Numeri da record e il successo delle start up
Il mercato indiano chiude l’anno a dicembre 2021 con ben 37 miliardi di dollari e 867 transazioni in più rispetto alle cifre corrispondenti per il 2020. Un record per l’economia del Paese è stato raggiunto anche in termini di grandi affari. Di fatto ci sono stati 14 accordi da oltre 1 miliardo di dollari ciascuno, secondo i dati raccolti da Grant Thornton, una delle più grandi società al mondo di servizi assicurativi, fiscali e di consulenza ad aziende private ed enti del settore pubblico. Inoltre, ben 65 aziende indiane hanno raggiunto il mercato principale raccogliendo 17,7 miliardi di dollari di offerte pubbliche iniziali (IPO): entrambi i numeri sono i più alti di sempre.
I risultati dell’economia indiana confermano poi un trend internazionale: il mondo dell’e-commerce è in crescita, accanto alle IT companies (Information Technology) e alle start up. Il lavoro di queste ultime ha rappresentato il 66% dei guadagni del mercato indiano, contro il 32% dell’e-commerce. Tutti attori economici che hanno trainato il mercato soprattutto in termini di IPO, per un importo totale di oltre 70 miliardi di dollari di capitale investito. Innovazione e flessibilità sono state le chiavi del successo delle imprese emergenti, così come dei 33 nuovi unicorni, che in finanza sono quelle aziende private che hanno raggiunto una valutazione di mercato di oltre 1 miliardo di dollari.
La risposta al Coronavirus e il confronto con la Cina
Sullo sfondo di questa crescita c’è un piano statale di stimoli all’economia dopo la recessione causata dal coronavirus, stimoli tra cui un numero record di offerte pubbliche iniziali e misure volte ad attrarre gli investitori stranieri, stimolandoli a spostare i loro interessi dalla Cina all’India. Proprio i titoli di stato cinesi sono in sofferenza dopo lo stress causato dalla pandemia e le tensioni con gli Stati Uniti. Una società di servizi finanziari americana molto influente, Morningstar Inc., ha creato un indice per valutare il potere finanziario dei principali paesi al mondo. Stando ai dati, nel 2021 l’indice Morningstar Cina ha perso il 21%, mentre l’indice Indiano è in crescita costante.
Allo stesso tempo, il governo ha offerto sollievo alle industrie pesantemente colpite dal coronavirus, in particolare nel campo delle telecomunicazioni, automobili e banche. “Le aziende automobilistiche stavano affrontando forti venti contrari, principalmente la bassa domanda dei consumatori, quindi i prestiti governativi le hanno aiutate a rimanere forti”, ha dichiarato Srivastava, direttore associato della ricerca sui fondi EMEA per Morningstar India. Ma i risultati del mercato indiano nel 2021 si devono anche a politiche in atto sin dal 2016. Di fatto un contributo chiave è stato dato dalla politica di demonetizzazione attivata dal governo indiano a fine 2016 per frenare l’uso di contanti illeciti e stimolare i risparmiatori ad affidare i propri fondi al sistema bancario. In particolare, il governo indiano ha demonetizzato tutte le banconote da 500 e 1.000 rupie, con un impatto inizialmente caotico e altamente criticato dall’opinione pubblica, ma già nel 2017 i risultati si sono visti nella crescita del mercato azionario proprio grazie ai fondi dei risparmiatori.
Quanto vale la transizione ecologica? 15 trilioni di dollari!
Resta ora da chiedersi se questa crescita economica abbia comportato dei passi avanti nell’economia sostenibile. L’India, con i suoi 1,38 miliardi di abitanti, è il terzo produttore mondiale di CO2 dopo Cina e Stati Uniti, e la causa sta principalmente nella dipendenza dal carbone come fonte energetica primaria. Secondo uno studio del World Economic Forum, la transizione ad un’economia sostenibile per il Paese potrebbe creare oltre 50 milioni di posti di lavoro entro il 2030, coinvolgendo soprattutto i settori dell’agricoltura, attualmente tra i più inquinanti, manifatturiero e dei servizi. Il guadagno finale? 15 trilioni di dollari entro il 2070, secondo le stime del rapporto.
Alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26), il Primo Ministro Modi ha impegnato l’India nell’ambizioso impegno “Panchamrit”, letteralmente “miscela”, diviso in cinque parti. L’intervento a sostegno dell’ambiente sarà infatti concentrato nei cinque settori più inquinanti nel Paese: energia, mobilità, industria, infrastrutture e città e infine agricoltura, che insieme contribuiscono a oltre il 90% delle emissioni di gas serra dell’India. Modi aveva poi annunciato che il Paese si sarebbe impegnato a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2070, una soglia ben più alta di quanto promesso dalla Cina (2060) e Stati Uniti ed Unione europea (2050).
Un aiuto concreto per il pianeta e le sue criticità
Ma quindi, quali azioni ha messo in atto l’India per fermare l’inquinamento domestico? In agosto 2021, l’India ha superato la soglia dei 100 GigaWatts per capacità di generazione di energia rinnovabile installata. Dopo questa mossa, se si prendono in considerazione altre risorse energetiche non fossili come il nucleare e l’idroelettrico, la quota di capacità di generazione cumulativa di energia elettrica rinnovabile si attesta al 39%. Una soglia molto vicina all’obiettivo del 40% sancito dai Contributi Nazionali Determinati (NDC), ossia piani nazionali contro l’inquinamento, non vincolanti, definiti nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) per ogni Paese aderente.
Tuttavia esistono delle criticità molto forti nel Paese, che riguardano in primis le forti diseguaglianze sociali. Attivisti e studiosi denunciando infatti la mancanza di trasparenza, responsabilità e partecipazione sociale nei processi decisionali relativi alla transizione verso l’energia pulita e alla decarbonizzazione. Secondo diversi rapporti in materia, i processi di acquisizione di terreni finalizzati alla costruzione di pannelli solari o all’impiego dell’energia eolica in varie parti del paese sono stati elusivi delle preoccupazioni e delle perplessità degli abitanti della zona. Questo fenomeno si inserisce nelle tensioni presenti nel Paese tra la sfera del settore pubblico e quello privato, dove capita spesso che un terreno tradizionalmente adibito all’agricoltura o alla pastorizia dai locali, e dunque considerato pubblico, venga ceduto dai rappresentanti dello Stato ad acquirenti privati, senza dare ai locali ancorati alla tradizione la possibilità di integrarsi nell’India galoppante del XXI secolo che tuttavia corre verso il futuro senza risolvere i problemi del presente.
Siamo dinanzi al Giano bifronte che è la penisola indiana: da un lato una terra ricca di speranze, progetti per il futuro e voglia di innovarsi, dall’altro una regione che deve affrontare problemi sociali come povertà, analfabetismo e corruzione per spiccare davvero il volo. La transizione energetica è un’opportunità che ben s’inserisce nel contesto di rinnovamento economico del Paese, ma sembra lontana dalla vita quotidiana delle masse che vivono sulla soglia della povertà. Difatti mancano all’appello l’inclusione e la partecipazione pubblica nella preparazione e messa in atto di progetti sostenibili, e dunque l’educazione ambientale dei cittadini e la maturazione della consapevolezza climatica e dell’importanza di azioni concrete anche nel quotidiano.
Un Paese che cammina dritto senza permettere a tutti i suoi cittadini di stare al passo non può giungere troppo lontano, ma il successo delle giovani aziende indiane e il brillante lavoro di ricerca nel campo della tecnologia, dell’educazione e della salute danno segnali positivi sul futuro di uno dei principali attori geopolitici contemporanei.
*foto di Murtaza_ali da Pixaby.com