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Siria, perché Russia e Turchia si contendono le macerie?

Tempo di lettura stimato: 5 min.

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Nonostante negli ultimi mesi l’attenzione dei media nazionali verso la guerra in Siria sia diminuita enormemente, questa va avanti e, a poco più di una settimana dal nono anniversario dell’inizio di questo sanguinoso conflitto, è costata la vita di più di 500 mila persone, lasciando, inoltre, tra i 6 e i 7 milioni di sfollati e oltre 5 milioni di rifugiati. Una vera tragedia se si pensa che la popolazione della Siria prima della guerra ammontava a circa 22 milioni di individui.

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Immagine che mostra il contesto militare della regione prodotta dalla rivista italiana di geopolitica Limes.

In particolare, da dicembre a questa parte, il conflitto armato è ripreso, dopo che le forze del regime di Assad, supportate dall’aviazione russa e dalle milizie sciite fedeli all’Iran, hanno lanciato una campagna militare per la conquista della provincia di Idlib, nel nord-ovest del paese. L’obiettivo dell’esercito siriano sembra essere quello di riprendere il controllo delle autostrade M4 ed M5, che collegano la capitale Damasco con l’importante centro di Aleppo e queste ultime con la costa mediterranea. Per fare questo, i comandanti fedeli al regime puntano ad isolare la città da nord e da sud, in modo da separarla dal confine turco, dove i ribelli ricevono supporto militare e umanitario.

La Crisi Umanitaria

Questa operazione ha causato gravi problemi per gli abitanti della regione, che ora si trovano stretti tra le forze del regime e il confine turco, che rimane sigillato. Idlib, che era vista fino all’anno scorso come un porto sicuro per coloro che fuggivano dalle persecuzioni e dalle campagne militari del regime, anche grazie al fatto di essere una delle ultime sacche di terra in mano ai ribelli, ospita circa 3.5 milioni di residenti. Di questi, l’80% sarebbero donne e bambini secondo una stima dell’ONU.

Due bambini siriani in un campo profughi vicino ad Idlib. Foto di Freedom House.

Circa un milione di persone si è già mosso verso il confine turco, cercando di sfuggire a bombardamenti che stanno prendendo di mira indiscriminatamente infrastrutture civili e militari in quella che l’ONU ha dichiarato essere la peggiore crisi umanitaria dall’inizio del conflitto. In particolare, la commissaria per i diritti umani delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet, ha richiamato l’attenzione della comunità internazionale alla necessità di stabilire dei corridoi umanitari ed evitare che i civili continuino ad essere presi di mira dalle violenze. La Commissione Internazionale d’Inchiesta sulla Siria ha parlato invece con preoccupazione dei vari crimini di guerra perpetrati dalle forze del regime siriano al fine di terrorizzare la popolazione e forzarla ad emigrare, portando anche l’attenzione sulla situazione critica nei campi profughi, dove i nuovi arrivati hanno avuto difficoltà a trovare posto e le rigide temperature dell’inverno siriano sono già costate la vita di oltre 10 bambini.

La Ripresa delle Ostilità

La situazione militare ha subito una rapida escalation dopo che il compromesso stipulato a Sochi nel settembre 2018 tra il presidente turco Erdogan, principale supporter dei ribelli ancora in guerra con il regime siriano, e Vladimir Putin, capo di stato russo e grande alleato di Bashar al-Assad sin dal 2015, era saltato quando lo scorso anno la milizia jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) aveva preso il controllo della regione, sottraendola alle forze più moderate e pro-turche del Fronte di Liberazione Nazionale. L’accordo, che avrebbe imposto la creazione di una fascia demilitarizzata al fine di dividere i ribelli e le forze del regime, prevedeva però che la Turchia smantellasse qualsiasi gruppo con legami all’universo jihadista nella regione, come, per esempio, l’HTS, nata come franchise siriano di al-Qaeda e considerata un’organizzazione terroristica dalla Turchia e dagli Stati Uniti.

La situazione militare il 17 di ottobre 2019, quando fu imposta una tregua. Mostra i territori in mano all’SDF in verde e quelli sotto il controllo turco in rosso. Foto di Editor abcdef – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=49135886

Inoltre, l’operazione Sorgente di Pace, con cui la Turchia si era assicurata nell’ottobre scorso il controllo diretto di 5,000 km2 di territorio sul confine turco-siriano precedentemente controllato dalle Forze Democratiche Siriane (SDF), milizie controllate dai curdi delle Unità di Protezione Popolare (YPG), ha reso la riconquista di Idlib indispensabile alle forze del regime al fine di evitare un’ulteriore consolidamento del dominio turco nell’area.

L’Esplosione delle Tensioni

La tensione tra le forze turche e quelle fedeli al regime è andata aumentando dall’inizio dell’offensiva su Idlib e ha raggiunto gli attuali livelli nella notte del 27 febbraio, quando almeno 33 soldati turchi sono stati uccisi da un bombardamento aereo, in quello che è stato uno dei più gravi attacchi diretti tra due eserciti nazionali nella regione da decenni.

I migranti si accalcano al confine greco-turco. By Charismaniac – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=88414194

La Turchia ha risposto all’attacco con una feroce controffensiva, che ha portato alla morte di centinaia di soldati del regime e di varie dozzine di milizie. Inoltre, Erdogan ha convocato un incontro di emergenza della NATO e, per spingere gli alleati europei a supportare la politica turca in Siria, ha dichiarato che avrebbe aperto i confini con l’Unione Europea per i 3.6 milioni di rifugiati siriani presenti nel paese, segnalando un cambio di politica deciso rispetto all’accordo del 2016 con cui l’UE aveva promesso 6 miliardi di euro di fondi alla Turchia in cambio di uno stop al flusso di persone verso la Grecia e la Bulgaria, mandando nel panico i leader europei e riportando la questione siriana all’attenzione occidentale.

Il Cessate il Fuoco

Le tensioni sembrano però essersi calmate dopo che nella giornata di giovedì 5 marzo si è tenuto un incontro tra Russia e Turchia, in cui le due potenze, che oramai si dividono l’egemonia geopolitica in Siria, si sono accordate su una tregua e su altre misure, necessarie a calmare le tensioni ed evitare un inasprimento della crisi. Tra queste abbiamo l’implementazione di un corridoio di sicurezza lungo l’arteria autostradale M4 e un accordo di massima per aiutare gli sfollati ammassati lungo il confine turco a tornare nei propri villaggi.

Putin incontra Erdogan al Cremlino. Foto di kremlin.ru, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=57025092

L’effettivo mantenimento della pace in Siria appare tuttavia incerto, in un contesto mediorientale che si presenta sempre più volatile e guidato dagli amici-nemici Putin ed Erdogan, mentre gli stati europei rimangono sotto il ricatto turco a causa della loro incapacità di implementare un piano coerente per la gestione della crisi migratoria.

 

Giovanni Simioni
Nato nel 1999 a Milano e da sempre interessato alla politica, studio Scienze Politiche all’Università Bocconi. Sono entrato in OriPo per avere una scusa per studiare in maniera approfondita ciò che prima era solo una passione da perseguire nel tempo libero.

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