Se i risultati delle elezioni al centro nord sembrano riservare ben poche sorprese, quelli del voto del 20 e 21 settembre delle elezioni regionali in Puglia sono ancora alquanto incerti. Gli esiti elettorali della regione sono cruciali tanto per la squadra di centrosinistra quanto per quella di centrodestra, in una sfida che vede entrambe le coalizioni giocarsi il tutto per tutto.
Elezioni regionali in Puglia 2020: Lo scenario
In una regione in cui molto conta l’influenza e il carisma personale dei candidati, da un lato c’è Michele Emiliano, governatore uscente del Partito Democratico (Pd), e dall’altro Raffaele Fitto, candidato bandiera del fronte compatto di Lega, Forza Italia (Fi) e Fratelli d’Italia (FdI): sono loro i due protagonisti dei sondaggi, che li indicano come i più papabili tra i candidati per la vittoria delle elezioni. Se Pd e Movimento 5 Stelle (M5s) corrono separati nella sfida per la leadership della regione, è proprio nel tacco dello stivale che, secondo molti, si decide il destino del governo Conte Bis, il quale spera nel voto rivolto a centrosinistra dei suoi corregionali per restituire legittimità alla coalizione giallorossa.
Elezioni regionali in Puglia 2020: digressione storica
Riflesso delle più ampie vicende nazionali, la storia elettorale della Puglia è in linea con le alternanze politiche che hanno caratterizzato quella della Repubblica Italiana. La tradizione cattolica della regione ha condotto, a partire dalle elezioni del giugno 1970, ad una lunga stagione di predominio della Democrazia cristiana (Dc). Nel 1980, la Dc raggiunse l’apice della sua popolarità e con circa il 42% dei consensi vinse le elezioni regionali superando l’unica forza di opposizione in grado di contrastarla, il Partito Comunista Italiano (Pci). Secondo partito in Puglia, sostenuto dai braccianti agricoli del foggiano e dai gruppi operai di Taranto e di Brindisi, il Pci non fu mai in grado di ribaltare i risultati elettorali che per decenni videro la Dc sbaragliare la concorrenza. Fu solo dall’inizio degli anni Novanta che l’assetto elettorale della regione iniziò a mutare: sulla scia delle trasformazioni politiche che caratterizzarono l’Italia tra il 1991 e il 1993, anche in Puglia i partiti tradizionali iniziarono a perdere consensi e il centrodestra si fece sempre più spazio tra gli elettori con partiti neonati come Forza Italia (Fi) e Alleanza Nazionale (An).
Nel 1995, il cambio del sistema elettorale e la crescita del settore industriale a svantaggio di quello agricolo, avrebbero poi condotto alla vittoria del Polo per le Libertà (Fi, An e Ccd) alle elezioni dello stesso anno. A capo della regione venne eletto Salvatore Distaso e fu nominato, alla carica di vicepresidente, un giovanissimo Raffaele Fitto, esponente di Forza Italia. Nel nuovo spirito berlusconiano si rispecchiarono diverse anime della Dc e fu proprio in Fi, e nella figura di Fitto in particolare, che queste riversarono le proprie preferenze elettorali. L’allora vicepresidente pugliese venne accolto dalla comunità regionale con ampio consenso e poté godere sin da subito di una forte popolarità. Quando nel 1999, una nuova legge elettorale introdusse l’elezione diretta del presidente di regione, la candidatura di Fitto alla presidenza parve scontata. Con il 54% dei voti, il candidato di Fi venne eletto governatore della regione, di cui avrebbe condotto la presidenza fino al 2005.
Dopo dieci anni di governo di centrodestra, in vista delle elezioni del 2005, il centrosinistra pugliese scelse di riorganizzarsi sotto il simbolo de L’Unione, coalizione con a capo Romano Prodi, che riuniva forze centriste e della sinistra riformista italiana a quelle più radicali. Nello stesso anno si tennero le primarie della coalizione che, dopo un lungo dibattito sui candidati, videro spiccare l’inaspettata figura di Nichi Vendola. Storico esponente di Rifondazione Comunista, Vendola seppe creare grande mobilitazione sociale attorno alla sua personalità, coinvolgendo masse di giovani elettori che vedevano nei suoi messaggi progressisti e di giustizia sociale il futuro della sinistra italiana. Fu con clamore che nel 2005, con il 50,8% dei voti, Vendola vinse le primarie contro il candidato più moderato Francesco Boccia e divenne, da lì a poco, la carta schierata dal centrosinistra contro la candidatura di Fitto alle regionali della Puglia del 2005.
Le elezioni per il presidente della Puglia vedevano quindi contrapporsi due sfidanti con visioni opposte della politica: da un lato Raffaele Fitto, esponente della destra moderata, forte dei risanamenti fiscali ottenuti nel corso del suo mandato, e dall’altro Nichi Vendola, convinto comunista, colui che aveva rimesso in movimento la sinistra pugliese. La campagna elettorale del 2005 vide i due candidati battersi in un testa a testa estenuante che si concluse con la sorprendente vittoria del candidato di centrosinistra. Cinque anni dopo, nelle elezioni regionali del 2010, dopo la rinuncia di Michele Emiliano alla candidatura per la presidenza, Vendola sarebbe stato riconfermato dal 48,7% dei pugliesi che lo elessero nuovamente presidente di regione, preferendolo a Rocco Palese, esponente de Il Popolo della Libertà.
Il candidato uscente: Michele Emiliano
Per alcuni è “L’ultimo re di Puglia, per altri il “Sindaco della Puglia”, all’anagrafe è Michele Emiliano. Sindaco di Bari dal 2004 al 2014 e presidente della regione dal 2015, Emiliano ha un passato da magistrato impegnato nella lotta alla mafia fino al 2003, quando accetta la candidatura per le comunali di Bari con la coalizione di centrosinistra. Nel 2014 viene eletto segretario regionale del Pd pugliese e si candida alla presidenza della regione Puglia nelle elezioni del 2015. Con il 47% dei voti viene eletto Presidente il 31 maggio del 2015, battendo gli avversari Laricchia (M5s) e Schittulli (centrodestra).
Tra i meriti dell’amministrazione Emiliano ci sono certamente i risultati in materia di crescita economica, turismo e valorizzazione del territorio: il Pil pugliese è aumentato del 4,3% in quattro anni, l’export ha acquistato 9 punti percentuali e il tasso di internazionalizzazione della regione (percentuale di turisti stranieri) è cresciuto dal 20 al 28% dal 2015. Bene anche sul fronte ambientale con il 56% di aziende agricole biologiche in più rispetto al 2015 e l’aumento della percentuale regionale di raccolta differenziata di circa il 50%.
L’istituzione del Reddito di Dignità per far fronte alla crisi pandemica, il fondo di 4 milioni per il superamento delle barriere architettoniche e la creazione dei progetti PIN a sostegno delle imprese giovanili, sono altri tra i successi della presidenza uscente.
È stata invece molto contestata la gestione dell’emergenza Xylella, il batterio che ha causato la morte di migliaia di alberi di ulivo in Salento e che ha portato alla condanna dell’Italia da parte della Corte di Giustizia dell’Unione. Ancora più dure sono state le critiche mosse all’operazione “taglia ospedali” e, più in generale, all’amministrazione della Sanità pugliese (la cui delega è nelle mani di Emiliano) giudicata assolutamente inefficiente e criticata anche da alcuni suoi fedeli sostenitori.
La più recente controversia che lo ha visto protagonista è invece relativa alla vicinanza del presidente al sindaco di estrema destra Pippi Mellone, vicenda che ha scatenato non poco clamore in tutta la regione.
Elezioni regionali in Puglia 2020: Gli sfidanti
8 candidati alla presidenza, 29 liste e 1300 candidati consiglieri: sono questi i numeri delle liste presentate il 22 agosto scorso. A sfidarsi per il governo della regione sono: Michele Emiliano (coalizione di centrosinistra con 15 liste a suo sostegno), Raffaele Fitto (supportato da 5 liste di centrodestra), Antonella Laricchia (M5s), già candidata pentastellata nel 2015, Ivan Scalfarotto (Italia Viva, Azione e +Europa), deputato e sottosegretario alla Farnesina, Mario Conca (Movimento Cittadini Pugliesi), escluso dalla corsa con il M5s, Pierfrancesco Bruni (Movimento Fiamma Tricolore), intellettuale e archeologo, Nicola Cesaria (Lavoro Ambiente e Costituzione), attualmente consigliere comunale, e l’avvocato Andrea D’Agosto (Riconquistare l’Italia).
Quattro liste di coalizione e quattro in solitaria descrivono l’offerta politica delle regionali della Puglia del 2020 che, nonostante alcune novità come la prima corsa pugliese di Italia Viva con la candidatura di Scalfarotto, è facilmente riducibile ai due candidati di punta, Emiliano e Fitto. Sembra proprio quest’ultimo, ex Ministro per gli affari regionali e volto storico del centrodestra pugliese, l’unico in grado di mettere in difficoltà il presidente barese.
Elezioni regionali in Puglia 2020: I temi della campagna
I temi della campagna elettorale sono molteplici e spesso comuni tra i candidati, come quelli dell’emergenza Xylella, la complicata questione relativa all’ ex Ilva di Taranto, il progetto per la costruzione del gasdotto Trans-Adriatico (Tap) e l’elaborazione di un nuovo Green Deal pugliese con progetti di sostenibilità e riconversione ecologica.
Quello della sanità, ambito a cui è dedicato dell’ 80% del bilancio regionale, resta poi un nodo cruciale tra i candidati, soprattutto dopo l’emergenza Covid-19: misure di ampliamento del welfare regionale e la necessità di aumentare l’efficienza delle strutture ospedaliere attraverso misure di digitalizzazione amministrativa sono alcune tra le proposte più comuni tra gli sfidanti.
Il tema del turismo è poi fondamentale nella campagna elettorale di una regione che ha fatto del terzo settore il suo punto di forza, direttamente legato a quello più spinoso delle infrastrutture infraregionali, ancora insufficienti e tallone d’Achille del tacco.
Si guarda anche al tema giovani ed istruzione, con piani di investimento per università e ricerca che sappiano invertire la rotta della migrazione verso nord dei giovani talenti pugliesi, che da anni lasciano la regione in cerca di opportunità.
La legge elettorale
La legge elettorale della regione è stabilita dalla Legge regionale 7/2015 che prevede un sistema proporzionale a turno unico con doppia preferenza di genere e possibilità di esprimere un voto disgiunto, ovvero esprimere la propria preferenza per un candidato governatore e indicare poi una lista che non lo appoggia. Per il consiglio è prevista l’attribuzione di 50 seggi, di cui 27 ripartiti in base al collegio unico regionale e i restanti 23 a livello circoscrizionale. È prevista una soglia di sbarramento pari all’8% per le liste e le coalizioni che concorrono da sole, soglia che scende al 4% per le liste di coalizione. Secondo la legge elettorale, è garantito anche un premio di maggioranza rispettivamente di 29 seggi nel caso in cui si ottenga almeno il 40%, 28 tra il 35% e il 40% e di 27 seggi se la vittoria è ottenuta con maggioranza inferiore al 35%.
È eletto presidente della regione il candidato che ottiene la maggioranza anche solo relativa dei voti, cioè con un solo voto in più rispetto ai suoi avversari.