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Il dilemma del prelievo forzoso e della patrimoniale

Tempo di lettura stimato: 6 min.

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L’opposizione ne ha invocato lo spettro, la maggioranza li ha valutati, Paesi stranieri – come la Spagna – li hanno messi in pratica: prelievo forzoso e patrimoniale possono dare una mano a far diminuire il rapporto debito-Pil, il quale, a causa della pandemia, metterà a dura prova l’economia italiana? 

Prelievo forzoso: cos’è e il precedente Amato

Il prelievo forzoso è una tassa applicata dallo Stato sul patrimonio depositato nei conti correnti dai cittadini. Si ricorre a tale misura in situazioni contraddistinte da notevole necessità ed urgenza, spesso dopo tentativi vani di finanziamento (con ricorso ad altri metodi) da parte dello Stato. Nello specifico, viene prelevata dai conti correnti dei cittadini una percentuale della somma totale depositata, in modo da rimpinguare le casse pubbliche, nel caso in cui queste versino in una grave crisi di liquidità.

C’è un unico precedente di prelievo forzoso nell’Italia repubblicana, che fa riferimento alla manovra da 30mila miliardi di lire (che furono infine 100mila) varata dal Governo Amato – su suggerimento dell’allora Ministro delle finanze Giovanni Goria – nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1992. Essa comportò, fra le altre cose, il prelievo del 6 per mille dai conti correnti di tutti gli italiani. Il contesto era tutt’altro che sereno: la lira, che viveva una crisi senza precedenti, era preda di numerose speculazioni e il rapporto debito-Pil aveva superato per la prima volta dal 1942 la soglia (anche psicologica) del 100%. La situazione si sarebbe aggravata pochi mesi dopo, con l’uscita dell’Italia dal Sistema monetario europeo.

Lo scenario economico-finanziario odierno, con la crisi scatenata dalla pandemia, è per certi versi ancora più preoccupante, se si pensa che il rapporto debito-Pil è stimato crescere sino ad oltre il 166%: ciò fa dunque pensare che, in questo caso, un prelievo del 6 per mille avrebbe esiti poco rilevanti. Oggi tuttavia, rispetto a 28 anni fa, l’Italia può contare sull’importante appoggio dell’Unione europea, con diversi piani, tra cui ad esempio il Meccanismo europeo di stabilità o il Next Generation EU, pensati per fronteggiare la congiuntura economica negativa, oltre che sulla moneta unica, difficilmente preda di speculazioni. Il prelievo forzoso appare perciò un’ultima spiaggia, da prendere seriamente in considerazione solamente nel caso in cui le misure sopra citate non dovessero attuarsi o dovessero rivelarsi insufficienti.

Prelievo forzoso: pro e contro

Chiedendo agli italiani un giudizio sul già citato Giuliano Amato, probabilmente una buona parte di essi non sarebbe particolarmente clemente: molti cittadini hanno infatti ancora il dente avvelenato per quanto successo nel 1992. Ciò aiuta a comprendere una delle principali controindicazioni di tale misura, ossia il calo drastico del consenso da parte degli elettori. Infatti, una larga fetta della popolazione mal digerirebbe l’essere privata improvvisamente di risparmi accumulati sul proprio conto corrente.

Ma perché improvvisamente? Perché, di solito, manovre di questo tipo non sono annunciate nei giorni precedenti, ma vengono comunicate soltanto a giochi fatti (sono retroattive) e la ragione è facilmente intuibile. Infatti, un altro dei contro del prelievo forzoso, cioè la fuga di capitali verso l’estero, consiste proprio nel fatto che molti cittadini potrebbero trasferire rapidamente il proprio denaro in Paesi dai regimi fiscali meno severi per evitare il prelievo stesso.

Nonostante diversi lati negativi, adottare una misura di questo tipo può portare anche vantaggi. Gli italiani sono infatti un popolo di risparmiatori, tanto che al capitolo 7 della relazione annuale della Banca d’Italia per il 2019 è specificato come quasi 1.300 miliardi di euro siano detenuti dai cittadini sotto forma di deposito. Ciò significa che prelevando anche percentuali inferiori all’1% di quanto depositato nei conti correnti si potrebbe raggiungere un gettito di una decina di miliardi di euro, cifre comunque utili al Paese di fronte a una situazione emergenziale come quella odierna.

Anche per il viceministro dell’economia Antonio Misiani i risparmi dei cittadini italiani potrebbero giocare un ruolo importante: l’idea dell’esponente del Partito democratico non è però un vero e proprio prelievo forzoso, quanto più un “patto tra risparmiatori, Stato e sistema produttivo”, con l’emissione da parte dello Stato di titoli a lunghissimo periodo per raccogliere risorse da destinare alla ripartenza del Paese.

Patrimoniale: cos’è e l’esempio spagnolo

Molto spesso i termini “patrimoniale” e “prelievo forzoso” vengono utilizzati come sinonimi. In realtà non è esattamente così: il prelievo forzoso non è altro che una forma particolare di patrimoniale, che attinge esclusivamente al conto corrente (non grava, ad esempio, sugli immobili). La patrimoniale in generale, invece, è un’imposta che colpisce il patrimonio mobile e immobile, gravando quindi sul capitale detenuto anziché sul reddito da lavoro, ed è applicabile sia sui beni detenuti sul territorio nazionale, sia su quelli posseduti all’estero.

Nel nostro Paese, seppure esistano diverse imposte che colpiscono il patrimonio (quali Imu, imposta di bollo e molte altre), non esiste una vera e propria patrimoniale, in quanto le imposte sopra citate non colpiscono con un unico sistema di aliquote la generalità del patrimonio, ma sono invece riferite a specifici ambiti. La patrimoniale può inoltre essere una tantum – o straordinaria, come il prelievo forzoso di Amato – oppure periodica (o ordinaria), e può essere fissa o variabile.

Mentre in Italia questo tipo di provvedimento viene solitamente evitato, tanto che una proposta di patrimoniale da parte del Partito democratico (che consisteva in un contributo di solidarietà sui redditi da oltre 80mila euro, in grado di generare un gettito di 1,3 miliardi) è stata bocciata da praticamente tutti gli altri partiti, è notizia di pochi giorni fa che nella penisola iberica il governo Sanchez si è mosso verso questa direzione, in modo da far fronte alla crisi economica scatenata dall’emergenza Covid. L’imposta spagnola è basata sulla progressività, tant’è che, ad esempio, i contribuenti che dichiarano più di 200mila euro dovranno pagare un’Irpef del 26%, mentre quelli che ne dichiarano oltre 300mila una del 47%.

Patrimoniale: pro e contro

Secondo il report “The Role and Design of wealth and net taxes”, pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ad aprile 2018, in Italia la disuguaglianza sociale sta aumentando sempre di più, soprattutto a partire dalla crisi economica del 2008, con risultati quali il 43% della ricchezza detenuto da circa il 10% della popolazione.

Quello della concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi non è tuttavia un problema esclusivamente nazionale, in quanto in altri Paesi europei, quali ad esempio Germania e Francia, il divario è ancora più ampio, se si pensa che, negli Stati citati, il 10% della popolazione detiene rispettivamente il 56 e il 51% della ricchezza. Con riferimento a tali dati, per ovviare all’evidente problema, l’Ocse suggerisce – benché non sempre e con le dovute accortezze – l’introduzione della patrimoniale, evidenziando come questa avrebbe una notevole utilità in quei Paesi dove non esiste la tassa di successione (in Italia è presente ma è molto bassa rispetto ad altri Paesi) e dove le imposte sul reddito sono piuttosto basse.

La patrimoniale, però, gode del favore di pochissimi. Secondo Confedilizia, ad esempio, l’Imu-Tasi presente in Italia è già classificabile come una sorta di patrimoniale, e avrebbe provocato un crollo del settore immobiliare, con conseguenti cali di consumi e perdite di posti di lavoro. Secondo il Sole 24Ore invece, la patrimoniale sarebbe, oltre che dannosa (in quanto consisterebbe in una sorta di doppia tassazione), anche poco proficua: solo il 20% delle famiglie sarebbe in grado di pagare una patrimoniale efficace, generando un gettito tale da ridurre di meno del 5% il debito pubblico.

Più neutrale, infine, la posizione di Carlo Cottarelli, ex commissario straordinario alla spending review: secondo l’economista, infatti, la patrimoniale potrebbe creare problemi di liquidità. Non andrebbe però considerata un’ipotesi da escludere a priori, specie in periodi di emergenza.

Vittorio Fiaschini
Nato a Perugia 22 anni fa, dopo una triennale in Economia e finanza studio Economics of government and international organizations alla Bocconi. Amante di sport, cinema e storia, la mia passione numero uno è però la politica. Fanatico della Prima Repubblica, dico frequentemente "quando c'era lui", ma con riferimento a De Gasperi.

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