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L’ora del congedo mestruale: la situazione nel mondo

Tempo di lettura stimato: 9 min.

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In Spagna, lo scorso mese di febbraio, il congresso dei Deputati ha approvato un nuovo progetto di legge che include il diritto al congedo mestruale. La misura in questione permette alle lavoratrici particolarmente soggette a dolori causati dalle mestruazioni o dalla sindrome della menopausa di assentarsi dal lavoro temporaneamente, previo permesso del proprio medico di base, anche senza una vera e propria sindrome diagnosticata, e non menziona particolari restrizioni sul numero massimo di giorni concedibili. Il progetto di legge prevede inoltre che le spese per il congedo mestruale siano interamente coperte dallo Stato e non dall’impresa o dall’ente presso cui la donna lavora.

L’approvazione di questa legge renderebbe la Spagna il primo Paese europeo a concedere una licenza per il congedo mestruale, mentre altri Paesi europei, inclusa l’Italia, hanno avviato una discussione su questo tema, ma nessuna misura è stata ufficialmente attuata a riguardo. Nel mondo vi sono altri Paesi che su questo fronte hanno già intrapreso azioni, tra cui Corea del Sud, Indonesia e Zambia.

Perché parlare di mestruazioni significa parlare di diritti umani

I diritti umani sono i diritti inalienabili di ciascun essere umano e sono riconosciuti ad ogni persona per il solo fatto di appartenere al genere umano, indipendentemente dalle origini, appartenenze o luoghi ove la persona in questione si trovi. A tal proposito, secondo United Nations Population Fund, le mestruazioni sono direttamente connesse con la dignità umana, infatti, se non si può accedere a strutture sanitarie o garantire una buona igiene personale, una donna, così come una ragazza, una persona transgender o non binaria, vede impedita la realizzazione della propria dignità umana. Inoltre, in molte zone del mondo le donne durante il periodo di sanguinamento vengono escluse e coperte di vergogna. La disuguaglianza di genere, l’estrema povertà, le crisi umanitarie e antichi riti o tradizioni rendono le mestruazioni una diretta negazione del godimento di un diritto umano.

Cosa ci dicono i dati 

Dismenorrea è il termine medico con cui vengono indicati i dolori che sorgono in concomitanza con il ciclo mestruale, anche se in molti casi la sofferenza generata viene sottovalutata e non si riconosce che tale sindrome possa colpire la performance accademica o lavorativa delle donne.

I dati relativi all’impatto che i dolori mestruali generano sulla vita quotidiana delle donne sono scarsi, ma una ricerca del British Medical Journal (Bmj) svolta in Olanda nel 2017 su 32.748 donne tra i 15 e i 45 anni ha cercato di misurare la produttività persa a causa dei dolori sintomatici legati alle mestruazioni. Da questo studio è emerso che circa il 13.8% delle donne intervistate si è assentata dai propri impegni durante il periodo mestruale e circa 1.100 di queste ha dichiarato di praticare assenteismo in tutti o quasi tutti i periodi mestruali. Maggiore è invece l’impatto dell’assenteismo nel periodo premestruale, infatti, circa l’81% delle rispondenti ammette di non essersi recata al luogo di studio o di lavoro nei giorni precedenti il ciclo mestruale e di registrare una perdita di produttività di circa 23 giorni all’anno.

Un altro dato interessante riguarda la giustificazione usata per la mancata presenza al lavoro o a scuola, infatti solo il 20.1% delle intervistate ha ammesso di doversi assentare per dolori da ciclo con il proprio referente sul lavoro o in ambito scolastico; mentre 22.154 donne (circa il 70% dei casi) hanno affermato di desiderare maggiore flessibilità nelle mansioni che svolgono o negli orari di lavoro o d’istruzione durante il periodo mestruale. Altri suggerimenti offerti da coloro che hanno partecipato al sondaggio del Bmj riguardano la possibilità di lavorare da casa, di dedicare più tempo alla propria cura personale o l’opportunità di prendere un giorno di riposo e poterlo recuperare in seguito. Va notato che 8.890 donne (il 27.2% delle intervistate) hanno dichiarato di non desiderare nessun particolare cambiamento delle policy adottate sul posto di studio o di lavoro. 

In una ricerca pubblicata sul Journal of Women’s Health nel 2019, si cerca di indagare l’impatto della dismenorrea e dei sintomi a questa associati soprattutto nelle donne under 25, questo perché tale sindrome sembra essere più comune nella fascia d’età che va dai 15 ai 25 anni. Dai risultati dell’indagine si nota che su un totale di 21.573 giovani donne, il 71.1% di queste soffre di dismenorrea, senza nessuna differenza particolarmente legata a status economico o regione d’appartenenza. Inoltre, viene registrato che il 20.1% delle giovani si è assentata da scuola o dall’università a causa dei dolori mestruali e il 40.9% delle intervistate ha segnalato un rendimento peggiore o minor concentrazione in aula.

La misura del congedo mestruale: opinioni contrastanti

Indubbiamente, avere dei dolori durante il ciclo mestruale è praticamente la normalità, ma i medici garantiscono che questi non dovrebbero giungere a compromettere la salute, la produttività e la quotidianità. Pertanto, il congedo mestruale da molti è visto come una sorta di assicurazione per le lavoratrici, in modo che all’occorrenza possano ricorrere al telelavoro o avvalersi di un giorno o più per poter riposare; cosicché non risulterebbe essere un privilegio o un’esenzione automatica dal lavoro nel periodo mestruale. Per di più, si contribuirebbe a normalizzare il ciclo mestruale, evitando che resti un tabù. La ministra spagnola per l’uguaglianza, Irene Montero, ha definito l’approvazione del progetto di legge “un riconoscimento per la salute mestruale, come parte integrante del diritto alla salute e un modo per combattere gli stereotipi e il silenzio”.

Secondo altre opinioni, le donne, così come le persone non binarie e gli uomini transgender, verrebbero lese dalla concessione del congedo mestruale poiché si assisterebbe ad un arretramento nel cammino verso la parità di genere, riportando a galla il concetto di donna come sesso debole; perciò, si sostiene che sia sufficiente richiedere dei giorni di malattia per assentarsi dai propri compiti. Inoltre, in altri casi si è diffusa l’inquietudine che questa misura possa suscitare reticenza verso l’assunzione delle donne, diminuendo la contrattazione femminile e incrementandone la marginalizzazione e la stigmatizzazione

Il congedo mestruale nel mondo

Oggigiorno nel mondo sono ancora pochi i Paesi che hanno adottato una forma di congedo mestruale a tutela delle lavoratrici. Quattro Paesi fanno parte dell’Asia orientale, ovvero, Cina, Corea del Sud, Giappone e Taiwan. 

Il primo tra i Paesi citati ad introdurre il congedo mestruale fu il Giappone nel 1947, in modo da poter tutelare la salute e il rendimento delle donne che avevano accesso al mercato lavorativo dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Tale misura permette alle singole aziende di deliberare sul numero di giorni che possono essere concessi; anche se sono poche le donne che richiedono di godere di qualche ora o di una giornata intera per riposare a causa dei dolori mestruali, poiché risulta essere più conveniente chiedere un giorno di malattia, piuttosto che rivelare il vero motivo che si cela dietro il bisogno di riposo in un ambiente lavorativo prettamente maschile

Le stesse problematiche si ripresentano anche negli altri Paesi asiatici, infatti, nelle tre province Cinesi che hanno introdotto il congedo mestruale per uno o due giorni al mese sono ancora poche le donne che finora hanno deciso di goderne, ciò è legato al fatto che solitamente il rendimento sul lavoro e anche lo stipendio vengono stabiliti a seconda del carico di lavoro svolto e delle responsabilità che vengono assunte dai singoli lavoratori, proprio per questo assentarsi dal lavoro potrebbe costare alle donne l’intera carriera. 

La medesima situazione si ripresenta anche in Corea del Sud, dove molte lavoratrici si rifiutano di richiedere il congedo di un giorno al mese durante il periodo mestruale, poiché non vogliono che i colleghi uomini lo vedano come un privilegio concesso al sesso femminile e in ambienti dove il lavoro viene svolto il gruppo si teme che l’assenza di uno possa pesare troppo sul carico di lavoro altrui.

Per quanto riguarda il caso di Taiwan, le donne grazie al Gender Equality in Employment Act possono godere di tre giorni di permesso all’anno. In alcuni casi si ricorre al permesso, ma in altri i giorni non vengono richiesti; poiché la regolamentazione implica la necessità di un certificato medico e spesso le donne sono intimorite dall’ambiente lavorativo restio a comprendere il bisogno di curare la salute mestruale. 

Un altro caso per la regione asiatica sud-orientale è quello dell’Indonesia, dove per legge le donne possono usufruire di due giorni al mese di congedo mestruale. Le opinioni riguardo alla riforma del 2003 sono contrastanti. A tal proposito, molte donne hanno sperimentato comprensione anche dai superiori quando hanno richiesto il congedo; mentre in altri casi la misura è stata definita “troppo femminista” e ritenuta un danno per la carriera e la leadership femminile. 

In Vietnam, le donne hanno diritto a mezz’ora di pausa retribuita per almeno tre giorni durante il periodo mestruale e un trattamento migliore può essere concesso a discrezione dell’azienda. Tramite la riforma del 2020 è stato stabilito che, nel caso non si usufruisca del congedo, le ore lavorate saranno pagate come straordinari.

Con riferimento alla regione dell’India dal 1992 solo nella regione di Bihar, dopo manifestazioni da parte delle donne, è stato concesso un congedo mestruale alle donne. Nel 2020 la multinazionale indiana Zomato ha concesso un congedo di dieci giorni all’anno retribuiti per le dipendenti, inclusi cisgender e transgender. Dopo questo fatto, la questione è giunta alla Corte Suprema che ha deciso di non interferire in materia per il momento, ritenendola una questione politica.

Nella regione africana solo in Zambia figura la concessione di un giorno al mese, rinominato come Mother’s day, a tutte le donne (con figli o senza) che soffrono di dolori dovuti al ciclo anche senza un certificato medico. A causa della scarsa regolamentazione, si teme che le donne possano assentarsi dal lavoro con poco preavviso per assistere ad altri impegni o che il congedo mestruale possa incentivare la pigrizia tra le lavoratrici.

Per quanto riguarda la zona Europea, come già citato, in Spagna è stato approvato il 16 febbraio 2023 un pacchetto di norme che include il congedo mestruale. In Francia è stata avviata una discussione sul congedo mestruale, senza nessun risultato ufficiale, mentre in Germania le donne possono liberamente chiedere al medico di famiglia di assentarsi per dolori mestruali, ma solo il medico può prendere una decisione a riguardo a seconda del caso.

Dove non arrivano gli Stati in certi casi si attivano le aziende, come per Nike nel 2007 che ha introdotto il congedo mestruale per tutte le dipendenti. Un altro esempio è Coexist che ha introdotto la stessa misura nel 2016 nel Regno Unito. Chani, un’azienda con sede a Los Angeles, sul proprio sito online riporta “congedo mestruale garantito ed illimitato per persone con utero”.

A che punto si trova l’Italia?

In Italia nel 2022 è sorto un dibattito sul congedo mestruale quando il preside del Liceo artistico Nervi-Saverini di Ravenna ha stabilito che nel regolamento d’istituto venisse inclusa la possibilità di assentarsi da scuola per dolori mestruali per un massimo di due giorni al mese, i quali verranno sottratti dal conteggio delle assenze a fine anno scolastico.

È da notare che già il 27 aprile 2016 una proposta di legge dei deputati Mura, Sbrollini, Iacono e Rubinato era stata presentata alla Camera per l’istituzione del congedo per le donne sofferenti di dismenorrea; la proposta prevede che, dietro certificazione del medico specialista, qualunque lavoratrice possa godere di un congedo per un massimo di tre giorni al mese retribuiti. In ogni caso, nulla è ancora stato ufficializzato, anche se la discussione è ripresa lo scorso febbraio con una nuova proposta di legge sull’argomento. La proposta depositata dall’Alleanza Verdi-Sinistra prevede fino a due giorni di congedo di cui possono usufruire sia le studentesse, che le lavoratrici, sofferenti di mestruazioni dolorose. Nel caso delle studentesse, le assenze giustificate da certificato medico per dismenorrea saranno detratte dal conteggio delle assenze a fine anno; mentre per le lavoratrici sarà garantita la totale retribuzione giornaliera qualsiasi sia il contratto di lavoro.

In conclusione, il cammino per l’introduzione del congedo mestruale non è affatto privo di ostacoli, infatti il diritto è ancora raramente concesso, e anzi, nei paesi in cui è garantito spesso l’applicazione è complessa. In Italia l’iter per l’eventuale approvazione della proposta depositata presso gli uffici della Camera sarà ancora lungo, ma i movimenti sociali sembrano non dimenticare tale questione.

*[crediti foto: Anthony Tran su Unsplash]

Anna Borghetti
Studentessa di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali a Brescia; studio per amore del sapere e per rendere il mondo un posto migliore. Amante incondizionata del buon cibo e della montagna sin dal 2001.

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