16 ottobre 1985
Il leader del PRI (Partito Repubblicano Italiano), il giornalista e storico Giovanni Spadolini, ministro della Difesa, decide di mettere in discussione l’appoggio del proprio partito all’esecutivo guidato da ormai due anni dal segretario del partito socialista italiano Bettino Craxi, esecutivo basato su una coalizione, il cosiddetto Pentapartito, che vede come partito di spicco la Democrazia Cristiana, con il sostegno, oltre che dei già citati repubblicani e socialisti, di liberali e socialdemocratici, ed apre una crisi di governo.
Spadolini invoca le dimissioni del presidente del Consiglio dei ministri, il quale, però, non ha intenzione di rimettere il mandato senza aver prima riferito alla Camera a proposito della situazione venutasi a creare.
Ma cosa sta spingendo la direzione e i gruppi parlamentari del PRI a decidere di ritirare i loro rappresentanti dall’esecutivo?
Bisogna fare un salto indietro nel tempo di nove giorni, arrivando dunque a lunedì 7 ottobre
Lunedì 7 ottobre. Mar Mediterraneo, ore 13:00 circa.
La nave da crociera italiana Achille Lauro sta navigando in acque egiziane verso le coste israeliane quando quattro terroristi iniziano a sparare in aria, prendendo il controllo della nave e prendendo in ostaggio le circa 430 persone a bordo.
I sequestratori della nave chiedono la liberazione di 50 loro compagni detenuti in Israele, minacciando violente reazioni in caso ciò non avvenga.
L’SOS, mandato alle ore 15:00 circa, è stato captato a Göteborg, in Svezia, e la notizia giunge in Italia soltanto nel tardo pomeriggio. Il ministro degli Esteri Giulio Andreotti e il ministro della Difesa Giovanni Spadolini dichiarano lo stato di crisi.
Andreotti e Spadolini, pur facendo parte della stessa maggioranza, hanno posizioni diverse nell’ambito della politica internazionale: più vicino ai paesi arabi il primo, più filoamericano il secondo. Ciascuno di loro cerca di sfruttare i propri contatti a livello internazionale per riuscire a trovare una soluzione: Andreotti contatta Yasser Arafat, il leader dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), un’organizzazione nata con lo scopo di difendere le istanze del popolo palestinese attraverso la lotta armata contro lo stato di Israele e alla quale i terroristi dicono di appartenere, con quest’ultimo che mette a disposizione come mediatore Abul Abbas, uno dei suoi uomini, Spadolini invece cerca l’appoggio degli Stati Uniti e fa decollare alcuni velivoli dell’Aeronautica con lo scopo di individuare la nave.
La posizione del presidente americano Reagan è chiara: non si tratta con i terroristi.
Martedì 8 ottobre.
La mattina i ricognitori italiani individuano la Achille Lauro, dirottata verso le coste siriane. Craxi, a causa del mancato volere delle autorità americane ed israeliane di negoziare con i terroristi, chiede alla Siria di negare l’attracco e nel pomeriggio i sequestratori scatenano la propria violenza, uccidendo a colpi di pistola il passeggero americano Leon Klinghoffer e gettandone in mare il cadavere.
Appena appreso della morte di un cittadino statunitense, da Washington si dicono pronti all’intervento militare, mentre nel frattempo Abul Abbas ha ordinato ai terroristi di invertire la rotta e di tornare verso l’Egitto.
Mercoledì 9 ottobre.
La nave sta per attraccare sulle coste egiziane ed Abul Abbas intima una resa ai membri dell’OLP, chiedendo in cambio all’Italia un salvacondotto.
L’Italia accetta, a patto che a bordo non siano stati compiuti atti di violenza.
Il comandante della nave, sotto minaccia dei terroristi, nega l’omicidio di Klinghoffer, e l’Italia autorizza il salvacondotto.
Il governo italiano scopre quanto è accaduto al cittadino americano solo nel pomeriggio, dopo che la nave è ormai stata liberata.
Giovedì 10 ottobre.
I terroristi vengono fatti partire su un Boeing egiziano alla volta di Tunisi ed i servizi segreti statunitensi decidono di intercettare l’aereo.
Alle 21:00 circa viene negato all’aereo, su richiesta di Reagan, il permesso di atterraggio a Tunisi, e poco dopo accade la stessa cosa ad Atene.
I quattro terroristi hanno i minuti contati: alle 22:30 i caccia intercettano l’aereo, al quale ordinano di atterrare in Sicilia, sulla base Nato di Sigonella.
Il governo statunitense cerca di mettersi in contatto con Craxi per chiedergli il permesso di fare atterrare l’aereo a Sigonella, ma il presidente del consiglio italiano decide di non rispondere.
Notte tra giovedì 10 ottobre e venerdì 11 ottobre.
A seguito di molte pressioni, Craxi concede il permesso, ma contatta immediatamente i vertici delle forze armate italiane: bisogna salvaguardare il velivolo ad ogni costo, e deve essere l’Italia a prendere sotto custodia tutti i passeggeri.
Poco dopo la mezzanotte, atterrano sul suolo di Sigonella il Boeing con a bordo i quattro terroristi dell’OLP (ed oltre a loro, due mediatori palestinesi, uno dei quali è Abul Abbas, e otto mediatori egiziani), i due caccia americani che avevano intercettato l’aereo, e due aerei americani da ricognizione.
I militari della VAM, la vigilanza dell’aeronautica militare, circondano l’aereo, venendo però circondati a loro volta dagli americani appena sbarcati.
Pochi minuti dopo, giungono sul posto dei Carabinieri, i quali, armati, si dispongono intorno agli americani, formando così il terzo cerchio concentrico intorno all’aereo.
Sono momenti critici per il rapporto tra Italia e Stati Uniti: quello che prima era stato solo un diverbio politico sta rischiando di divenire uno scontro armato.
Gli americani insistono a voler prelevare i terroristi, ma le forze armate italiane fanno sapere che, qualora ciò avvenisse, non esiteranno a fare fuoco.
Inizia così un tira e molla tra Reagan e gli esponenti del governo italiano, i quali considerano inaccettabili le richieste americane.
Il braccio di ferro si conclude soltanto alle 04:00 del mattino, quando seppur molto controvoglia, il Presidente degli Stati Uniti sembra accettare la decisione di Craxi di processare i terroristi secondo le leggi italiane.
Venerdì 11 ottobre.
I membri della OLP vengono fatti scendere dall’aereo; chi non vuole scendere però è Abul Abbas, personaggio particolarmente controverso e che non sembra del tutto estraneo alla vicenda.
Dall’Egitto fanno sapere che non lasceranno partire la “Achille Lauro” finché l’aereo con a bordo Abbas non tornerà alla base.
Craxi apre le trattative con Abbas e con le autorità egiziane, decidendo poi di far decollare il Boeing, in tarda serata, alla volta di Roma.
Il Boeing atterra a Ciampino scortato dai caccia italiani e da quelli statunitensi. Poche ore dopo, da Washington giunge a Palazzo Chigi la richiesta di arresto ed estradizione per Abul Abbas.
Sabato 12 ottobre.
Il ministro della giustizia Mino Martinazzoli, esaminata la richiesta, decide di non accettarla: il governo italiano, dunque, dice nuovamente di no agli Stati Uniti.
Abul Abbas viene imbarcato, sotto la protezione dei servizi segreti italiani, su un aereo per la Jugoslavia.
Il palestinese, considerato sin da subito dagli americani il mandante del sequestro, verrà riconosciuto colpevole dalla giustizia italiana soltanto nove mesi dopo.
Martedì 16 ottobre.
A motivare la decisione di Spadolini, dunque, è stata la gestione, da parte soprattutto di Craxi, dell’intera vicenda.
Il leader repubblicano, da filoamericano qual era, non ha tollerato le risposte negative dell’esecutivo italiano alle richieste di Washington.
Spadolini decide di incontrare Craxi, ma i due non trovano un accordo. Ecco che vengono allora ritirati dall’esecutivo gli esponenti del PRI.
Il mese successivo è quello che sancisce la tregua, sia tra Stati Uniti ed Italia che tra Spadolini e Craxi.
Reagan invia una lettera al premier italiano, pregandolo di non agire contro gli interessi americani, in quanto le due nazioni sono e devono essere alleate, e lo invita a Washington. Una seduta al parlamento del 6 novembre, invece, decreta la fine della crisi di governo aperta dal segretario del PRI, con i ministri repubblicani che restano nell’esecutivo dopo che Craxi ottiene la fiducia della camera. Il governo resterà in carica fino al primo agosto 1986, dopo che il 27 giugno Craxi si dimetterà a seguito delle polemiche con il segretario democristiano De Mita sul cosiddetto “patto della staffetta”.