La successione formale
Non sono mancate le frecciatine, al discorso delle dimissioni di ieri. L’ex leader del M5S non ha lesinato sul criticare l’opposizione interna, sia in Parlamento che nei vari Consigli Comunali, e quei parlamentari colpevoli di essere passati nelle fila leghiste o nel gruppo misto. In ogni caso, le future tappe del Movimento sembrano essere state delineate con precisione. La guida passa ora al membro anziano del Direttorio, Vito Crimi, un “traghettatore” che dovrà tenere unite le correnti del M5S fino agli Stati Generali del 2023. A quel punto, probabilmente, il design strutturale del partito cambierà, affiancando realisticamente un organo collegiale all’autorità del capo politico.
I “Movimenti”
Le tensioni esistenti tra le varie correnti del M5S sono probabilmente il segreto peggio tenuto d’Italia. L’istituzionalizzazione del partito, le alleanze con storici nemici e le debacle elettorali degli ultimi due anni, hanno portato numerosi scismi interni. Su una cosa però sembrano essere tutti d’accordo: il più grande vantaggio del M5S in questo momento è l’enorme numero di Parlamentari eletti, soprattutto alla Camera.
Provocare una crisi di governo, quindi, sembra andare contro l’interesse di gran parte dei parlamentari pentastellati, consapevoli che il partito potrebbe non occupare mai più una posizione di così alto rilievo. Su questa posizione convergono quasi tutte le correnti, ovvero i fedelissimi di LDM (tra cui la sindaca di Torino Chiara Appendino), i sostenitori di Roberto Fico (l’anima più socialista del partito) e soprattutto la stragrande maggioranza dei deputati, che rimangono per ora non schierati.
Di Battista e il purismo ideologico
Solo una corrente sembra fuori dal coro rispetto alla tenuta del Governo. L’ex enfant prodige del Movimento, Alessandro di Battista, non ha mai nascosto il suo risentimento per la scelta di allearsi con gli storici avversari del PD. Il suo rapporto altalenante con Di Maio ha caratterizzato gli ultimi anni, e ora sono in molti a teorizzare che il supporto per “Dibba” stia scemando all’interno del Movimento. Tra le personalità più polarizzanti del Paese, Di Battista non è un candidato presentabile nello scenario democratico, e il recente avvicinamento tra PD, 5 Stelle e Renziani lo sta spingendo sempre più ai margini del processo decisionale.
Cosa aspettarci dal futuro
In un mondo di speculazioni, una cosa rimane certa: nessuna forza di maggioranza avrebbe ora interesse a terminare l’esperienza di Governo. Nato per controllare l’ascesa Salviniana, questo esecutivo è forse uno dei più stabili degli ultimi decenni. Nessuna lite politica, nessuno scoglio legislativo sarà grande abbastanza dallo spingere qualcuno a staccare la spina. Comprendere le dinamiche interne ai partiti diventa quindi fondamentale, dato che solo una crisi istituzionale all’interno di una delle componenti potrebbe compromettere l’esecutivo. Così come la scissione renziana ha scosso il mondo del centrosinistra, sarà interessante vedere come si evolverà il fronte interno del partito più sorprendente e imprevedibile da vent’anni a questa parte.