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La Tunisia di Kais Saied in bilico fra proteste e caos politico

Tempo di lettura stimato: 6 min.

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La giornata di sabato 18 settembre, in Tunisia, è cominciata con grandi proteste di piazza a Tunisi. Decine di cittadini si sono radunati davanti al Teatro municipale della capitale Tunisi per manifestare contro le “misure eccezionali” adottate lo scorso 25 luglio dal Presidente della Repubblica, Kais Saied.

I dimostranti hanno chiesto il ritorno “alla legalità”, dopo che due mesi fa il Capo dello Stato ha sospeso le attività dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp), il Parlamento monocamerale dominato dal partito islamista Ennahda, e ha rimosso dal suo incarico il Premier Hichem Mechichi.

In parallelo alla manifestazione contro Saied, un altro gruppo di cittadini si è radunato nello stesso luogo per esprimere il proprio sostegno al Presidente della Repubblica. Questa ennesima crisi istituzionale giunge in un momento di grande fragilità politica e sociale del Paese. 

Il colpo di mano di Kais Saied 

Lo scorso 25 luglio, il Presidente Saied ha annunciato il “blocco” delle attività parlamentari per 30 giorni, in attesa della nomina di un nuovo Capo di Governo. Oltre alla rimozione dall’incarico del Premier Mechichi, Saied ha privato i 217 deputati dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp) della loro immunità parlamentare.

Il Capo di Stato ha deciso di invocare larticolo 80 della Costituzione, che permette al presidente della Repubblica di adottare le “misure necessarie” nel caso in cui il Paese si trovi in una “situazione eccezionale” di pericolo.

Tuttavia, ad aver dovuto autorizzare queste “misure necessarie”, sarebbe dovuto essere il Presidente della Corte Costituzionale. La sospensione del Parlamento dovrebbe essere infatti ratificata dalla Corte Costituzionale, ma, dall’adozione della nuova Costituzione nel 2014,  i parlamentari non sono mai riusciti a eleggere questo organismo, a causa della frammentarietà del panorama partitico del Paese. 

Il 25 luglio o la “giornata della rabbia” 

La decisione del 25 luglio del Presidente Saied è arrivata dopo una giornata di scontri e tensioni in varie città del Paese, in occasione del 64esimo anniversario della proclamazione della Repubblica tunisina, in cui migliaia di cittadini sono scesi in strada per chiedere le dimissioni del Premier Hichem Mechichi e del governo tecnico.

A Tunisi, centinaia di persone si sono raccolte di fronte al Parlamento chiedendone lo scioglimento. Le autorità sono infatti state accusate di non aver profuso gli sforzi necessari a risanare un quadro economico e sociale in continuo deterioramento. 

Nella stessa giornata, altre manifestazioni si sono registrate nelle città di Gafsa, Kairouan, Monastir, Soussa e Tozeur e numerose sedi locali del partito islamista Ennahda sono state assaltate. Il partito guidato da Rachid Ghannouchi, che presiede l’Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp) e che comanda il partito di maggioranza relativa in Parlamento, è considerato il principale responsabile della profonda crisi politica, economica e sanitaria che attraversa il Paese ed è associata ad un establishment incapace di far fronte alle sue necessità.

Lo scontro fra i tre Presidenti e la stretta di Kais Saied

Il colpo di mano del Presidente della Repubblica è arrivato dopo un braccio di ferro durato sei mesi tra Saied, Mechichi e Ghannouchi. A gennaio 2021, Mechichi aveva annunciato un rimpasto governativo e scaricato tutti i Ministri legati in qualche modo al Presidente della Repubblica.

Le nuove nomine proposte dal destituito Premier sono state accolte favorevolmente dal partito islamista Ennahda e il laico Qalb Tounes, capeggiato da Nabil Karoui, il candidato che sfidò Saied alle elezioni presidenziali del 2019. Saied si è quindi rifiutato di approvare la proposta di un rimpasto governativo, bloccando i lavori parlamentari. 

All’indomani del 25 luglio, su disposizione presidenziale e in aperta violazione della libertà di stampa, le forze di polizia hanno occupato e sgomberato gli uffici dell’emittente qatarina Al Jazeera.

Già da qualche mese nel Paese circolavano voci su un possibile colpo di Stato istituzionale da parte del Presidente della Repubblica. Lo scorso 23 maggio infatti, i giornalisti David Hearst e Areeb Ullah del quotidiano online Middle East Eye, avevano rivelato l’esistenza di un documento indirizzato al Capo dello Staff di Saied in cui si invitava il Presidente a sciogliere il Parlamento e richiedere i pieni poteri.

Nonostante le aspre critiche di chi ha gridato ad un colpo di Stato, il sostegno popolare accordato a Saied rimane alto. Secondo il sondaggio condotto da Emrhod Consulting, pubblicato lo scorso 28 luglio, l’87% dei tunisini ha dichiarato di approvare le scelte del Presidente. D’altronde, il Capo dello Stato ha motivato le sue decisioni con la volontà «di difendere lo Stato e il popolo tunisino», esprimendo vicinanza alle sofferenze della popolazione.

Saied gode del supporto popolare per via della sua figura politica. Professore di diritto costituzionale e giurista stimato, è stato consulente legale della Lega araba oltre che membro del comitato di esperti che ha collaborato alla stesura della Costituzione tunisina nel 2014. Nonostante non abbia mai avuto un partito politico alle spalle, ha vinto le elezioni presidenziali da candidato indipendente nel 2019, dopo aver basato la campagna elettorale sulla lotta alla corruzione nelle istituzioni.

Le purghe del Presidente e la risposta della società civile

Il 26 luglio, Saied ha reso noto di aver licenziato oltre al Premier Hichem Mechichi anche il Ministro della Difesa Brahim Berteji e la Ministra della Giustizia Hasna Ben Slimane. Nella stessa giornata, ha rimosso tramite decreto una ventina di alti funzionari governativi e il procuratore generale militare, Taoufik Ayouni, mentre il 3 agosto ha estromesso dal proprio incarico altri due membri della squadra governativa, il Ministro delle Finanze e dell’Economia e quello delle Tecnologie delle Comunicazioni.

Oltre al malcontento popolare, il 28 luglio Ennahda ha dovuto affrontare linchiesta per finanziamenti illeciti dall’estero aperta dal tribunale di primo grado di Tunisi, che ha coinvolto anche Qalb Tounes, formazione laica sua alleata in Parlamento, e Ayich Tounes, partito fondato nel 2018 dall’imprenditrice Olfa Terras.

Contestualmente, in questi due mesi sono state diverse le organizzazioni nazionali che hanno continuato a esortare le autorità a delineare una strategia volta a far fronte a questa fase di caos istituzionale. Fra questi attori della società civile spiccano: l’Union générale tunisienne du travail (UGTT), il più importante sindacato dei lavoratori tunisino, l’Ordine nazionale degli avvocati tunisini (ONAT), la Lega tunisina dei diritti dell’uomo (LTDH) e l’Associazione tunisina delle donne democratiche (ATFD).

Tuttavia nella notte tra il 23 e il 24 agosto, Saied ha esteso la sospensione dei lavori del Parlamento, la sospensione dell’immunità giuridica per i parlamentari e ha dichiarato che il blocco dei lavori del Parlamento andrà avanti «fino a nuovo avviso».

Tra caos politico ed emergenza economica

Il Paese, alle prese con il ritorno delle proteste di piazza contro la corruzione e la mancanza di opportunità, deve far fronte anche a una profonda crisi economico-finanziaria causata dal doppio shock legato all’aumento della disoccupazione e all’impatto negativo della pandemia sull’economia nazionale.

Secondo i dati della World Bank riferiti al 2020, la Tunisia ha registrato un calo più netto della crescita economica rispetto alla maggior parte dei suoi omologhi regionali. Nel 2020, la crescita del PIL si è contratta dell’8,8% e la disoccupazione è aumentata del 15%, colpendo maggiormente le donne (24,9%) e i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni (40,8%).

Nel 2020, la povertà estrema è rimasta ancora al di sotto dell’1% in Tunisia. L’istituto prevede che il numero delle persone indigenti sia aumentato dal 16,7% al 20,1% della popolazione totale del Paese di circa 11,7 milioni.

Ad oggi, il caos politico che sta affrontando la Tunisia costituisce la più grande sfida per il Paese dopo la thawrat al-karama, la Rivoluzione della Dignità del 2010-2011, che ha spodestato l’autocrazia dell’allora Presidente Zine El-Abidine Ben Ali.

*La Tunisia di Kais Saied in bilico fra proteste e caos politico [crediti foto: Houcemmzoughi, CC BY-SA 4.0]
Anthea Favoriti
Nata nelle Marche, cresciuta in Toscana, adottata da Roma. Ho studiato Lingue Orientali (arabo e persiano) presso l’Università Sapienza di Roma e MENA Politics poi presso l’Università degli Studi di Torino. Amante dei viaggi in solitaria e dei soggiorni all’estero, passo il tempo libero a organizzare possibili itinerari e a collezionare mappe.

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