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Così il taglio dei parlamentari può creare il caos elettorale

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La corsa al voto per le elezioni politiche del 25 settembre 2022 è intensa, forse più che in passato. Perché anche se questa non sarà la prima tornata elettorale in cui si voterà tramite la legge corrente, il Rosatellum, sarà però la prima dopo il drastico taglio dei parlamentari di due anni fa. Intuitivamente: con un minor numero di poltrone ogni partito dovrà poter contare su un numero maggiore di voti rispetto alle precedenti elezioni per assicurarsi di avere la stessa forza in Parlamento. Ma nello specifico cosa è cambiato con la riforma? Cosa invece non è cambiato? E soprattutto, che risvolti avrà sul nostro modo di votare?

La riforma e la sua storia

La riforma costituzionale del 19 ottobre 2019, confermata successivamente dal referendum popolare del 20-21 settembre 2020 con il 69,64% di voti per il sì, ha ridotto il numero di seggi in parlamento del 36.6% da entrambe le Camere. Si è passato infatti da 630 a 400 seggi per la Camera dei deputati e da 315 a 200 per il Senato. La riforma ha inoltre imposto il limite di 5 senatori a vita effettivi (e non un limite massimo di 5 senatori a vita eletti dal Presidente della Repubblica in carica, come era stato talvolta precedentemente interpretato).
Non è la prima volta che viene proposto un taglio del numero dei parlamentari. Il più recente tentativo risale alla riforma costituzionale Renzi-Boschi del 2016, bocciata al referendum costituzionale con il 59.12% di voti contrari, la quale prevedeva una diminuzione ancora maggiore dei seggi in Senato e una ridefinizione del ruolo dell’istituzione stessa.
Nel 2018, con l’inizio del governo Conte I, il Movimento 5 Stelle e la Lega concordavano sul “Contratto per il governo del cambiamento” nel quale la prima delle riforme istituzionali proposte consisteva proprio nella “drastica riduzione del numero dei parlamentari: 400 deputati e 200 senatori”. Gli obiettivi erano una maggiore efficienza nell’iter di approvazione delle leggi e una minor spesa pubblica. L’anno successivo, il governo Conte II sostenuto da Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali e Partito Democratico portava a termine il progetto.

Le modifiche (mancate)

Conseguentemente all’approvazione della legge erano stati previsti alcuni correttivi, ossia delle modifiche interne al Parlamento che avrebbero evitato la nascita di squilibri. In particolare, i correttivi proposti erano la modifica dei regolamenti interni per entrambe le Camere, l’abbassamento a 18 anni della soglia d’età per votare per il Senato, la modifica della base elettiva del Senato (da regionale a circoscrizionale) e la riduzione del numero di delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica.
Gli ultimi due punti, sebbene parte dello stesso disegno di legge, sono stati scissi e la riduzione del numero dei delegati è stata eliminata perché avrebbe ridotto la rappresentatività territoriale, come sottolineato dall’Onorevole Fornaro (LeU). La proposta di uniformare l’elettorato attivo di entrambe le camere è invece stata approvata l’8 luglio 2019. Ciò significa che oggi un diciottenne potrà votare i propri rappresentanti sia alla Camera che al Senato mentre in passato le due soglie minime erano diverse: 18 anni per la Camera dei deputati e 25 per il Senato, tradizionalmente considerato l’organo “vecchio” (dal latino senex).
Per quanto riguarda gli altri punti, nessun correttivo è stato portato a termine: non è stato modificato il conteggio su base regionale per i voti del Senato, né è stata approvata una nuova legge elettorale, anche se, con il decreto legislativo del 23 dicembre 2020, n.177 è stato attuato quanto stabilito in una legge precedente (legge n.51 del 2019). Essa sostituiva l’indicazione di un numero fisso di seggi uninominali con una frazione, ⅜ del totale dei seggi, mentre i restanti ⅝ rimanevano proporzionali (escluse le circoscrizioni Trentino-Alto Adige/Südtirol, Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e Molise). Questa legge di fatto non cambiava le proporzioni preesistenti ma le rendeva flessibili e applicabili alla successiva riduzione dei seggi.

Le conseguenze

Il taglio dei parlamentari, in mancanza dei necessari correttivi, specialmente quelli inerenti ai regolamenti interni alle camere, comporta delle problematiche evidenti.
Innanzitutto, le procedure che prevedono la presenza di un numero fisso di parlamentari come i quorum o la formazione dei gruppi parlamentari diventeranno più complesse. Ad esempio, se prima era necessario un minimo di 20 deputati su 630 per formare un gruppo, ovvero il 3% della composizione della Camera, ora la quota minima da raggiungere è il 5% (e un ragionamento analogo si può applicare al Senato). Questa soglia di sbarramento implicita significa che saranno necessarie una maggiore aggregazione delle forze politiche e la formazione di coalizioni ampie. Questo però non si traduce necessariamente in un dialogo maggiore tra i partiti, al contrario, come sta succedendo per il centro e per il centrosinistra, le alleanze si presentano instabili e con pochi obiettivi reali in comune, rendendo possibile prevedere che si dissolveranno poco dopo le elezioni. Questo avvantaggia sicuramente la coalizione più compatta e longeva di centrodestra.
In generale è evidente che, in questa tornata elettorale, la rappresentatività del parlamento sarà inevitabilmente ridotta, soprattutto per quanto riguarda i partiti medio-piccoli e non coalizzati.
Un’altra conseguenza saranno i problemi che potrebbero emergere in alcuni organi la cui composizione numerica è fissa ma che dovrebbero rispecchiare proporzionalmente la struttura politica dell’Assemblea. Un deputato o senatore si potrebbe trovare a dover rivestire più cariche in organi diversi. Sarebbe inoltre difficile rispettare fedelmente le proporzioni dell’Assemblea in organi composti da un minor numero di parlamentari.

Le alternative e le proposte dei partiti

Correttivi a parte, vi sono state alcune proposte per un sistema completamente alternativo, la più concreta è il cosiddetto “Brescellum” dal nome del suo ideatore Giuseppe Brescia, deputato del M5S, che consisterebbe nel superamento del sistema misto in favore di un sistema interamente proporzionale, sostenuto da PD, M5S, LeU e Italia Viva e ora bloccato anche dalla marcia indietro del partito di Renzi.
Nonostante l’anno scorso il centrodestra si fosse schierato espressamente contro il proporzionale puro, dalla Lega e da Forza Italia emergono voci contrastanti. Lo stesso vale per il PD, che include sia sostenitori del sistema proporzionale come l’ex segretario Nicola Zingaretti che del maggioritario come Enrico Letta. Il M5S è da sempre a favore di un sistema proporzionale mentre alcuni partiti minori (Azione, Coraggio Italia) che pur gioverebbero da un sistema di questo tipo si rivelano a favore del maggioritario.
Una panoramica generale dei programmi dei grandi partiti per questo 25 settembre non rivela progetti concreti a riguardo.
La coalizione di centrodestra non menziona alcuna riforma del sistema elettorale; la principale riforma istituzionale proposta è l’elezione diretta del Presidente della Repubblica.
Il PD è il partito che maggiormente si dedica alla questione (seppur senza entrare nei dettagli) dichiarando di volersi impegnare nella promozione di una nuova legge elettorale al parlamento “sin dai primi mesi della prossima legislatura”. Gli obiettivi sarebbero l’eliminazione della frammentazione e del trasformismo, la riduzione degli effetti distorsivi della rappresentanza legati al taglio dei parlamentari e la costruzione di forze politiche stabili e chiaramente identificabili.
Azione e Italia Viva concordano sulla proposta di un “Sindaco di Italia” ovvero un Presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini, proposta che “si accompagna, peraltro, ad una necessaria riforma del sistema elettorale”, idea che però non viene sviluppata.
Il M5S propone infine altre riforme istituzionali: l’estensione del diritto di voto ai sedicenni, il limite a due mandati per tutti i partiti, la sfiducia costruttiva al governo.

Ora il problema principale resta il tempo: a poco più di un mese dal voto l’Italia si trova a dover scegliere i propri rappresentanti con un sistema ancora incompleto e che presenta evidenti criticità che è necessario sottolineare. Il sistema elettorale non è solo un tecnicismo ma la base del nostro ordinamento politico: comprenderlo è fondamentale per poter votare consapevolmente.

* Taglio parlamentari [crediti foto: Marco Oriolesi via unsplash.com]

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