gli statunitensi non sono gli unici a guardare con particolare attenzione agli scenari futuri: anche la Gran Bretagna ha recentemente sviluppato un documento strategico sull’Alto Nord che sottolinea l’importanza di sviluppare e implementare nuove politiche congiunte che siano in grado di contrastare e controllare i movimenti russi nella regione artica.   

A tutto ciò si somma il dispiegamento nel nord della Norvegia di oltre 30.000 soldati della NATO che, sebbene formalmente stanno conducendo un’esercitazione con l’obiettivo di aumentare la capacità di lavorare in ambienti con condizioni climatiche estreme, contribuiscono ad aumentare la percezione che nel prossimo futuro la crescente militarizzazione dell’Artico sia inevitabile. 

 

La geopolitica dell’Artico è destinata a cambiare: Svezia e Finlandia sempre più vicine alla NATO

Dal punto di vista geopolitico, l’avvenimento di maggior rilievo è quello che riguarda il deciso spostamento della Finlandia e della Svezia verso il fronte NATO. L’entrata di questi due stati nell’Alleanza Atlantica rappresenterebbe a tutti gli effetti uno sconvolgimento enorme per lo scacchiere geopolitico regionale in quanto metterebbe fine alla storica neutralità che da oltre 70 anni contraddistingue la loro posizione. La scorsa settimana, i rispettivi Primi Ministri hanno infatti dichiarato che l’invasione dell’Ucraina ha determinato un “cambiamento profondo della sicurezza nella regione nonché della geopolitica dell’Artico” e che di conseguenza l’intenzione generale sia quella di allinearsi in maniera sempre più diretta con l’Alleanza Atlantica. La Russia, come era facilmente prevedibile, ha risposto a tali dichiarazioni affermando che di fronte alle adesioni alla NATO, non esiterebbe a rispondere per riequilibrare le dinamiche dell’area anche mediante lo schieramento di forze di deterrenza che comprenderebbero missili ipersonici e nucleari. Per ribadire la propria posizione di forza, Mosca ha inviato negli scorsi giorni dei contingenti militari sul confine con la Finlandia. E’ quest’ultima a destare le maggiori preoccupazioni per Putin: i due stati condividono oltre 1300 km di confine e proprio questa linea rappresenta storicamente un fronte invalicabile per il mantenimento di una profondità strategica di importanza vitale per il Cremlino. 

L’entrata nella NATO porterebbe di conseguenza ad un faccia a faccia con il peggior incubo della Russia, nonché la principale preoccupazione per la sua sicurezza nazionale, ovvero quello dell’accerchiamento da parte delle potenze atlantiche

La guerra in Ucraina ha quindi aperto uno spiraglio a nuovi possibili equilibri nel Mar Baltico, nonché alla fine di un rapporto tra gli stati scandinavi e Mosca che fino a questo momento si era mantenuto per lo più stabile. Dal punto di vista di un’offensiva militare russa, nonostante le minacce fatte da Putin negli scorsi giorni, appare molto difficile che l’esercito russo possa essere impiegato nel territorio finlandese fintanto che la guerra in Ucraina lo coinvolge così attivamente. 

Inoltre, sebbene Finlandia e Svezia non siano formalmente membri della NATO, sono da tempo molto integrati nel blocco euro-occidentale: già nel 2018 entrambe avevano siglato un patto militare con Washington che prevedeva una solida collaborazione orientata a far fronte a quelle che venivano definite “politiche russe aggressive”. Per di più negli ultimi anni l’opinione pubblica interna si è mostrata incline a prendere una presa di posizione più netta: come dimostrato dagli ultimi sondaggi, svoltisi a seguito dell’invasione dell’Ucraina, la maggior parte della popolazione svedese e finlandese si dice “totalmente favorevole ad entrare formalmente nel Patto Atlantico”

In conclusione, così come già affermato da alcuni tra i maggiori analisti di politica estera, l’adesione dei due paesi Scandinavi alla NATO diventerebbe quindi la dimostrazione che Putin ha effettivamente commesso più di un errore strategico: la guerra in Ucraina, attuata proprio in funzione anti-atlantica, al contrario avrebbe il ruolo di rafforzare ed estendere l’Alleanza stessa.

 

Un futuro incerto per la geopolitica dell’Artico

Al momento, con la guerra in Ucraina nel pieno del suo svolgimento, risulta alquanto difficile prevedere – o quanto meno provare a farlo – quelli che saranno gli sviluppi futuri. Sono infatti diversi i fattori che contribuiranno al rimodellamento degli equilibri geopolitici della regione e più in generale del sistema internazionale: l’esito della guerra, la politica interna russa, l’eventuale adesione di Finlandia e Svezia alla NATO e il ruolo che la prima potenza mondiale, gli Stati Uniti, avrà durante e a seguito del conflitto. Quello che è certo è che l’invasione dell’Ucraina ha rappresentato un evento di portata eccezionale dal punto di vista geopolitico e la dimostrazione la si può facilmente riscontrare anche solo dall’impatto che la stessa sta avendo nel contesto artico, caso esemplare ed emblematico allo stesso tempo.

*Esercitazioni militari in Norvegia [crediti foto Art Guzman/Pexels]

Giulia Olini
Da sempre appassionata di politica estera, dopo la laurea in Relazioni Internazionali, ho scelto il corso magistrale di Scienze Politiche e di Governo. Amo viaggiare e vivere cercando di scoprire sempre nuove prospettive su ciò che mi circonda.

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