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Intervista a un ragazzo in protesta a Hong Kong

Tempo di lettura stimato: 6 min.

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Intervista sulle proteste di Hong Kong

Ieri Ludovico Bianchi ci ha aggiornati sulla situazione delle proteste a Hong Kong. Quello che ci manca è avere una persona che ci racconti come è vissuta l’esperienza da là. Per questo abbiamo intervistato un ragazzo di Hong Kong, che ha richiesto di rimanere anonimo.

Da quanto tempo protesti per Hong Kong?

Da quando sono cominciate le proteste a Hong Kong, il 9 giugno. Ora non partecipo fisicamente alle proteste perché sono lontano [studia a Milano ndr], ma quando ero a casa ero molto coinvolto. Ho cominciato a concentrarmi sulla questione circa tre mesi fa.

Le proteste di Hong Kong sono al centro del dibattito pubblico anche nella Cina continentale?

Bisogna fare una distinzione. Prima del 1° luglio in Cina nessuno parlava o scriveva delle proteste, che sono cominciate il 9 giugno e hanno cominciato a diventare consistenti il 16. All’inizio infatti queste proteste erano pacifiche (da parte dei manifestanti) e il Comitato Centrale per la propaganda (CCPPD) riteneva opportuno silenziare tutta la faccenda. Parlarne troppo avrebbe significato portare al centro dell’attenzione la democrazia, un argomento che il Partito Comunista Cinese vuole tenere lontano dall’opinione pubblica.

Poi venne il 1° luglio, che è considerata la linea di demarcazione tra le proteste nonviolente e quelle violente. Da allora il Comitato Centrale ha cominciato a riferire moltissime informazioni riguardo alle proteste e a pubblicizzarle moltissimo, per aizzare l’opinione pubblica cinese contro i protestanti.

L’opinione pubblica di Hong Kong, invece, come è schierata?

Prima della protesta degli ombrelli del 2014 credo che la maggior parte della popolazione di Hong Kong si sentisse cinese e fosse pro-Beijing, con una differenza molto significativa tra le generazioni (con gli over-60 più inclini a essere pro-Beijing). Dopo il 2014, però, l’80% dei giovani ha maturato una visione molto negativa della Cina.

[Una statistica più completa si può consultare qui]

Joshua Wong, leader della protesta degli ombrelli
Joshua Wong, una delle principali figure di spicco della protesta degli ombrelli del 2014

La protesta degli ombrelli è cominciata con una visione apolitica, con molti ragazzi che sono scesi in strada nonostante la paura di essere imprigionati. La reazione al Movimento Centrale di Occupazione [un nome alternativo della protesta degli ombrelli ndr] è stata un’ingerenza sempre maggiore del Partito Comunista Cinese nella politica di Hong Kong, il che ha trascinato nelle proteste anche la società civile.

Qual è stato il ruolo della protesta degli ombrelli?

Con la proposta di riforma elettorale del 2014, Hong Kong ha rischiato di perdere il suffragio universale che era stato promesso nel 2007. Attualmente, Beijing può comunque approvare i candidati di Hong Kong, nonostante la bocciatura della riforma del 2014.

Perché le proteste sono scoppiate proprio ora per la legge sull’estradizione?

Carrie Lam, Governatore di Hong Kong
Carrie Lam, Governatore di HK per l’alleanza pro-Beijing

Una cosa interessante da sapere sulla legge sull’estradizione è che si tratta di un’iniziativa di Carrie Lam [Governatore di Hong Kong ndr], non di Beijing.

Nota: la legge sull’estradizione

Il caso che ha acceso la miccia è quello di Chang Tong-kai, cittadino di Hong Kong reo confesso dell’omicidio della propria ragazza nella Repubblica di Cina (Taiwan).

Mappa che mostra la Cina, Taiwan e Hong Kong

A causa della mancanza di una legge  sull’estradizione, però, Chang Tong-kai non ha potuto esser riportato a Hong Kong per il processo. È proprio questo il caso che Carrie Lam ha usato per giustificare la legge sull’estradizione. La legge però è molto più estesa di un semplice accordo tra Hong Kong e Taiwan.

 

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La legge sull’estradizione non era stata volutamente concepita dagli inglesi, perché loro volevano proteggere l’autonomia di Hong Kong anche dopo la sua restituzione alla Cina.

In generale, la giustificazione che ha dato Carrie Lam per la legge sull’estradizione è stata molto debole, quindi il sospetto è che sia solo un modo per compiacere Xi Jinping. Il Presidente cinese viene da una fazione molto radicale del Partito Comunista Cinese, e nel corso degli anni ha premiato i più radicali tra i governatori cinesi. Sarebbe questa dunque la ragione dietro la prova di lealtà di Carrie Lam.

Che cosa comporta questa legge sull’estradizione?

A dire la verità la legge sull’estradizione è un passo meno fondamentale di quanto possa sembrare: in realtà infatti la Cina continentale aveva già fatto “scomparire”, in alcune occasioni, personaggi invisi al regime. Era diventato famoso il caso Causeway Bay Books, quando erano “scomparsi” alcuni dipendenti di una libreria che vendeva testi proibiti dal regime cinese e che si prendevano gioco dei suoi esponenti. Non resta che da immaginarsi dunque che cosa potrebbe succedere  se la legge sull’estradizione rendesse effettivamente legali operazioni di questo genere.

La legge di per sé esclude motivazioni politiche, ma gli abitanti di Hong Kong sanno bene che in Cina non esiste stato di diritto: dunque i sospettati potrebbero essere estradati con una qualsiasi scusa, senza mai ricevere un giusto processo.

Comunque non è la legge sull’estradizione in sé a richiamare così tanto l’attenzione. Il fatto è che gli abitanti di Hong Kong provano rabbia e frustrazione nei confronti della situazione politica ed economica. Con le forti ingerenze di Beijing nella politica interna, però, non hanno modo di esprimere questa frustrazione. La protesta per la legge sull’estradizione diventa dunque una proxy per poter sfogare questa rabbia.

Tu come pensi che andranno a finire le proteste di Hong Kong?

Io sono molto pessimista e non penso che le proteste avranno successo, perché Hong Kong è troppo piccola e debole rispetto alla superpotenza cinese. Non è possibile nemmeno esercitare pressione politica, ad esempio eleggendo un candidato favorevole all’indipendenza di Hong Kong: Beijing non approva questi candidati.

“Siamo come formiche di fronte a un elefante”

Il risultato dipende moltissimo dalle relazioni internazionali della Cina e degli Stati Uniti. Tuttavia, la Cina ricopre una grande porzione dell’economia mondiale. Non penso che gli Stati Uniti o l’Occidente rinunceranno a questi vantaggi solo per difendere la democrazia e l’indipendenza di Hong Kong. L’unico modo per avere successo è che gli USA pongano la questione di Hong Kong al centro delle negoziazioni nel corso della guerra commerciale con la Cina.

Quanto è importante Hong Kong per la Cina?

Il sistema one country, two system non è molto credibile nel lungo periodo, perché c’è troppa disparità di potere con la Cina continentale e l’enorme PLA (People’s Liberation Army). Tuttavia, Hong Kong è ancora molto importante per la Cina. Questo non riguarda solo il Pil di Hong Kong, che ormai è una porzione sempre più piccola dell’economia cinese: riguarda il fatto che a Hong Kong vige lo stato di diritto e la libertà di stampa. Dunque Hong Kong è molto più affidabile per l’Occidente.

In questo senso il sistema one country, two system è un vantaggio per la Cina, ma è troppo difficile da mantenere: alla fine una delle due cose avrà la meglio sull’altra.

Avrà la meglio il one country o il two systems?

Potrebbe essere una qualunque delle due cose. Non saprei dire se uno è più probabile dell’altro.

Anche se la Cina dispone del PLA?

Sì, perché pare che la Cina non abbia fissato un termine ultimo con le proteste di Hong Kong. In passato è successo che le proteste venissero soffocate nel sangue, ma ora la Cina non può permettersi di mandare il PLA a Hong Kong.

Se la Cina invadesse Hong Kong ne perderebbe infatti tutti i vantaggi. Perdipiù, molti leader cinesi hanno investimenti a Hong Kong: secondo alcune indiscrezioni il Presidente stesso, Xi Jinping, possiede 10 case a Hong Kong. Le abitazioni sono un grosso investimento a Hong Kong, perché costano moltissimo. Questo infatti sarebbe un altro problema dell’invasione: i prezzi delle case colerebbero a picco, irritando i grandi capitalisti. Questa dovrebbe essere usata come un’arma per riuscire ad ottenere più autonomia per Hong Kong. Speriamo che l’Occidente faccia un po’ di pressione.

 

Lorenzo Torrihttps://medium.com/@loretorri
Bergamasco classe 1998, studio Economics & Social Sciences all’Università Bocconi. Classicista di formazione, sono arrogante, antipatico e saccente. Ma ho anche dei difetti.

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