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“Per aiutare Venezia non basta il Mose, ma una politica ambientale seria”

Tempo di lettura stimato: 5 min.

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L’emergenza dell’acqua alta a Venezia ha tristemente segnato questa settimana. Ad accompagnarla i soliti scaricabarile fra partiti e istituzioni che hanno finito per strozzare il dibattito su come analizzare seriamente questo fenomeno e trovarvi una soluzione. Per capirlo Orizzonti Politici ha intervistato Maurizio Calligaro fondatore dei Verdi e della Protezione Civile Comunale di Venezia ed ex capo gabinetto dell’ex sindaco Massimo Cacciari.
Come descriverebbe la situazione di questi giorni a Venezia?
La situazione attuale, più che eccezionale, deve considerarsi unica nella sua gravità.
L’evento del 12 novembre é stato di una violenza eccezionale. Nel 1966 per arrivare alla quota di + 194 cm ci sono volute più di dodici ore ( dalla prima mattina del 4 novembre all’ora fatidica delle 18.05 in cui si registrò il massimo storico) ed il sovrapporsi di due fasi di marea. Pochi giorni fa sono bastate poco meno di sei ore per arrivare poco sotto, a + 187 cm. Anche se va ricordato che al 4 novembre 1966 spetta ancora (e speriamo per sempre) il record del contributo meteorologico, quasi +190 cm, dato che alle 18.05 di quel giorno la marea astronomica era vicina allo zero. Inoltre va considerato un aspetto psicologico di grande rilevanza: la cosiddetta “acqua grande” del ’66 é un trauma presente fortemente nella memoria dei veneziani, nel ricordo collettivo della Città, ma in qualche modo, nei 53 anni trascorsi da allora, era considerato un evento in qualche modo irripetibile.
Lei è stato il fondatore della Protezione Civile Comunale e di emergenze per “acqua alta” ne ha viste tante. Quanto ritiene queste di questa settimana siano straordinarie rispetto alle altre?
Alla fine di questa settimana probabilmente registreremo 10 o più eventi di marea sopra i +110cm.
Nel decennio 2000-2009 sono stati 52 ed in quello in corso fino al 12 ottobre di quest’anno 69. Basterebbe questo dato a segnare l’eccezionalità della settimana.
Ciò che la fa diventare sicuramente quella peggiore da quando esistono le rilevazioni (1872) sono le tre punte di marea sopra i +140 cm registrate dal 12 al 15 novembre (187 il 12, 144 il 13 e 154 il 15), cosa, appunto, mai accaduta.
Quanta responsabilità politica c’è in quanto è accaduto in questi giorni a Venezia? E a quali livelli sono stati commessi gli errori più gravi comunale, regionale o centrale?
La responsabilità politica – trasversale a tutti i Governi che si sono succeduti in tanti anni, senza distinzione di colore politico – é stata quella di non aver, di fatto, mai ottemperato a quanto prescriveva la Legge Speciale per Venezia del 1984, che aveva e ha il suo fondamento negli interventi “volti all’equilibrio idrogeologico della laguna, all’arresto e all’inversione del processo di degrado del bacino lagunare”. Gli interventi alle bocche di porto sono considerati solo uno degli interventi da attuare ed anche (é bene sempre ricordarlo) eseguiti nel “rispetto delle caratteristiche di sperimentalità, reversibilità e gradualità” (Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, 1982….).
Invece si é caparbiamente puntato sulla realizzazione del famigerato Mose un “grande progetto” di controllo delle maree alle bocche di porto, superando in sede politica tutti i rilievi di natura tecnica e di impatto ambientale (ricordiamo che l’unica Valutazione di Impatto Ambientale fatta sul progetto – poi annullata dal TAR – é stata negativa), incanalando a questo scopo tutti i fondi disponibili, di fatto azzerando da molti anni i trasferimenti di fondi di legge speciale per la “manutenzione ordinaria” di Venezia e della Laguna.
Oggi il fatto che l’equilibrio idrogeologico della Laguna sia stato nel corso di tutti questi anni ulteriormente compromesso, che il degrado sia aumentato e che le cause di tutto ciò non siano state affrontate é sotto gli occhi di tutti.
 Lei è stato tra i fondatori dei Verdi. Crede che i cambiamenti climatici stiano mettendo a rischio la sopravvivenza stessa di Venezia? Se sì siamo ancora in tempo per salvarla? Come?
L’innalzamento del livello del mare che si registra puntualmente anche a Venezia, l’aumentata frequenza di fenomeni meteorologici estremi (da ricordare che la componente meteorologica in un fenomeno di marea, sommandosi a quella astronomica determina la rilevanza dell’evento), il tutto nel quadro del riscaldamento globale, non fa che aumentare la preoccupazione sul possibile ripetersi di eventi di marea eccezionali.
Il tema della salvezza di Venezia credo sia dibattito troppo ampio per essere affrontato in questa sede.
Diciamo che potremmo accontentarci che si manifesti la volontà e siano forniti i mezzi per mitigare il “rischio acqua alta”, tenendo ben presente che come in ogni altro campo e territorio il rischio zero non esiste.
Bisogna quindi riprendere per mano gli interventi di manutenzione ordinaria nella Città, nelle Isole e nei Litorali, riprendere gli interventi di sollevamento di parti della Città e dei percorsi pedonali, rispolverare i progetti – lasciati perdere con troppa facilità – delle difese locali, insula per insula.
Servono inoltre stanziamenti costanti per il risanamento dei monumenti come delle abitazioni, perché Venezia sta sull’acqua tutto l’anno e la risalita salina su muri, fondamenta e quant’altro c’é costantemente.
Come crede stia venendo gestita questa emergenza a livello politico e amministrativo?
La struttura amministrativa e tecnica del Comune di Venezia, a partire dalla Protezione civile, ha già dimostrato in altre occasioni di essere in grado di gestire le emergenze.
La nomina del Sindaco di Venezia a Commissario Straordinario é importante, perché il coordinamento delle attività deve essere saldamente nella mani delle istituzioni locali.
Se, poi, arriveranno i fondi che sono stati promessi, credo si possano affrontare bene sia le questioni dei contributi per chi, privati ed esercizi commerciali, ha riportato danni che il riavvio degli interventi cui sopra si é accennato.
Crede esistano soluzioni alternative al MOSE per evitare eventi come questi in futuro?
La questione della chiusura delle bocche di porto, come estrema difesa rispetto a maree eccezionali, a questo punto non mi pare possa essere messa in discussione.
Il MoSE é quello che abbiamo, pur in considerazione di tutto quanto detto in precedenza pensare che non si debba finirlo ed in fretta mi pare pura accademia.
Vanno di pari passo attuati anche tutti gli interventi previsti dalla Legge Speciale e fino ad ora dimenticati, come detto sopra.
Non vorrei, però, che la questione del completamento del MoSE fosse banalizzata, come sta accadendo in un eccesso di semplificazione.
Si dice: é finito al 94%, con ciò riferendosi a quanto speso, realizzato ecc. Ma quel 6% che manca non é propriamente la questione più semplice e banale da affrontare. Non è come dire abbiamo messo 94 mattoni ne mancano altri 6, mettiamoli. Riguarda invece aspetti complessi del funzionamento del sistema nel suo insieme.
Inoltre non é ancora stata nemmeno sfiorata la questione relativa alla gestione di tale sistema: a chi spetta? Alla fine, quando funzionerà, a chi spetterà decidere di chiudere e di riaprire?
Le leve di comando dove saranno messe?
Oggi, anche in considerazione di quanto detto sul progressivo innalzamanento del livello del mare, la questione della frequenza delle chiusure (ed in prospettiva anche della stessa funzionalità dell’opera, progettualmente basata su stime di crescita del livello del mare di molto ridotte rispetto a quelle indicate ad esempio dall’IPCC) diventa di grande rilevanza e tocca aspetti di competenza di diversi Enti.
Molteplicità che va ridotta a coordinamento unitario, per evitare quella frammentazione di competenze che é stata ed é una delle cause dei molti ritardi nell’opera di salvaguardia di Venezia e della sua Laguna.
Giunio Panarelli
Nato a Bologna, ma cresciuto salentino, frequento il corso di laurea magistrale in Politics and Policy Analysis in Bocconi. Da febbraio 2020 sono caporedattore di Oripo quindi se vi piace quello che leggete è merito mio se non vi piace è colpa degli autori. Nel 2018 è uscito per Edizioni Montag il mio primo libro "La notte degli indicibili". Un chiaro segno della crisi dell’editoria italiana.

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