“Nessuno Stato membro può affrontare da solo le sfide della migrazione. I Paesi in prima linea hanno bisogno della nostra solidarietà. E tutti gli Stati membri devono poter contare su un’adesione responsabile alle regole concordate”.
(Maria Malmer Stenergard, Ministro svedese per la migrazione)
Perché i regolamenti UE sull’immigrazione sono sempre stati considerati ‘preistorici’
In Europa, il punto cardine in materia di politiche sull’immigrazione è finora stato il Regolamento (UE) n. 604/2013, meglio noto come “Dublino III”. Tale normativa ha trovato una prima disciplina nella Convenzione di Dublino, un trattato internazionale firmato nel 1990 dagli allora 12 Stati membri della Comunità Europea ed entrato in vigore nel 1997.
Già nel 1999 ci fu una prima modifica contestualmente all’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, in cui viene modificata la competenza in materia di diritto d’asilo, fino a quel momento esclusivamente nelle mani dei singoli Stati Membri. Disciplina ratificata poi nel 2003 con l’approvazione del documento meglio conosciuto come Regolamento (reg. 2003/343/CE), il cosiddetto “Dublino II”.
Nonostante questo cambiamento, vi è ancora una differenza sostanziale tra il contesto in cui sono stati emanati la Convenzione del 1990 e il Regolamento del 2003, che non è stata presa in considerazione. Nel 1990 infatti, l’adozione della Convenzione era finalizzata a regolare i flussi migratori delle persone provenienti dall’Est Europa. Tali flussi, benché ingenti, non erano numericamente paragonabili ai valori odierni. Per questo motivo, un fattore di cui sarebbe stato essenziale valutare la modifica è l’ancora presente principio del Paese di primo arrivo (che stabilisce che il Paese in cui un migrante arriva per primo ne sia l’unico responsabile).
Successivamente, nel 2013 vennero apportate ulteriori modifiche al Regolamento, adottando così il “Dublino III”, che introdusse diverse misure di miglioramento nelle procedure del sistema di accoglienza (anche se puramente volte a mitigare problemi temporanei). Tuttavia, anche in questo caso, il principio del Paese di primo arrivo, sempre più dannoso, fu confermato. Solamente nel 2015 si cominciò ad assistere ad un cambiamento significativo anche su questo fronte. La più recente “crisi migratoria”, ovvero l’ingente afflusso di persone che hanno attraversato irregolarmente le frontiere UE nel biennio 2015-2016 (oltre due milioni), in fuga da guerre e persecuzioni o semplicemente alla ricerca di migliori condizioni di vita, ha causato rilevanti squilibri, portando la Germania a sospendere il meccanismo di Dublino e i Paesi del cosiddetto Gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia ed Ungheria) a chiudere definitivamente le proprie frontiere.
Nonostante i numerosi tentativi da parte delle istituzioni nel cercare di riformare il Regolamento, è stato proprio durante questa crisi che è diventato evidente, anche agli occhi di quei governi che hanno sempre votato a sfavore, la necessità di attuare una riforma completa e radicale del diritto d’asilo europeo.
Chiariamo la questione della responsabilità
Innanzitutto, è bene sottolineare il fatto che le politiche migratorie di carattere generale (concernenti il rilascio dei permessi di soggiorno, la definizione delle quote e dei profili di ingresso per il lavoro), insieme con le leggi relative alla cittadinanza, sono sempre state di competenza statale. Anche le politiche di ricezione e valutazione delle richieste di protezione ed accoglienza internazionale non sono da meno, rimanendo di competenza nazionale.
Nonostante ciò, sono anni che l’Unione tenta di promuovere un accordo comune; nell’ottobre del 1999, a Tampere (in Finlandia), il Consiglio europeo tenne una riunione straordinaria volta alla creazione di uno spazio unico di libertà, sicurezza e giustizia relativamente ai settori dei controlli delle frontiere, dell’asilo e dell’immigrazione.
Si tratta di un approccio rimasto assolutamente attuale. Nel novembre del 2017 il Parlamento Europeo aveva proposto una riforma (mai approvata) che si proponeva di superare i limiti del Regolamento di Dublino (criticato anche dal Consiglio Europeo per i Rifugiati e gli Esuli e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e, finalmente, sostituire il principio del Paese di primo arrivo con un meccanismo permanente di ricollocamento.
Presentazione di una nuova proposta in materia di immigrazione e asilo
Il 23 settembre 2020, la Commissione europea ha presentato una proposta per un Nuovo Patto sulla Migrazione e sull’Asilo, che mira a introdurre procedure più rapide, efficienti e proporzionate in tutte le fasi del sistema di accoglienza. Questo nuovo patto rappresenta ovviamente una revisione del regolamento di Dublino, in particolare per il tanto criticato meccanismo del Paese primo di arrivo.
In Europa, il fenomeno dell’immigrazione ha sempre causato un processo di intensa politicizzazione che ha reso complesso un qualsiasi approccio a riforme del settore. Gli Stati membri dell’UE possiedono differenti prospettive a causa delle divergenze politiche che caratterizzano un così vario insieme di culture. Le opinioni pubbliche in materia variano notevolmente tra gli stati e anche all’interno di essi. Per questo, l’impegno dei governi nel riuscire a adottare un fronte comune verso l’attuazione di riforme audaci sull’immigrazione può essere politicamente rischioso.
Nonostante ciò, l’urgenza percepita in un contesto caratterizzato da estremi squilibri ed incertezze, aggravate dalla crisi energetica e dalla guerra, hanno permesso di avviare i negoziati su questo nuovo regolamento. Il 20 aprile 2023 infatti, il mandato negoziale per l’atto legislativo centrale del Pacchetto Asilo ed Immigrazione, è stato sostenuto dagli eurodeputati con 413 voti a favore, 142 contrari e 20 astensioni.
L’efficacia del nuovo strumento e il raggiungimento di un accordo
L’elemento più importante del nuovo Patto, nonché una delle principali ragioni per la sua formulazione, riguarda la tanto attesa riforma del Regolamento di Dublino, i cui criteri avevano generato opposizioni e preoccupazioni, provocando una significativa frattura a livello europeo nella gestione della crisi migratoria.
L’obiettivo del Patto è quindi quello di promuovere una governance più forte e integrata che assicuri una gestione proporzionata, efficiente e sostenibile degli arrivi, basata sui principi di solidarietà ed efficiente condivisione degli oneri. Per raggiungere ciò, si propone di introdurre un nuovo meccanismo di solidarietà per garantire una distribuzione equa delle responsabilità tra gli Stati membri. Al contempo, l’obiettivo è quello di assicurare il rispetto e la tutela dei diritti e delle necessità delle centinaia di migranti irregolari attraverso l’implementazione di una procedura più rapida e semplificata per le richieste di asilo.
“Adotteremo un approccio umano e umanitario. Salvare vite in mare non è un’opzione. E quei paesi che assolvono i loro doveri giuridici e morali o sono più esposti di altri devono poter contare sulla solidarietà di tutta l’Unione europea… Tutti devono farsi avanti e assumersi la propria responsabilità.”
(Discorso della Presidente Ursula von der Leyen sullo stato dell’Unione 2020)
A dieci anni di distanza dall’adozione dell’ultimo Regolamento (Dublino III), si possono finalmente vedere i concreti risultati di numerosi tentativi e successivi lunghi processi di negoziazione in materia. È con grande soddisfazione che l’8 giugno 2023, il Consiglio dichiara il raggiungimento di un accordo su due documenti chiave: il Regolamento sulle Procedure di Asilo (Asylum Procedure Regulation, APR) e il Regolamento sulla Gestione dell’Asilo e dell’Immigrazione (Asylum and Migration Management Regulation, AMMR).
L’APR unifica la procedura seguita dagli Stati membri dell’UE nel momento in cui le persone richiedono protezione internazionale. Esso include una disposizione che riguarda la procedura di frontiera, la quale permette di valutare rapidamente, presso le frontiere esterne dell’UE, se le domande presentate sono prive di fondamento o non ammissibili.
Parallelamente, l’AMMR è destinato a sostituire il regolamento di Dublino attualmente in vigore attraverso l’obiettivo di stabilire quale Stato membro sia responsabile dell’esame della domanda di asilo. Inoltre, il regolamento introduce un nuovo meccanismo di gestione della migrazione e di solidarietà, che mira a garantire una distribuzione più equa dei migranti all’interno dell’UE.
Per concludere
L’approvazione di una parte del nuovo regolamento è un punto di svolta fondamentale. Si tratta indubbiamente di un passo importante verso un sistema più efficiente, equo e solidale, in grado di garantire la condivisione delle responsabilità nel processo di accoglienza degli immigrati. Non va però tralasciato il concetto primario per cui lo strumento è stato inizialmente ideato. L’obiettivo principale di una politica migratoria strutturata a livello sovranazionale rimane quello di proteggere i diritti di coloro che decidono ogni giorno di mettersi in viaggio, rischiando tutto, verso un orizzonte completamente incerto, alla ricerca di un futuro migliore. I progressi compiuti dall’UE lo scorso otto giungo rappresentano un tassello per nulla scontato verso il riconoscimento di un valore così solo apparentemente scontato come quello dell’uguaglianza di tutti gli individui, e la protezione dei loro diritti durante tutto il processo migratorio, privandoli di qualsiasi tipo di discriminazione e ridonandogli quella tanto dimenticata, ma altrettanto dovuta, dignità.