Storia del Rosatellum
La legge Rosato, dal suo relatore Ettore Rosato, attuale vicepresidente della Camera dei Deputati, è entrata in vigore nel 2017. Ha sostituito le precedenti leggi elettorali Italicum e Porcellum, dichiarate parzialmente incostituzionali dalla Corte Costituzionale. L’attuale legge elettorale è in realtà un Rosatellum bis, in quanto non coincide con l’originale legge elettorale a firma Rosato. la prima proposta, infatti, prevedeva un diverso riparto tra la quota maggioritaria e la quota proporzionale – 50% e 50% anzichè gli attuali ⅓ e ⅔ -, oltre che una diversa soglia di sbarramento – 5% anziché 3%. Non avendo avuto un sufficiente sostegno parlamentare – causa l’eccessivo sbilanciamento verso il sistema maggioritario – la legge è stata modificata nell’attuale, approvata il 26 ottobre 2017.
Il sistema elettorale
Il Rosatellum prevede una formula elettorale mista, in cui una parte dei seggi – il 37% – viene assegnata mediante metodo maggioritario, una parte – il 61% – mediante metodo proporzionale, e una piccola parte – il restante 2% – mediante un sistema proporzionale con voto di preferenza, dedicata per gli italiani che esercitano diritto di voto all’estero. Il 37% dei seggi si assegna con sistema maggioritario nei collegi uninominali, dove è eletto il candidato più votato. Il 61% dei seggi assegnati col proporzionale è ripartito tra coalizioni e liste che abbiano superato le soglie di sbarramento. La ripartizione dei seggi si effettua a livello nazionale per la Camera e a livello regionale per il Senato, ragion per cui ci sono i collegi plurinominali dove le liste si presentano sotto forma di liste bloccate di candidati.
Con la riforma del taglio dei parlamentari entrata in vigore nel 2020, la suddivisione sarà differente. Alla Camera dei Deputati, i cittadini eleggeranno 147 parlamentari con il maggioritario, 245 con il proporzionale e 8 con il voto dei cittadini residenti all’estero. Al Senato, i cittadini eleggeranno 74 parlamentari con il maggioritario, 122 con il proporzionale e 4 con il voto all’estero.
Soglie di sbarramento
Quel che accade nel dettaglio, è che liste e coalizioni che non superano determinate soglie previste dalla legge, non entrano in Parlamento. In particolar modo, sono previste 4 soglie di sbarramento:
- Il 3% dei voti ottenuti a livello nazionale, valida per le liste che si presentano singolarmente. Ad esempio Italexit, lista sotto la guida di Gianluigi Paragone, è fortemente in bilico per l’elezione in Parlamento, in quanto secondo i sondaggi si trova poco sotto il 3% dei consensi;
- Il 20% dei voti ottenuti a livello regionale, valida – alternativamente – per le liste che si presentano singolarmente e solo al Senato. Ad esempio, alle politiche del 2018 il Patto per l’Autonomia, partito autonomista in Friuli-Venezia Giulia ha preso, per il Senato, 5015 voti, pochi rispetto al totale dei voti espressi in regione, pari a più di 640 mila. Quindi, una percentuale di circa lo 0.8%, decisamente meno della soglia di sbarramento richiesta;
- Il 20% dei voti ottenuti a livello regionale, o elezione di due candidati nei collegi uninominali, valida per le liste che rappresentano minoranze linguistiche riconosciute ed esclusive nelle regioni a statuto speciale ove prevista la tutela delle suddette minoranze. Fra questi, figura il Südtiroler Volkspartei, partito che rappresenta gli interessi dei gruppi linguistici tedesco e ladino dell’Alto Adige. Proprio in Alto Adige il partito conquistò, alle politiche del 2013, più del 44% dei consensi alla Camera, eleggendo 5 deputati;
- Il 10% dei voti ottenuti a livello nazionale, valida per le liste che si presentano in coalizione, purché almeno una delle liste della coalizione abbia superato una delle tre soglie appena citate. Ad esempio il centrodestra, inteso come coalizione, sembra avere l’elezione in tasca, in quanto dovrebbe raccogliere, secondo i sondaggi, più del 45% dei consensi.
Coalizioni
Inoltre, quest’ultimo 10% non comprende i voti presi dalle liste che hanno conseguito meno dell’1% dei voti a livello nazionale o, solo per il Senato, il 20% dei voti a livello regionale. O ancora, solo per le liste rappresentative di minoranze linguistiche sopra citate, il 20% a livello regionale o l’elezione di due candidati nei collegi uninominali. Infine, se la coalizione non raggiunge il 10%, le liste singole sono comunque ammesse al riparto dei seggi qualora abbiano superato almeno una delle altre soglie sopra citate.
Suddivisione territoriale
Quanto alla suddivisione del territorio in circoscrizioni, non ci sono particolari sorprese rispetto alle precedenti leggi elettorali. In particolar modo, sono previste 20 circoscrizioni – una per regione – per il Senato della Repubblica, più una all’estero, e 28 circoscrizioni – 4 in Lombardia, 2 in Lazio, Sicilia, Campania, Veneto e Piemonte – per la Camera dei Deputati, più una all’estero.
I collegi
Ogni circoscrizione è poi suddivisa in collegi uninominali e plurinominali. La differenza sta nei parlamentari eletti. Nei collegi uninominali, viene eletto un solo candidato, mentre nei collegi plurinominali, i cittadini eleggono più di un candidato. Per il Senato sono previsti, da ripartire in base alla popolazione delle regioni, 74 collegi uninominali e 26 plurinominali. Per la Camera dei deputati, sempre in base alla popolazione delle circoscrizioni sono previsti 147 collegi uninominali e 49 plurinominali.
Liste corte bloccate
I partiti, come detto sopra, possono presentarsi singolarmente o in coalizione. Questi ultimi presentano candidati unitari nei collegi uninominali. Nei plurinominali, ogni lista è composta da un elenco di candidati, compreso tra 2 e 4, ordinati secondo un preciso ordine. In aggiunta, non è previsto il voto di preferenza, per cui nei collegi plurinominali, una volta determinato il numero degli eletti spettanti alle liste, i candidati vengono eletti seguendo l’ordine previsto al momento della presentazione della lista. Da qui, l’adozione del termine “bloccate”.
Pluricandidature e quote di genere
Secondo il Rosatellum, è possibile candidarsi in più collegi plurinominali – fino a 5 -, anche potenzialmente in congiunzione alla candidatura in un collegio uninominale. In caso quindi di “doppia” elezione, questo si intende eletto nel collegio uninominale. Se invece il candidato è eletto in più collegi plurinominali, questo si intende eletto nel collegio dove la lista di appartenenza abbia ottenuto la minor percentuale di voti rispetto al totale dei voti validi nel collegio. Inoltre, per garantire maggiore equità nella rappresentanza di ambo i generi, le liste bloccate devono seguire l’alternanza di genere, ed in più nei collegi uninominali e nei capolista dei plurinominali i candidati di ciascun genere devono essere compresi tra il 40 e il 60%.
La scheda elettorale
Il Ministero dell’Interno ha reso disponibile una scheda elettorale, un fac-simile per far sì che l’elettore possa arrivare preparato al momento del voto. Secondo quanto riportato proprio sulle istruzioni di voto presenti sul fac-simile, il voto si può esprimere in molteplici modi.
Si può tracciare un segno sul simbolo prescelto – i numeri in grassetto nell’immagine -, così esprimendo automaticamente la preferenza per quella lista e per il candidato uninominale collegato (nell’immagine, il NOME COGNOME). Diversamente, se il segno viene tracciato sul nome del candidato uninominale, il voto è automaticamente espresso anche per la lista collegata a quel nome. Se vi sono poi più liste collegate – una coalizione, come in 6-7-8-9 e 11-12-13-14 nell’immagine -, il voto è ripartito tra le liste di quella coalizione in proporzione ai voti ottenuti nel collegio.
Cosa aspettarsi dalle prossime elezioni
Il 25 settembre è la data scelta dal Presidente della Repubblica per il rinnovo delle camere. Gli ultimi sondaggi YouTrend vedono il centrodestra piuttosto avanti nella corsa, con Fratelli d’Italia leggermente avanti rispetto al Partito democratico e con un importante calo del Movimento 5 stelle rispetto alle elezioni politiche del 2018. Tuttavia, è ancora presto per delineare un quadro chiaro rispetto a come finiranno le elezioni. Infatti, più volte in passato i sondaggi si sono sbagliati – non a caso, prevedono sempre nelle loro analisi dei margini d’errore. Ad esempio, alle ultime elezioni europee il risultato del M5S è stato sovrastimato, mentre quello della Lega non era affatto previsto. Inoltre, c’è da sottolineare la rilevanza della quota di astensionismo, che può essere determinante nello spostare l’asse dei consensi. Tutto sta, in sintesi, “nel segreto della cabina elettorale”, dove la reticenza degli intervistati ai sondaggi può fare la differenza.
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