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Perché il mondo non riesce a fermare il traffico di organi

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La commercializzazione del traffico di organi si basa sull’interazione tra trafficanti, brokers internazionali e professionisti sanitari coinvolti nel reclutamento e nel trasporto di donatori e riceventi. Alla base delle ragioni di questo “mercato”, vi è la lunghezza delle liste di attesa per avere un trapianto e l’urgenza che molti pazienti hanno a causa di malattie terminali. Nonostante le liste tengano conto dei due criteri, spesso la disponibilità di organi non riesce a soddisfare le richieste. Ciò favorisce, anche per colpa di alcuni Paesi compiacenti e di una legislazione in materia ancora non ben definita, la diffusione di questo fenomeno criminale

 

Sebbene da un punto di vista di responsabilità penale il traffico di organi dovrebbe essere considerato un crimine transnazionale, poiché trafficanti e brokers sfruttano le differenze tra i vari sistemi giuridici per concludere i loro affari, l’assenza di una definizione concordata del crimine a livello internazionale ostacola notevolmente gli sforzi per combatterlo. Nella maggior parte dei casi, i trapianti illegali tendono a essere camuffati come donazioni altruistiche. Gli organi illecitamente acquistati divengono organi “legittimi” grazie all’integrazione nelle istituzioni sanitarie tradizionali e nei servizi sanitari nazionali che seguono il malato dopo l’intervento, rendendo questi trapianti dei crimini invisibili

Prima degli anni duemila, il fenomeno del traffico di organi umani era limitato principalmente alle regioni del Subcontinente indiano e al sud-est asiatico. I destinatari di questi organi provenivano dagli Stati del Golfo, dal Giappone e da altri Paesi asiatici. Ad oggi, a seguito di una più severa applicazione della legge contro la tratta nell’Europa orientale, nelle Filippine e nel Subcontinente indiano, il traffico di esseri umani per la rimozione di organi ha iniziato a spostarsi in America Latina e Nord Africa, regioni in cui la crisi economica e l’instabilità sociale e politica costituiscono delle opportunità d’oro per i trafficanti. 

Da un punto di vista legale, per traffico di organi secondo quanto stabilito durante il vertice di Istanbul nel 2008 si intende: “il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’occultamento o la ricezione di persone viventi o decedute o dei loro organi attraverso la minaccia, l’uso della forza o di altre forme di coercizione oppure mediante il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o lo sfruttamento di una posizione di vulnerabilità”.

Il termine “traffico di organi” considera al suo interno tre modalità in cui l’espianto si esplicita: 

  • organi comprati, venduti e trapiantati nel Paese del donatore; 
  • organi trapiantati nel Paese del ricevente; 
  • organi trapiantati in un Paese terzo, scelto per la sua legislazione tollerante e per la presenza di medici compiacenti.

I dati del traffico illegale di organi

Sebbene il numero di segnalazioni sulle vittime della tratta di esseri umani a fini di espianto di organi sia aumentato, solamente 700 vittime sono state individuate in 25 paesi nel periodo 2006-2019.

Il Global Financial Integrity di Washington, fondazione no-profit considerata uno dei più importanti centri di analisi sui flussi finanziari illeciti, ha dichiarato che circa il 10% dei 180.000 trapianti praticati ogni anno è illegale, e frutta al mercato nero e alle mafie fino a 1,4 miliardi di dollari

Secondo i dati del progetto Counter-Trafficking Data Collaborative, gestito dall’International Organization for Migration (Iom), a inizio aprile 2020, il fenomeno del traffico di persone e di organi ha coinvolto più di 91.000 casi, afferenti a 169 Paesi diversi. Questa stima comprende le vendite dei cinque organi maggiormente richiesti sul mercato: reni, fegato, polmoni, cuore e pancreas. I primi due, che possono provenire anche da donatori viventi, sono i più comuni e meno costosi. I trapianti di organi interi hanno invece un prezzo più elevato perché richiedono donatori deceduti. 

Solamente nel 2004 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha esortato i governi a prendere misure contro questo crimine e a proteggere i più vulnerabili. Tali sforzi sono culminati con la sottoscrizione della Dichiarazione di Istanbul nel maggio del 2008, in cui più di 150 ricercatori scientifici di 78 Paesi diversi hanno concluso che i trapianti a fini commerciali, il traffico di organi e il “turismo dei trapianti” dovrebbero essere pratiche universalmente vietate. Per “turismo dei trapianti” si intende quella tipologia di trapianti illegali all’estero, mercato che coinvolge potenziali destinatari che si recano nel Paese di origine del donatore per sottoporsi all’intervento chirurgico.

La geografia del mercato “rosso”

La maggior parte degli organi trapiantati clandestinamente in Europa deriva dai migranti provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, in fuga da povertà, dittature e guerre: è questa la categoria più debole e fragile e quindi la più “accessibile”.

Nel 2018, l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) ha stimato che circa 40 milioni di persone sono state vittime della tratta di esseri umani: circa il 90% di tutti i casi rilevati riguardava lo sfruttamento sessuale o il lavoro forzato, mentre il restante 10% dei casi è spesso raggruppato nella categoria “altre forme”, inclusa appunto la rimozione forzata di organi

In più Paesi del Medio Oriente, il commercio illegale di organi esiste da decenni. Nello specifico, la tratta di esseri umani per rimozione di organi riguarda principalmente i migranti sub-Sahariani. Il caso dell’Egitto è emblematico, così come quello della Libia, dove chi non riesce e pagare il viaggio viene ucciso e i suoi organi venduti ai trafficanti

La vendita degli organi è illegale ovunque nel mondo ad eccezione di Yemen e Iran. In quest’ultimo, il matching tra domanda e offerta viene regolato dal sistema sanitario nazionale sotto la supervisione di due organizzazioni no-profit gestite dallo Stato. Mentre il governo iraniano si occupa di coprire le spese sanitarie a carico del donatore, le due organizzazioni gestiscono la trattativa tra ricevente e donatore.

Una spirale di sfruttamento che coinvolge anche lo Yemen. Già prima dello scoppio della più grave crisi umanitaria nella quale il Paese versa oggi, la nazione era una delle più povere dell’area. Per questo motivo, è ancora pratica diffusa tra gli yemeniti meno abbienti quella di recarsi in Egitto per vendere i propri organi per somme frequentemente irrisorie. Questo traffico ha visto un declino solamente nel 2014 e 2015, quando il Governo egiziano ha iniziato a negare l’ingresso nel Paese ai cittadini yemeniti. 

La situazione in Europa non si discosta molto da quelle menzionate fino ad adesso. Secondo un rapporto della Commissione europea tra il 2013 e il 2014 i Paesi UE hanno registrato 15.846 vittime della tratta degli esseri umani. Tre quarti di loro, il 76%, sono donne e ragazze.  Due vittime su tre, ben il 67%, hanno subito uno sfruttamento sessuale, il 21% altri tipi di sfruttamento e lavoro forzato mentre il 12% è stato vittima di servitù domestica, obbligate o a mendicare o sottoposte al prelievo degli organi. 

In Sud America, Organs Watch, una Ong che tiene traccia delle vendite illegali di organi, stima che vengano venduti sul mercato internazionale sudamericano all’incirca 20.000 reni all’anno per un prezzo di circa 150.000 dollari a intervento. Sono le gang clandestine i principali beneficiari e mediatori di questo mercato. Nello specifico, uno studio del 2005 per Foreign Policy, ha rilevato che un rene viene venduto in media per 10.000 dollari in Perù e circa 6.000 dollari in Brasile, offrendo ai broker un potenziale margine di profitto di oltre il 1000%. Secondo un rapporto di CQ Global Researcher, spesso le vittime vengono attirate dalle gang attraverso l’offerta di un lavoro (all’interno del circuito illegale) prima di rapirle e minacciarle di morte nel caso in cui rifiutino di sottoporsi all’intervento. 

Negli ultimi tempi il business ha visto una crescita esponenziale grazie anche a Internet.  Facebook è divenuto il principale canale attraverso cui concludere gli affari. Mettersi in contatto con un acquirente è ormai divenuto estremamente facile: ne è un esempio la pagina “Kidney urgently needed” che, spacciandosi per l’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) con sede in India, pubblicizza i suoi interventi includendo il listino prezzi. 

Quali prospettive oggi?

Data la natura spesso transnazionale di questa tipologia di mercato, la facilità e l’accessibilità economica ai viaggi internazionali, contestualmente all’emergere di Internet come luogo di incontro tra domanda e offerta, numerosi Paesi hanno espresso l’intenzione di istituire uno strumento giuridico internazionale vincolante che si concentri maggiormente sulla tutela delle vittime e si adoperi, partendo dallo studio delle cause scatenanti, per l’eradicazione del fenomeno criminale.

Tuttavia fino ad ora, malgrado l’incessante opera di organismi internazionali e di varie Ong, il traffico di esseri umani e di organi destinati al trapianto continua vertiginosamente a crescere. Di fatto, la battaglia contro questo traffico risulta impari, perché si scontra con la disperata urgenza del richiedente ed è aggravata anche dal fatto che alcuni Paesi (come i summenzionati Yemen e Iran) consentono, o quantomeno tollerano, la vendita di organi tra privati.

 

Anthea Favoriti
Nata nelle Marche, cresciuta in Toscana, adottata da Roma. Ho studiato Lingue Orientali (arabo e persiano) presso l’Università Sapienza di Roma e MENA Politics poi presso l’Università degli Studi di Torino. Amante dei viaggi in solitaria e dei soggiorni all’estero, passo il tempo libero a organizzare possibili itinerari e a collezionare mappe.

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