Il principale nodo da sciogliere è questo: chi e perché ha spiato l’europarlamentare e leader del Pasok, il partito socialista greco, Nikos Androulakis, e il giornalista d’inchiesta specializzato in casi di corruzione, Thanais Koukakis, attraverso l’hackeraggio dei rispettivi telefoni personali operato mediante lo spyware Predator, un malware che consente di accedere alle conversazioni – chat e email – ma anche di controllare microfoni e videocamere dei dispositivi in cui è inoculato?
Interrogativo che giocoforza rischia di condurre nella direzione del governo Mitsotakis, al quale i servizi segreti sono intestati.
Il primo ministro greco si è affrettato a respingere gli addebiti. Ma le rivelazioni fornite dal capo dell’intelligence Kontoleon in un’audizione dello scorso 29 luglio hanno alzato il polverone: gran parte del contenuto è secretato, ma non ci sono dubbi che l’attività di spionaggio si sia verificata e che sia opera dei servizi, come lui stesso non ha mancato di sottolineare. Più difficile credere invece alle ricostruzioni diffuse inizialmente. E che hanno condotto dapprima Mitsotakis a imputare la colpa alla sola intelligence. Poi fonti governative – accantonando la versione, pur abbracciata all’inizio, dell’assenza del coinvolgimento degli 007 greci – ad ammettere sì l’esistenza di intercettazioni sul leader socialista, ma a carico dell’intelligence di altri Stati, Armenia e Ucraina in primis, che hanno rispedito le accuse al mittente. D’altra parte, negli stessi confini nazionali queste versioni sono state da subito ritenute posticce. Anche a causa del rapporto che da inizio legislatura ha legato Mitsotakis all’intelligence greca.
Il governo Mitsotakis e la habitué delle intercettazioni in Grecia
I punti oscuri sono tanti, altrettanto gravoso è il peso specifico della faccenda: si tratterebbe, laddove confermato un ruolo del governo, di un caso di spionaggio politico. Al momento escluso, però, dalla commissione parlamentare nominata ad agosto scorso per dissipare le ombre, che pure abbondano: l’inchiesta ha difatti scagionato Mitsotakis dalla faccenda, suscitando l’ira dell’opposizione che denuncia l’assenza di terzietà dell’indagine, vista la sostanziale conduzione operata dalla maggioranza di Nea Dimokratia, partito del primo ministro.
A infittire i dubbi c’è poi un ulteriore elemento di ambiguità, rappresentato dal rapporto intrattenuto da Mitsotakis con i servizi, portati, con uno dei primi provvedimenti del suo governo, sotto il suo controllo. Poteva – questa la domanda sul banco – non essere a conoscenza di un’operazione così importante dell’intelligence che pure agisce sotto la sua supervisione? Tanto più in uno Stato che ha emesso, solo lo scorso anno, 15mila provvedimenti di inizio, estensione o fine di intercettazioni? Restano gli interrogativi, mentre riaffiorano dal passato, prossimo e remoto, le storie della Grecia che fu. Dal programma capillare di intercettazioni messo in piedi dalla dittatura dei colonnelli di fine anni ’60, sino alle storie che riguardano proprio il padre del primo ministro, Konstantinos Mitsotakis, capo del governo nel 1990, e artefice di un’ondata di intercettazioni ai danni del leader socialista Andreas Papandreau (anche lui coinvolto in pratiche di sorveglianza ai tempi del suo incarico).
Lo scandalo intercettazioni in Grecia irrompe in un momento di difficoltà
Fin qui i dubbi, ora le certezze: lo scandalo intercettazioni in Grecia non gioca certo a favore del premier Mitsotakis, alla vigilia di una campagna elettorale complessa. Secondo gli analisti, le elezioni del 2023 non garantiranno ai conservatori di Nea Dimokratia il raggiungimento della maggioranza in solitaria, malgrado i sondaggi li diano comunque in testa. Dall’inizio del suo mandato, Mitsotakis si è mosso lungo un crinale scivoloso: presentatosi come il grande riformatore della politica greca, forte anche della vulgata che per lunghi anni lo ha voluto l’enfant prodige dei liberalconservatori europei, ha tenuto durante la legislatura un moto ondivago. Da un lato raggiungendo buoni risultati economici – il pil nel 2021 è salito dell’8,3% e nel 2022 chiuderà a +4, mentre cade il regime di sorveglianza speciale imposto dall’Ue dopo la crisi del 2010 – dall’altro facendo i conti con la crescita dell’inflazione (oggi stimata al 12 per cento). Forti critiche sono anche arrivate sull’accentramento di potere e sulle limitazioni alla libertà di stampa intervenute negli ultimi anni.
L’agenzia Media freedom rapid response (Mfrr), che monitora la libertà di stampa nella comunità europea, ha definito la Grecia un paese in cui sono sistematicamente a rischio l’indipendenza dei mezzi d’informazione e la sicurezza dei giornalisti. Con un’accusa ripresa anche dalla Ong Reporter senza frontiere, che ha evidenziato una forte contrazione della libertà di stampa nell’ultimo biennio, posizionando la Grecia al 75esimo posto quanto a libertà di stampa. Tra i temi oggetto di maggiori critiche ci sono poi le politiche migratorie e le denunciate violazioni dei diritti umani che interesserebbero i migranti. Numerose sono state le inchieste attinenti ai respingimenti illegali che sarebbero stati operati dalle autorità locali in collaborazione con l’agenzia europea Frontex, il cui direttore – a fronte delle ricostruzioni dei media – ha rassegnato le proprie dimissioni lo scorso aprile. Mentre anche il racconto di queste dinamiche non sembra essere particolarmente gradito tra i vertici greci: è del novembre 2021 il caso di intercettazione tramite Predator di Stavros Malichudis, reporter greco da tempo impegnato nel racconto dell’immigrazione nel paese ellenico.
Lo scandalo intercettazioni è nel solco di quanto accade in Europa
Per quanto paradossale, la storia delle intercettazioni in Grecia non è l’unica di cui si ha contezza nel panorama europeo. Tanto che da marzo scorso, in seno al Parlamento europeo, è stata istituita la commissione Pega per indagare sullo spyware Pegasus, della società israeliana Nso Group, al centro di diverse vicissitudini che hanno coinvolto importanti personalità europee.
Commissione europeaSi parla – tra gli altri – del presidente francese Emmanuel Macron, caduto nella rete delle intercettazioni nel 2019 assieme all’allora primo ministro Edouard Philippe e 14 ministri del suo governo, secondo le rivelazioni dell’indagine realizzata dalla no profit francese Forbidden Stories, coadiuvata da Amnesty International. Lo stesso spyware è inoltre stato utilizzato lo scorso anno per intercettare il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez e il telefono della ministra della Difesa Margarita Robles. Non gli unici, in Spagna, ad aver subito questo trattamento. Secondo un’indagine compiuta lo scorso anno dall’istituto di ricerca canadese Citizen Lab, infatti, negli ultimi anni i telefoni di più di 60 importanti politici, attivisti e giornalisti catalani sarebbero stati intercettati con alcuni spyware tra cui Pegasus. Resta sempre in sospeso il chi, il dove, mentre il perché sembra sempre essere sotto gli occhi di tutti, che si riesca a provare oppure no.
*Immagine di copertina via nonbirinonko da Pixabay