Durante il nuovo millennio le migrazioni internazionali sono considerevolmente cresciute fino a superare la cifra di 280 milioni di persone nel 2020. Dall’instabilità politica del Paese da cui si scappa alla ricerca di un reddito migliore e di un maggiore benessere economico, le cause del fenomeno possono essere molteplici, anche se recentemente molti studi sull’argomento si sono focalizzati sul rapporto tra migrazioni e la mancanza di sicurezza alimentare.
Un po’ di dati sull’ insicurezza alimentare
Secondo la Hunger Map stilata dalle Nazioni Unite, l’Africa subsahariana contiene il maggior numero di Paesi dove si soffre di insicurezza alimentare, mentre i dati della UN Food and Agriculture Organization (FAO) mostrano che in questi territori la percentuale di individui denutriti sia aumentata di ben 2 punti percentuali dal 2015 al 2018, raggiungendo una quota pari al 23% della popolazione. La situazione appare ancora più drammatica considerando che in questo momento il continente africano sta attraversando un imponente boom demografico. Nei prossimi trent’anni si stima che la popolazione africana crescerà da 1,4 miliardi circa a 2,5 miliardi di abitanti.
Questi cambiamenti potrebbero innescare una dinamica nota come “trappola malthusiana”, ovvero una stagnazione del reddito pro capite nel medio-lungo periodo a causa della crescita della popolazione. Ipotizzando infatti un tasso di denutrizione costante nel tempo, la crescita demografica comporterebbe un aumento degli affamati in termini assoluti dell’ordine delle centinaia di milioni: una piaga sociale dalle proporzioni spaventose, e che potenzialmente potrebbe generare nuovi flussi migratori anche verso l’Europa, che in questo momento accoglie il 26% dei migranti internazionali provenienti dall’Africa.
Qual è il rapporto fra sicurezza alimentare e migrazioni?
Per meglio comprendere il rapporto tra migrazioni e insicurezza alimentare la FAO ha definito un quadro concettuale che delinea tutte le diverse motivazioni che spingono una persona a migrare. Alcune, come l’insicurezza alimentare, vengono identificate col nome di “cause profonde”, e possono innescare il processo migratorio indirettamente, contribuendo a generare condizioni ad esso favorevoli, tra cui conflitti e disoccupazione. In uno studio del 2019 alcuni ricercatori della FAO hanno poi rilevato una relazione positiva fra la gravità dello stato di insicurezza alimentare e il desiderio di emigrare, mentre hanno riportato una correlazione inversa fra un’elevata denutrizione e la decisione finale di trasferirsi in un altro Paese.
Questo perché nella maggior parte dei casi lo stato di grave denutrizione riguarda fasce della popolazione in stato di povertà assoluta, e quindi economicamente non in grado di spostarsi lungo grandi distanze. Nonostante ciò lo studio, focalizzandosi sulle zone dell’Africa subsahariana, è riuscito a dimostrare un rapporto positivo tra l’insicurezza alimentare e i fenomeni migratori, specialmente per quanto riguarda quelle fasce della popolazione ancora in grado di spostarsi, o che invece di scappare dalla fame sfuggono da fenomeni climatici che potrebbero minacciare il funzionamento dei loro sistemi alimentari e la disponibilità di cibo e acqua in un futuro non molto lontano.
Il ruolo centrale dei sistemi alimentari
A confermare lo stretto rapporto tra insicurezza alimentare e migrazioni vi è il fatto che negli ultimi decenni i grandi flussi migratori in Africa siano stati provocati da dissesti nei sistemi alimentari tradizionali. I sistemi alimentari e la loro struttura svolgono anche un ruolo cruciale nel dare forma alle migrazioni internazionali. Le rotte e le infrastrutture concepite per il commercio dei prodotti alimentari si sono nel tempo sovrapposte con quelle dei flussi migratori: i trafficanti che facilitano il viaggio ai migranti spesso assumono questi ultimi per lavorare nelle loro coltivazioni. Un esempio sono le migrazioni stagionali trans-sahariane, le quali rappresentano un’importante risorsa per i sistemi alimentari dei territori attraversati. Durante i periodi di siccità, dal Sahel i migranti vanno a lavorare nel nord Africa, modificando il sistema alimentare locale e sostenendo attraverso le rimesse le famiglie nel loro Paese d’origine.
Inoltre, l’insicurezza alimentare può verificarsi anche come una conseguenza delle migrazioni e del loro impatto sui sistemi alimentari. L’atto di viaggiare può essere per molti causa dell’insicurezza alimentare, a causa degli elevati costi e dei pericoli che si possono incontrare quando ci si affida a dei trafficanti di persone. Mentre lo spostamento di molte persone e i fenomeni di urbanizzazione possono influenzare e modificare l’assetto economico del territorio e anche i sistemi di produzione e consumo del cibo.
Per tutti questi motivi per comprendere il rapporto tra fame e migrazioni è necessario focalizzarsi sul compito svolto dai sistemi alimentari. La diffusione dell’insicurezza alimentare può essere causata dall’inadeguatezza del sistema alimentare rispetto al quantitativo di popolazione da sfamare, dalle siccità e dai cambiamenti climatici, oppure dal sottosviluppo del sistema di produzione e distribuzione. In territori come l’Africa subsahariana, infatti, la catena di produzione del cibo è solitamente costituita da tante piccole imprese, che non riescono a raggiungere le dimensioni necessarie per investire e innovare. La loro dimensione e organizzazione rende difficile la creazione di un consistente tessuto imprenditoriale e l‘integrazione di quest’ultimo con le istituzioni finanziarie (necessarie per finanziare gli investimenti), e gli enti pubblici.
Gli effetti del clima su sistemi alimentari, migrazioni e sicurezza alimentare
Mentre le migrazioni internazionali sono correlate con la sicurezza alimentare, quest’ultima dipende spesso anche dalla stabilità del clima e dai fenomeni meteorologici, specie per l’impatto che producono sui sistemi alimentari, sulle risorse idriche e sulla produzione agricola. In questo contesto, la gran parte delle popolazioni africane risulterebbe essere particolarmente vulnerabile, in quanto basa il proprio sostentamento prevalentemente sul settore primario, e nel 2020 la popolazione residente in aree rurali ammonta a oltre 750 milioni di persone.
In quest’ottica le migrazioni potrebbero essere viste come l’unica alternativa per affrontare i rischi di sicurezza alimentare. I futuri cambiamenti climatici potrebbero infatti portare a pesanti variazioni dei periodi di siccità, della loro durata e della frequenza delle piogge, causando drammatiche ripercussioni sulla produttività dei terreni coltivati. Secondo uno studio di Macrogeo, nel 2050 la resa delle colture di mais, riso e soia in Africa occidentale potrebbe crollare di oltre il 10% rispetto a quella del 2005, e nel caso del frumento di oltre il 20%. Pertanto, in ottica futura, all’interno dei programmi di sviluppo agricolo riguardanti il continente africano, potrebbe rivelarsi opportuno tenere conto dell’alta esposizione di quest’area ai rischi climatici.
* Migrazioni e insicurezza alimentare [Crediti foto: Jonah Fleming via Unsplash]
Questo articolo è parte di una raccolta sulla sicurezza alimentare. Clicca qui per leggere l’articolo precedente “Sicurezza alimentare: così il Covid-19 ha affamato il mondo”.