Per carne coltivata o cellulare si fa riferimento alla produzione di carne animale originata dalle cellule staminali, che in Europa non è stata ancora autorizzata, per questo l’Italia ha potuto agire senza vincoli. Prima di poter essere prodotta e commercializzata la carne cellulare dovrà passare dai rigidi controlli dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) di Parma, seguendo un percorso che dura 18 mesi. Le motivazioni presentate da Lollobrigida riguardano la volontà del governo di proteggere il Paese da alimenti che, secondo il Ministro, non garantiscono qualità né benessere, minacciando la tutela della nostra cultura e provocando disoccupazione. Il Ministro Schillaci ha spiegato che la legge si basa sul principio di precauzione, perché non essendoci “evidenze scientifiche sui possibili effetti dannosi dovuti al consumo di cibi sintetici” la volontà del Governo è di tutelare i cittadini e preservare il patrimonio agroalimentare italiano. Ma è proprio la scarsità di tali evidenze scientifiche, unita al fatto che attualmente in nessun paese europeo è legale produrre o commerciare questi prodotti, che potrebbe far sembrare precipitosa la decisione del governo.
Diverse le posizioni contro la “carne sintetica”
Il Dl è stato fortemente voluto da Coldiretti, che si è detta pienamente soddisfatta del provvedimento. L’associazione degli agricoltori italiani si è anche mobilitata con una petizione a sostegno della legge, che ha raccolto oltre mezzo milione di firme, tra cui numerosi esponenti di vari partiti politici, presidenti delle Regioni e sindaci.
Coldiretti ha anche diffuso un volantino secondo cui le ragioni per preferire il cibo “naturale” a quello “sintetico” sarebbero che “è prodotto in un bioreattore da cellule impazzite, consuma più energia e inquina di più, limita la libertà dei consumatori, favorisce gli interessi di pochi che vogliono monopolizzare l’offerta di cibo nel mondo, spezza lo straordinario legame che unisce cibo e natura”. La brochure ha un forte intento comunicativo, ma non vengono citati studi a supporto delle informazioni riportate.
Si è espressa a favore del divieto della carne “sintetica” anche La Conferenza delle Regioni, come dichiarato dal coordinatore della Commissione agricoltura, Federico Caner. In sede di Conferenza Stato-Regioni sono stati evidenziati i poco conosciuti rischi per la salute e il pericolo di “impoverire la qualità dei prodotti italiani”.
Dello stesso avviso sono alcuni eurodeputati italiani, che con un’interrogazione con richiesta di risposta scritta al Parlamento Europeo hanno sollevato perplessità riguardo al progetto “Feed for Meat”, che finanzia con i fondi di REACT EU due aziende olandesi in un progetto di ricerca nell’ambito della coltura cellulare. I parlamentari sottolineano come i benefici per la salute umana sono sconosciuti o non dimostrati, che il loro impatto ambientale potrebbe essere superiore a quello degli allevamenti e che c’è il rischio distorcere la concorrenza con gli agricoltori europei.
La Commissione europea risponde che l’agricoltura cellulare è una tecnologia innovativa che potrebbe ridurre l’impronta ecologica della produzione alimentare; pertanto, è auspicabile e necessario approfondire la conoscenza del suo impatto sulla salute, sull’ambiente e sugli aspetti sociali.
Per altri il divieto della “carne sintetica” è molto problematico
Nel dibattito si sono inserite anche diverse voci contrarie al Dl, che lo ritengono un freno all’innovazione che farà perdere all’Italia importanti opportunità. Come ha dichiarato l’immunologa Antonella Viola a La Stampa, considerati i gravi impatti degli allevamenti animali sia sulla salute umana che in termini di inquinamento, “le opzioni per un futuro sostenibile sono due: rinunciare al consumo di carne o trovare un metodo alternativo per produrla”.
Secondo l’esperta, la coltivazione di carne in laboratorio avverrebbe in un ambiente estremamente controllato, esente da ogni contaminazione, praticamente azzerando il rischio di contenere microbi, ormoni e antibiotici. Dal punto di vista ambientale, la coltivazione richiederebbe meno energia, meno suolo e meno acqua; non necessiterebbe di allevamenti intensivi e quindi non causerebbe sofferenza agli animali.
Dello stesso avviso è il coordinatore del corso di laurea magistrale in Food Engineering del Politecnico di Milano, Luigi De Nardo, intervistato da Open sul tema. Il Dl non vieta esplicitamente la ricerca, ma secondo De Nardo la rende un ambito meno appetibile per i grandi fondi di finanziamento, scoraggiando le imprese ad investire e facendo ritardare l’Italia in un’innovazione tecnologica che può avere un impatto positivo in termini ambientali ed economici, oltre a risolvere un problema di disponibilità. Secondo De Nardo “l’Italia è un Paese chemofobico, dove naturale è sinonimo di sano e sintetico di pericoloso” ma, come anticipato, per essere commercializzata la carne coltivata deve essere prima approvata dall’Ue.
Inoltre, il chimico e divulgatore scientifico Dario Bressanini sottolinea che se l’Unione Europea approvasse questo prodotto, noi non potremmo vietarne il commercio, ma – come succede già coi cosiddetti OGM -, potremmo solo vietarne la produzione mettendoci nella condizione di importarlo dagli altri. Bressanini ha pubblicato un video su Instagram con una forte critica al Dl, spiegando come la scelta dell’espressione “a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati” è inesatta perché fa riferimento anche alla produzione di alimenti già in commercio, come lo yogurt, la birra e la stessa carne derivante dall’uccisione di animali. Anche la decisione di utilizzare il termine “carne sintetica” è fuorviante e una precisa scelta comunicativa del governo per evocare un immaginario legato alla plastica, a qualcosa di artificiale e pericoloso per la salute.
Alcuni studi recenti
Ma cosa dice la scienza a proposito di questo controverso prodotto alimentare? La letteratura sul tema non è vasta e presenta risultati non omogenei, soprattutto relativamente a una produzione di carne cellulare su larga scala. Nell’ambito dei rischi per la salute umana, un recente studio della FAO e dell’OMS afferma che numerosi pericoli individuati per la carne coltivata esistono già e sono ampiamente conosciuti e affrontati in riferimento al cibo convenzionalmente inteso. Per esempio, per garantire la sicurezza degli alimenti a base di cellule sono applicabili i ben noti sistemi di gestione della sicurezza alimentare, come l’Hazard Identification and Critical Control Points (HACCP). Non si può certamente concludere che la carne coltivata sia sicura come i prodotti tradizionali, ma piuttosto che si tratta di un prodotto con problematiche con cui abbiamo sostanzialmente già a che fare.
Relativamente agli effetti sull’ambiente, sono poco chiari i danni che recherà la produzione di carne coltivata rispetto a quella tradizionale. Uno studio pubblicato su Frontiers in Sustainable Food Systems ha dimostrato che la produzione di carne cellulare non sembra avere un impatto meno negativo della produzione tradizionale. Gli allevamenti di bovini sono associati alla produzione di anidride carbonica, protossido di azoto e significative emissioni di metano, mentre le emissioni di carne coltivata sono quasi interamente costituite da anidride carbonica causata dal consumo di energia utilizzata per produrla. Mentre la CO2 si accumula per millenni, il metano – pur essendo più dannoso – permane in atmosfera soltanto per circa 12 anni.
Possibili ipotesi per il futuro
In prospettiva futura è ragionevole aspettarsi due possibili scenari. Da un lato l’Unione europea potrebbe decidere di approvare la produzione e commercializzazione della carne coltivata come Novel Food, a fronte di test e valutazioni realizzati dall’Efsa. In un caso simile, l’Italia si troverebbe esclusa dalla produzione e non potrebbe giovare di un mercato molto redditizio, potendo solamente importare. La Commissione ha espresso un forte interesse nell’approfondire la conoscenza sul tema, per esempio finanziando con 2 milioni di euro il già citato “Feed for Meat” nell’ambito di REACT-EU. È stato anche recentemente pubblicato un bando per assegnare alcuni fondi di Horizon Euopre 2020 a progetti di ricerca sugli impatti ambientali, economici, sociali ed etici della carne coltivata.
Questi esempi suggeriscono un atteggiamento opposto dell’Ue rispetto a quello manifestato dal governo Meloni e dal Dl, che sembra possa essere rivisto solo alla luce di eventuali risultati definitivi sugli impatti negativi della carne cellulare per salute e ambiente. In tal senso si potrebbe verificare un secondo scenario, cioè che anche l’Ue esprimi perplessità sulla carne coltivata in laboratorio e non ne approvi la produzione. L’Italia avrebbe dunque anticipato una linea decisionale condivisa anche a livelli più alti, anche se le basi del Dl sono dichiaratamente ideologiche piuttosto che scientifiche, dal momento che – come anticipato – non vengono citate ricerche a supporto delle argomentazioni sostenute nel decreto legge.
Non sappiamo con certezza quali saranno le future scoperte nell’ambito di questo prodotto, ma per la sua potenziale rilevanza a livello di impatto ambientale è auspicabile continuare ad indagare investendo nella ricerca. A Singapore è possibile mangiare carne coltivata dopo l’approvazione nel 2020 dei bocconcini di pollo prodotti da Eat Just da parte della Singapore Food Agency. Gli Stati Uniti potrebbero essere i prossimi, considerato il parere positivo della Food and Drug Administration sul pollo creato in laboratorio dall’azienda Upside Food. In Israele non è stato approvato il commercio della carne coltivata, ma le 13 start-up di prodotti alimentari a base cellulare hanno ricevuto investimenti per 507 milioni di dollari nel 2021, circa il 36% degli investimenti globali effettuati in quell’anno nel settore. In Italia, l’unica a occuparsi esclusivamente di carne colturale è la BrunoCell, startup dell’Università di Trento nata nel 2019.
Dal momento che la letteratura pubblicata sul tema della carne coltivata è limitata e non omogenea nei risultati, potrebbe essere prematuro definire linee strategiche intransigenti come quella espressa dal Dl. Anche in relazione al fatto che non c’è nessuna “minaccia” imminente: l’Ue non ha ancora approvato questo prodotto. La decisione del governo sembra esprimere una posizione ideologica molto forte che potrebbe non vacillare nemmeno a fronte di risultati scientifici più definitivi sugli impatti positivi. Inoltre, nel presente questo atteggiamento rischia di rendere il settore poco appetibile per gli investimenti, scoraggiando iniziative di ricerca che aumenterebbero la conoscenza dell’argomento e penalizzando l’Italia anche da un punto di vista economico.
*[Credits foto: Drew Hays, via unsplash]