Per fronteggiare il coronavirus molti governi si sono dotati di un Comitato tecnico scientifico, ovvero un organo di esperti da consultare per comprendere come arginare la pandemia. Sebbene un fil rouge colleghi questi comitati, tra i principali Paesi europei emergono differenze significative nella composizione e nella struttura di questi organi. Insomma: Paese che vai, Comitato tecnico scientifico che trovi.
L’Italia e il Comitato tecnico scientifico
Il 3 febbraio 2020 l’ordinanza 630 del Capo della Protezione civile– all’epoca Angelo Borelli– segnava la nascita del Comitato tecnico scientifico (Cts). Da allora in poi il ruolo del Cts è stato– citando il sito del Ministero della Salute– “di consulenza e supporto alle attività di coordinamento per il superamento dell’emergenza epidemiologica dovuta alla diffusione del Coronavirus”. In altre parole, l’incarico del Cts consiste nel fornire consigli e raccomandazioni all’esecutivo sulle misure da adottare per contenere il numero dei contagi. I pareri del Cts sono stati valutati nell’adozione del primo lockdown nel marzo 2020 (e nelle modalità di riapertura nel maggio dello stesso anno) fino all’istituzione di diverse fasce di rischio (gialla, arancione e rossa) per ogni regione ancora oggi in vigore.
Un Comitato in continua evoluzione
Nei suoi tredici mesi di vita, il Cts ha cambiato pelle più volte. I decreti che, dal febbraio 2020, ne hanno cambiato composizione e poteri sono stati sei (18 aprile, 25 maggio, 7 ottobre e 25 novembre 2020; 29 gennaio e 17 marzo 2021). Al momento della sua costituzione, il Comitato era composto da nove membri, ma successivamente si è allargato fino a comprendere un massimo di ventisette membri nel novembre 2020. Nel marzo 2021, con l’avvicendamento del governo Draghi e del nuovo Capo Dipartimento della protezione civile Renato Curcio, il Cts ha nuovamente cambiato faccia (attualmente conta undici membri).
Generalmente, la maggior parte dei membri del Cts sono stati nominati sulla base dei loro ruoli nelle maggiori cariche istituzionali del sistema sanitario italiano, come il Presidente dell’lstituto superiore di sanità, il Presidente del Consiglio superiore di sanità del Ministero della Salute o il Direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” (rispettivamente il prof. Silvio Brusaferro, il prof. Franco Locatelli e il prof. Giuseppe Ippolito). Figura centrale del Cts è stata Agostino Miozzo, coordinatore del comitato fino al 17 marzo 2021. Altre nomine, invece, si sono basate sulle competenze e sul curriculum di alcuni esperti. Fino al 15 maggio 2020 tutti i membri del Comitato sono stati uomini. Bisogna ricordare, infine, che componenti del Cts non percepiscono alcuna remunerazione per il servizio che prestano.
UK: il Scientific Advisory Group for Emergencies (Sage)
Il 22 gennaio 2020 il governo britannico apriva una nuova sessione del Scientific Advisory Group for Emergencies (Sage). Il Sage, infatti, è stato costituito nel 2009 per fronteggiare l’influenza suina. Da allora è stato chiamato in causa 9 volte, come nel 2011 in seguito al disastro nucleare di Fukushima o nel 2018 (in via precauzionale) per monitorare possibili sviluppi dell’epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo. Come il Comitato tecnico scientifico italiano, anche il Sage è incaricato di fornire consulenze scientifiche all’esecutivo. Nello specifico, questo organo è responsabile di interpretare eventi scientifici complessi o incerti e di fornire consigli e raccomandazioni al Cabinet Office Brief Room (Cobr), una sorta di cabina di regia per le emergenze.
La composizione del Sage è diversa da quella del Cts italiano. Il numero dei membri che partecipano alle riunioni non è fisso, ma varia in base alle competenze ritenute necessarie per affrontare determinate questioni. Come nel Cts, anche nel Sage alcuni dei membri ricoprono cariche istituzionali. Solitamente la lista dei partecipanti non è pubblica in modo tale da evitare possibili ingerenze esterne, ma data l’eccezionalità del Covid-19 (e di alcune polemiche scaturite nei primi mesi di lockdown lo scorso anno) i nomi dei suoi membri sono stati resi noti.
I gruppi di lavoro del Sage
Il Sage contiene più sottogruppi, ognuno con diverse mansioni, il che gli permette di avere gruppi di lavoro concentrati su diverse tematiche. Una caratteristica fondamentale per affrontare crisi complesse come il Covid-19. Tra i principali sottogruppi costituiti per fronteggiare l’emergenza coronavirus c’è il New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (Nervtag), un comitato di esperti che si occupa di valutare la pericolosità di nuovi virus respiratori. Inoltre, per l’emergenza Covid-19 sono stati appositamente costituiti il Scientific Pandemic Influenza Group on Modelling (Spi-M) e il Independent Scientific Pandemic insights Group on Behaviours (Spi-B). Il primo fornisce raccomandazioni sulle politiche sanitarie da adottare durante le epidemie influenzali, mentre il secondo si occupa di monitorare e analizzare i comportamenti sociali associati alla pandemia e alle politiche del governo.
Sage vs Bojo: aprire o chiudere?
Le raccomandazioni del Sage hanno dovuto fare i conti con i frequenti “cambi di umore” dell’amministrazione Johnson. Il premier britannico ha cambiato più volte atteggiamento nei confronti del virus, passando dal professare l’immunità di gregge nel marzo 2020 fino ad avere posizioni molto cautelative, con l’istituzione di un nuovo lockdown il 4 gennaio 2021. Una vera e propria conversione che avviene dopo una serie di “folgorazioni sulla via di Damasco”: il suo ricovero in terapia intensiva nel 2020 e il grande numero di morti provocate dalla variante inglese (B.1.1.7.) negli ultimi mesi.
Una strana miscela che rende il Regno Unito uno dei Paesi occidentali con il più alto numero di morti in rapporto alla popolazione, ma allo stesso tempo uno dei Paesi coi migliori numeri sul coronavirus. L’exit strategy britannica, basata sulle indicazioni del Sage, è stata rinominata “data, not dates” (“dati, non date”) poiché si propone di allentare le restrizioni introdotte dall’ultimo lockdown in maniera molto graduale e con un approccio fortemente basato sui dati epidemiologici.
Il modello tedesco
Non solo Italia e Regno Unito, anche il governo tedesco ha fatto affidamento alle raccomandazioni di un comitato tecnico scientifico. Si tratta dell’Accademia Leopoldina, un istituto scientifico nato nel 1652 che comprende gran parte della comunità scientifica tedesca e che attualmente conta circa 1600 membri. La mission dell’istituto è da sempre quella di rappresentare la comunità scientifica tedesca a livello internazionale e di fornire ai politici consigli basati sulla scienza. Per comprendere meglio il ruolo dell’Accademia Leopoldina, quest’ultima può essere considerata l’equivalente tedesco della Royal Society britannica o della National Society of Sciences negli USA.
Dallo scoppio dell’epidemia, l’Academia Leopoldina ha fornito numerosi rapporti contenenti consigli e raccomandazioni al governo tedesco. Grazie alla sua struttura, l’Academia può fare affidamento su un grande numero di esperti in diversi settori.
Come per tutti gli organi consulenziali, anche i rapporti tra l’accademia Leopoldina e il governo tedesco sono stati a fasi alterne. Per esempio, il governo ha deciso di non istituire l’obbligatorietà di indossare la mascherina in pubblico, come consigliato dall’istituto tedesco; mentre, invece, ha seguito le indicazioni su restrizioni e su una massiccia campagna di testing (più di un milione e mezzo di persone testate il 12 aprile 2020).
Le criticità del Comitato tecnico scientifico italiano
Una breve fenomenologia dei comitati tecnico-scientifici di alcuni dei maggiori Paesi europei rende abbastanza chiare le differenze che intercorrono nelle maniere in cui questi gruppi operano. Il Cts italiano ha una storia di gran lunga più breve rispetto ai suoi due corrispettivi britannico e tedesco, e presenta alcune criticità che ne minano l’efficacia del lavoro svolto e la sua indipendenza dal potere politico.
Qualche settimana fa, su “Nature Italy”, Sergio Pistoi (giornalista scientifico e ricercatore biomedico) ha esaminato il ruolo del Comitato tecnico scientifico italiano, facendo una rassegna dei suoi punti deboli.
Per Pistoi, il Cts manca di un vasta gamma di esperti in aree cruciali per il contenimento dell’epidemia, come diagnostica molecolare, virologia molecolare e high-throughput screening. Come già evidenziato, la maggior parte dei membri del Cts è nominata ex officio in qualità dei ruoli ricoperti nelle più alte cariche dello Stato in ambito sanitario. Bisogna aggiungere, inoltre, che la maggior parte di queste cariche dipendono direttamente dalla Presidenza del Consiglio (come, ad esempio, l’Istituto superiore della sanità), il che pone serie minacce all’indipendenza del Comitato. Infine, Pistoi evidenzia anche una scarsa efficienza dei lavori del Cts. Dai verbali emergono, infatti, riunioni volte ad affrontare temi di secondaria importanza, quali il distanziamento dei cori nelle chiese o il concetto di “monodose” nelle mense scolastiche. Temi che potrebbero essere affidati a sotto-commissioni, alleggerendo il carico di lavoro del Cts per permettergli di concentrarsi su temi più strategici nella lotta al virus.
*Angelo Miozzo, ex coordinatore del Comitato tecnico scientifico (crediti foto: Dipartimento Protezione Civile, flickr.com – CC BY 2.0)*