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Caro Populismo, non mordere la mano che ti nutre

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In mezzo ad un oceano di notizie negative propinate dai mass media per fare audience, il cittadino europeo non avverte che l’Occidente sta prosperando come mai prima d’ora. Questo recente benessere si deve alla seconda ondata di globalizzazione che tanto i cosiddetti populisti condannano, pur non accorgendosi che è anche grazie alla rivoluzione high-tech se hanno raggiunto tanta popolarità.

In effetti, non tutti danno peso al fatto che, al recente benessere mondiale e soprattutto occidentale, hanno contribuito due fenomeni che Branko Milanovic, uno dei massimi esperti contemporanei in disuguaglianza globale, definisce addirittura European courses of wealth, ovvero “vie di benessere per l’Europa”. Stiamo parlando della disuguaglianza globale e della crisi migratoria.

Pur costituendo un vantaggio per l’Europa, questi fenomeni hanno anche giocato brutti scherzi. Quasi contemporaneamente, il populismo ha ottenuto molto successo ed è riuscito a salire al potere in molti Paesi, tra cui potremmo citare anche l’America e l’Italia. Entro quali limiti possiamo quindi affermare che i due eventi sono collegati tra loro? Ovviamente una correlazione non implica necessariamente che l’uno sia la causa dell’altro: infatti, non è né il caso che il populismo abbia provocato la disuguaglianza e il flusso migratorio né viceversa. Tuttavia, è mia personale preoccupazione che i populisti stiano proprio beneficiando da questa nuova situazione.

NON PROPRIO COINCIDENZE ASTRALI

Analizzando il rapporto tra il populismo e la disuguaglianza globale, salta all’occhio una distinzione netta, che i mass media non fanno: within countries inequality, cioè la disuguaglianza all’interno di una società, e across countries inequality, cioè quella globale, tra Paesi. Branko Milanovic, durante il suo intervento al festival dell’Economia di Trento 2018, ha evidenziato che, mentre negli ultimi anni la disuguaglianza è aumentata all’interno dei Paesi, essa ha cominciato a diminuire tra i Paesi stessi ad una velocità mai vista finora e continuerà così almeno fino al 2035. Infatti, grazie all’integrazione del mercato mondiale, i Paesi poveri, soprattutto africani, hanno cominciato a crescere più velocemente e i Paesi ricchi più lentamente. Inoltre, mentre il reddito dell’1% più ricco sta aumentando, così portando ad un aumento delle ineguaglianze economiche all’interno dei Paesi, la disuguaglianza mondiale sta calando data la diminuzione della povertà: i ricchi saranno pure più ricchi, però il livello di reddito medio è comunque aumentato in modo significativo.

Tuttavia, ciò non è sufficiente, dato che il problema della disuguaglianza persiste e continua ad essere grave. Per esempio, tenendo in considerazione il costo della vita in ciascun paese, il più ricco del Mali è in realtà più povero del più povero dei Paesi Bassi. Inoltre, il più ricco 1% del mondo ha più ricchezze del resto della popolazione mondiale messa insieme. In effetti, all’inizio del secolo la disuguaglianza globale ha raggiunto nuovamente il livello che aveva durante la seconda rivoluzione industriale, nel 1870. Allarmante.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che la disuguaglianza mondiale e la globalizzazione sembrano essere correlate positivamente, e quindi che l’ineguaglianza aumenti quanto più intensa è la globalizzazione, e viceversa. A partire dal boom economico degli anni ’60 e dalla fine della guerra fredda, abbiamo assistito ad una nuova ondata di globalizzazione, anche questa volta preannunciata da una rivoluzione industriale, la terza. Tale globalizzazione è stata molto più rapida e permeante nella società rispetto a quelle precedenti e, non a caso, è stata definita rampant globalisation. E come i dati statistici avevano previsto, la disuguaglianza globale è aumentata in modo significativo.

MA COSA C’ENTRA TUTTO QUESTO CON IL POPULISMO?

In un suo recente scritto, l’economista francese Thomas Piketty afferma che ineguaglianze economiche e populismo sono correlati e possono essere entrambi spiegati dal cambiamento repentino nel sistema tradizionale di competizione tra due partiti.

Prendendo in considerazione dati storici di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, Piketty riscontrò che i partiti di sinistra, che attraevano e rappresentavano le classi svantaggiate, hanno cominciato ad attrarre figure con un alto livello di istruzione a partire dagli anni Settanta. I partiti di destra, invece, continuano a rappresentare in media persone agiate.

Di conseguenza, la classe più povera si è sentita abbandonata e sempre più lontana dal mondo della politica. Ed è proprio qui che il populismo è entrato in gioco, come il portavoce dell’unico vero popolo, professando una relazione diretta con il cittadino, senza mezzi termini e senza mezze misure.

Piketty ha poi analizzato sondaggi condotti dopo le elezioni tra il 1948 e il 2017 di tutti e tre i Paesi, riscontrando un trend simile: l’influenza sempre maggiore di elites con un alto livello di istruzione sui partiti potrebbe aver contribuito all’aumento della disuguaglianza, alla mancanza di una risposta democratica a tale situazione e al successo del populismo.

Detto ciò, sorge spontanea una domanda: come mai molti votanti, soprattutto cittadini con un alto livello di istruzione, ora si rivolgono alla sinistra? La risposta è incerta, ma tra le probabili cause figurano anche la globalizzazione e la migrazione: essi beneficerebbero di più da un’apertura economica e culturale e la sinistra ha generalmente una prospettiva più internazionale.

In conclusione, l’analisi di Piketty intreccia tra loro la disuguaglianza, il populismo, la migrazione, la globalizzazione. Tra l’altro, egli sottolinea anche che la semplice crescita economica non può calmare l’insoddisfazione sociale: in un sistema con più elites, i partiti non hanno grandi incentivi per assicurare una crescita inclusiva, che tenga conto anche dei bisogni del resto della popolazione. E senza azioni politiche, l’ineguaglianza persiste.

Perciò, coloro che sono stati lasciati indietro e non si sono sentiti rappresentati da una politica sempre più astratta, hanno cercato alternative. E le hanno trovate, nel populismo.

Una cosa in particolare mi lascia perplessa. Alla luce di tutto ciò che avete potuto leggere se siete arrivati in fondo a questo articolo, non vi sembra paradossale come il populismo abbia ottenuto consensi anche grazie alle disuguaglianze che tenta (o finge) di diminuire? Coloro che li supportano nella speranza di migliorare la propria situazione, si stanno in realtà dando la zappa sui piedi: sembra razionale credere che, se i populisti stanno ottenendo consensi grazie alle conseguenze della disuguaglianza, essi non abbiano grandi incentivi a cambiare radicalmente la situazione.

Abbiamo discusso di disuguaglianza, populismo, globalizzazione … il fatto che i loro percorsi si intrecciano è davvero solo frutto di coincidenze astrali? No, mi devo ricredere: la globalizzazione ha contribuito ad un aumento della disuguaglianza, che a sua volta ha aiutato i populisti a salire al potere.

Allora, caro populismo, non mordere la mano che ti nutre.

Francesca Squillante
Nata a Venezia 22 anni fa, mi sono laureata in Scienze Politiche all’Università Bocconi ed ora mi metto alla prova con una doppia laurea Bocconi-Sciences Po in Scienze Politiche e Affari Europei. Esistono tre modi per imparare: leggere, viaggiare e far parte di OriPo.

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