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La strategia inglese dallo scoppio della guerra in Ucraina

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La ministra Elizabeth Truss, prima di annunciare le proprie dimissioni dalla carica di Primo ministro del Regno Unito, sembrava intenzionata a seguire la stessa linea tracciata dal predecessore riguardo la posizione del paese nella guerra in Ucraina. Una linea ben chiara, schierata sin dall’inizio in netto contrasto con la Russia; infatti, secondo i dati, il Regno Unito è secondo solo agli Stati Uniti in quanto al supporto militare, con circa 4 miliardi di dollari in aiuti. Approfondire la strategia inglese nei confronti del conflitto scoppiato lo scorso 24 febbraio 2022, può aiutarci a capire come intenderà muoversi in Regno Unito nei prossimi mesi e quali strategie intenderà mettere in atto una volta finita la guerra.

Il Regno Unito dal 24 febbraio 2022

Lo scoppio del conflitto russo-ucraino iniziato il 24 febbraio, ha trovato i leader occidentali scossi ma non presi alla sprovvista: l’aggravarsi della crisi aveva spinto l’intelligence britannica (ed americana) ad “uscire allo scoperto” nelle settimane precedenti al conflitto, avvertendo pubblicamente del pericolo della mobilitazione russa ai confini ucraini. Intorno alla metà di febbraio, lo stesso ministro della difesa inglese aveva iniziato ad usare i social media per pubblicare quotidiani aggiornamenti sullo stato della crisi. 

Immediatamente dopo l’inizio dell’aggressione russa, l’ex Primo Ministro Boris Johnson aveva manifestato il supporto britannico all’Ucraina, già testimoniata nei mesi precedenti da vari aiuti economici e militari: tra questi, ad esempio, vi è l’Operazione Orbital, implementata dal 2015 al 2022 per addestrare truppe ucraine, e sostituita a luglio 2022 dall’Operazione Interflex (avente il medesimo scopo). Importante menzionare anche l’Ukrainian Naval Capabilities Enhancement Programme (UNCEP), l’accordo bilaterale da 1.7 miliardi di sterline in supporto della marina militare ucraina. In risposta allo  scoppio della guerra, i Paesi occidentali hanno anche adottato una risposta comune, imponendo sanzioni economiche alla Russia, Regno Unito incluso. Il governo Johnson, tuttavia, era stato criticato inizialmente per la lentezza con cui tali sanzioni venivano applicate agli oligarchi russi presenti a Londra (ribattezzata “Londongrad” per il massiccio numero di russi sul territorio dal crollo dell’Unione Sovietica ad oggi), soprattutto nei confronti delle personalità più vicine a Putin. 

Il legame tra Londra e Mosca appare più stretto di quanto si possa pensare. Infatti il report “Russia”, pubblicato nel 2020 da Comitato Parlamentare Britannico per l’Intelligence e la Sicurezza, ha rivelato come i rapporti tra i russi e la politica inglese fossero molto radicati: numerose infatti le associazioni ed i partiti politici finanziati da oligarchi russi. Alcuni membri del Parlamento sono stati inoltre ritenuti vicini ad aziende russe, facilitando così l’ingresso di interessi moscoviti nella politica britannica. Infine, il documento riporta come sia stata palese l’interferenza russa nelle elezioni (e referendum) democratiche del Regno Unito (tra cui Brexit del 2016 e il referendum d’indipendenza scozzese nel 2014), sebbene né il governo né l’intelligence siano intervenuti per indagare.

Il regime sanzionatorio inglese e il sostegno all’Ucraina

Al momento, le maggiori sanzioni imposte dal Regno Unito si possono dividere in tre settori, e seguono quanto deciso a livello macro-regionale dagli Stati occidentali: a livello finanziario il governo britannico ha congelato i beni di numerosi oligarchi, del Presidente Putin e della sua cerchia più ristretta. Inoltre, ha anche deciso di escludere diverse banche russe dal sistema di pagamento Swift, di limitare le azioni della Banca Centrale Russa e di vietare l’export in diversi settori (tra cui quello tecnologico). A partire dal 6 aprile, in aggiunta, è stato deciso di vietare ogni nuovo investimento in Russia. A livello dei trasporti, il Regno Unito ha deciso di chiudere lo spazio aereo e navale a tutte le compagnie battenti bandiera russa. Per quanto riguarda il settore energetico, il governo britannico ha annunciato l’embargo del petrolio russo entro la fine del 2022 (all’inizio della guerra importava circa l’8% del proprio fabbisogno energetico dalla Russia).

  1. Le ragioni che hanno reso il Regno Unito uno degli Stati più attivi e filo-ucraini dell’alleanza occidentale sono varie: secondo alcuni analisti, la Brexit ha di fatto isolato il Regno Unito, mentre la guerra ha permesso al Paese di assumere un atteggiamento forte e risoluto per attrarre nuovi e vecchi alleati (tra cui i Baltici, la Polonia ed i Paesi scandinavi). Inoltre, la forte cooperazione tra Regno Unito ed Unione Europea potrebbe permettere un futuro ritorno ad una collaborazione più stretta, migliorando le pessime relazioni diplomatiche lasciate dalla Brexit. Ma non sono tutti della stessa opinione: altri analisti ritengono al contrario che la guerra sia servita al Regno Unito per mostrare al mondo gli effetti positivi della Brexit, che avrebbe permesso a Londra di agire con più rapidità ed efficacia rispetto all’Unione Europea. Tuttavia, all’interno delle istituzioni stesse sono arrivate critiche a Johnson: lo scorso aprile, un diplomatico ha dichiarato che il Primo Ministro inglese  stava pensando troppo “a confrontarsi con l’Unione Europea” non agendo in modo preciso. 

Altre critiche sono emerse anche nei confronti dell’atteggiamento britannico verso l’accoglienza degli immigrati ucraini: secondo Marion Devine, Senior Researcher del The Conference Board (Organizzazione che riunisce più di 1.000 aziende private ed enti di ricerca), sebbene il sostegno economico e militare nei confronti dell’Ucraina sia stato, come evidenziato, uno dei più generosi in Occidente, coloro che scappano dalla guerra non trovano nel Regno Unito una meta accogliente.

In ogni caso, a livello politico la guerra ha dimostrato quanto il Regno Unito desideri essere vicino alle posizioni americane, sia a livello bilaterale che di coalizione all’interno della Nato.

Crisi economica: cambierà la strategia britannica?

La popolazione britannica sembra supportare ancora il governo nel supporto all’Ucraina: a giugno, più del 70% degli intervistati approvava l’invio di nuove armi e l’imposizione di nuove sanzioni alla Russia. Tuttavia, la maggioranza sembra rifiutare l’applicazione di ulteriori sanzioni se questo dovesse comportare l’aumento delle tasse o del prezzo dell’energia. Tale risultato appare cruciale per comprendere il comportamento del Regno Unito nei prossimi mesi, poiché il supporto britannico potrebbe cambiare se la crisi si dovesse aggravare, con ricadute sulle tasse e sulla popolazione intera. Tuttavia, la bassa dipendenza energetica dalla Russia e la volontà britannica di costruire una Global Britain potrebbe favorire il supporto all’Ucraina anche in caso dell’aggravarsi della crisi.

Al momento, in ogni caso, il Regno Unito non solo supporta l’Ucraina militarmente, ma ha anche promesso di assisterla per la ricostruzione post-bellica, con un accordo che permetterà a Kiev di ricevere fondi, perizie tecniche e veicoli da Londra. Inoltre, a luglio il governo britannico aveva promesso un “pacchetto di sostegno del Regno Unito”, il quale “utilizzerà le competenze e le imprese britanniche per accelerare la ripresa economica dell’Ucraina”.

La volontà di contenere la Russia è testimoniata anche al di fuori del confine ucraino. A maggio Johnson aveva firmato un accordo di sicurezza con Finlandia e Svezia: per proteggersi da eventuali rappresaglie russe durante tutto il processo di entrata dei due Stati scandinavi nella Nato, era stata raggiunta un’intesa con il Regno Unito, che avrebbe garantito la sicurezza militare dei due Paesi. In conclusione, nonostante la crisi economica ed energetica ed il cambio di governo, il Regno Unito appare al momento uno dei più forti alleati dell’Ucraina, anche se il progetto della Global Britain si sta ridimensionando a causa della mancanza di fondi.

Saverio Rotella
Attualmente sono uno studente di laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Perugia. In Orizzonti Politici mi occupo degli Stati europei, con particolare interesse per gli sviluppi di politica estera, geopolitica e sicurezza internazionale. Sono inoltre un accanito lettore e amo viaggiare e scrivere.

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