Emissioni: Italia a confronto con i Paesi Ue
La fotografia della condizione dell’aria italiana il 16 gennaio 2020 mostrava una situazione critica: ci trovavamo al quindicesimo posto su scala mondiale per livelli di smog, e al secondo posto tra i Paesi dell’Unione Europea, dietro la Romania. I numeri arrivano dal World Air Quality Index, progetto internazionale che si occupa di monitorare l’inquinamento a livello globale e che prende in considerazione diversi tipi di emissioni.
Proprio in questi giorni è stato pubblicato il report Mal’aria di città – 2021 da parte di Legambiente. I numeri sono deludenti: 60 città italiane, ovvero il 62% del campione considerato, hanno registrato una media annuale di particolato (Pm10) superiore alla media predisposta dall’Oms di 20 microgrammi per metro cubo. Le alte concentrazioni di particolato fine (Pm2,5), al di sopra dei limiti consentiti, ci sono anche costate un ammonimento da parte della Commissione Europea, che a novembre ha inviato una lettera di costituzione in mora.
Un altro report, Air Quality in Europe-2020, presenta i numeri relativi all’impatto delle sostanze inquinanti sulla salute umana. L’Italia si trova al secondo posto per quanto riguarda i decessi prematuri causati dal particolato fine, con 60.900 morti ad esso attribuibili nel 2009. Ci troviamo subito dopo la Germania che ne ha riportate 72.800, e il totale delle morti nei paesi dell’Unione è 497.927, rendendoci responsabili del 12,23% dei decessi complessivi. Guardando alle morti causate da biossido di azoto l’Italia è invece in testa per numero assoluto, 27.800, che porta il contributo ai decessi totali tra i Paesi Ue al 23,76%.
Multe e querele: la Commissione si fa sentire
Negli anni l’Italia è riuscita a collezionare un numero considerevole di infrazioni denunciate dalla Commissione Europea. Come ricorda il dossier del Wwf “Italia chiama Europa – L’Ambiente ritrovato” del 2019, l’Italia ha il record per querele legate all’ambiente. Nel 2019, infatti, sulle 79 infrazioni totali, 17 erano violazioni in materia ambientale, e nel 2020 sono state aperte due ulteriori procedure di infrazione.
La lettera di costituzione in mora ricevuta dalla Commissione a novembre lamenta il fatto che, nonostante i ripetuti richiami, dal 2014 in Italia la situazione di emissioni di particolato fine non sia mai cambiata. Viene sottolineata poi una situazione di infrazione cronica più che un’infrazione eccezionale delle misure legate all’ambiente. La Commissione prende di mira in particolare l’inquinamento nella Pianura Padana, dove i centri urbani mostrano livelli di Pm2 fuori norma e pericolosi per la salute. E concede al Paese due mesi di tempo per adeguarsi alle norme.
Una seconda procedura di infrazione aperta riguarda i rifiuti radioattivi, anch’essi un problema di vecchia data, dal momento che l’Unione emana richiami da anni: il piano europeo prevedeva che gli Stati recepissero la Direttiva Europea nel 2013 e che nel 2015 presentassero il piano nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi. Ma l’Italia si trova ancora in alto mare, e ora rischiamo di pagare ammende serie.
Oltre all’apertura di queste nuove procedure, però, il Paese deve anche fare i conti con il ricorso presentato dalla Commissione alla Corte di Giustizia riguardante la violazione “sistematica e continuata” dei limiti di Pm10, ricorso che che la Corte ha appena accolto. Secondo i dati presentati l’Italia persiste nella violazione dal 2008, e non ha messo in campo mezzi sufficienti a combattere le emissioni. Anche in questo caso l’Italia corre il rischio di subire multe pesanti.
Guardando agli anni passati, la cifra che l’Italia ha dovuto versare nelle casse dell’Unione per violazioni in materia ambientale è spaventosa: 407 milioni di euro solo dal 2011. La condanna per le discariche abusive arrivata nel 2014 ci è costata 204 milioni di euro. L’emergenza rifiuti in Campania è valsa un’altra multa di 151 milioni e risale al 2015. Una terza multa arrivata nel 2018 per violazione delle norme su depuratori e fogne è costata 52 milioni. Se l’Italia non invertirà la rotta, tra qualche anno dovrà fare i conti con le ammende per le procedure di infrazione appena aperte, oltre alla probabile multa che seguirà la decisione della Corte di Giustizia sul Pm10.
Le misure (insufficienti) in campo oggi
Negli anni l’Italia ha messo in campo molti progetti per abbattere le emissioni. Il Belpaese ad esempio è molto avanti sul fronte delle energie rinnovabili: guardando le statistiche, la quota dei consumi lordi di energia del Paese coperta da fonti rinnovabili è passata dal 15,4% del 2012 al 17,8% nel 2018, numeri molto superiori rispetto alle soglie previste dalla direttiva europea 2009/28/CE (rispettivamente 9,2% e 13,8% nei due anni citati).
A livello regionale e nazionale si sono rivelati molto efficaci gli incentivi economici all’acquisto di veicoli a basse emissioni e i finanziamenti agli enti locali per i trasporti pubblici. Nei due anni passati, ma anche in questo primo mese del 2021, lo Stato ha messo a disposizione una quota notevole di fondi Ecobonus per l’acquisto di veicoli meno inquinanti, fondi che a gennaio 2021 ammontano in totale a 700 milioni di euro. Sono incentivi di cui i cittadini possono usufruire a tutto tondo solo in caso di rottamazione, e lo Stato spera in questo modo di ottenere un abbattimento delle emissioni grazie all’eliminazione dei veicoli più vecchi e inquinanti.
Next Generation Eu e l’Ambiente
Con il rischio di ricevere sanzioni da un lato, e l’imposizione da parte dell’Ue di usare almeno il 37% dei fondi del Next Generation Eu per l’Ambiente dall’altro, l’Italia ha più di un incentivo a trovare nuovi progetti efficaci per ridurre le emissioni del Paese. Forse siamo già sulla strada giusta, visto che nel 2017 c’è stata un’inversione di rotta rispetto al passato: per la prima volta c’è stata una diminuzione di emissioni dall’anno precedente pari allo 0,3%.
Secondo il piano redatto dal Governo per la suddivisione dei fondi del Next Generation Eu, l’Ambiente beneficerà di 100,8 miliardi. Di questi, 68,9 miliardi sono destinati alla “rivoluzione verde e alla transizione ecologica”, ovvero finanzieranno progetti di implementazione di imprese verdi, di transizione energetica, di riqualificazione di edifici e di tutela e valorizzazione delle risorse idriche. La parte rimanente è destinata invece alle “infrastrutture per una mobilità sostenibile”.
Cosa ci attende nei prossimi tempi
Il piano di destinazione dei fondi del Next Generation Eu fa ben sperare per i prossimi anni. L’Italia si è distinta negativamente tra gli altri Stati dell’Unione fino ad ora in merito ad inquinamento e sostenibilità, ma il trend può essere invertito se la necessaria attenzione sarà dedicata alla tutela dell’ambiente. Quello che i cittadini si augurano, così come l’Unione Europea, è che il Governo si concentri sempre di più sull’abbattimento dell’inquinamento e sulla sostenibilità, per garantire alle generazioni future un ambiente più sano in cui vivere (e possibilmente meno multe).
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